Illecita compensazione mediante accollo: commercialista responsabile

Responsabile il commercialista che partecipa al meccanismo illecito di indebita compensazione fiscale mediante ricorso fraudolento all'accollo del debito fiscale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 36383 del 23 agosto 2019. IL FATTO Un professionista utilizzava in compensazione, con il ricorso fraudolento all'accollo del debito fiscale, crediti Iva inesistenti e falsamente asseverati da altro professionista. In tale modo consentiva, in concorso con gli amministratori delle società (dichiarate fallite) soggetti generatori di crediti Iva fittizi, e delle società accollate, la compensazione indebita dei debiti di queste ultime, con l'aggravante di avere commesso il fatto nell'esercizio dell'attività di consulente fiscale mediante l'elaborazione modelli di evasione fiscale. Veniva pertanto disposto il sequestro preventivo diretto e per equivalente fino alla concorrenza di € 22.973.553,97, pari al profitto del reato. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a carico del professionista. Ed invero il provvedimento impugnato - osservano gli Ermellini - ha analizzato il profilo della buona fede, escludendo che la stessa potesse essere sostenuta, e il correlato profilo della realizzazione di modelli di evasione, con motivazione che non solo non è apparente, ma è altresì corretta in diritto. In tale ambito il provvedimento impugnato, dopo aver richiamato la pronuncia della Corte di cassazione sulla compensazione mediante l'istituto dell'accollo, che ne delineava il carattere illecito (Sez. 3, n. 1999 del 14/11/2017), pronunciata prima dell'intervento dell'Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 140 pubblicata in data 15 novembre 2017, che, nel prendere posizione sulla legittimità del pagamento dei debiti fiscali mediante compensazione con crediti d'imposta a seguito del c.d. "accollo fiscale", ha fornito una risposta negativa, (e che qui rileva quantomeno per le compensazioni operate dopo tale data), ha confermato la natura illecita delle compensazioni operate, in quanto l'art. 17 del d.lgs. 241/97, non solo non prevede il caso dell'accollo, ma richiede che la compensazione avvenga unicamente tra i medesimi soggetti. E tale ambito ha confermato l'illiceità delle compensazioni operate dal professionista, il quale mediante il ricorso all'accollo fiscale, del fittizio credito Iva, generato dalle società cartiere fallite, da parte di numerose società (ben 11 società) nell'arco di 18 mesi, per un ammontare di € 19.133.526,66, aveva partecipato al meccanismo illecito mediante creazione di un modello seriale, non potendo giustificarsi la concentrazione in capo al predetto professionista, in così poco tempo di un tale numero di compensazioni per crediti inesistenti, riconducibile a diverse società tutte in rapporto con le società fallite, generatrici del credito Iva fittizio, accollato dalle società che, operando la compensazione con saldo 0, hanno così omesso il versamento dell'imposta. Inoltre il provvedimento impugnato ha ulteriormente evidenziato come dalla lettura dei contratti di accollo risultava che le società accollate si impegnavano al pagamento di ammontare superiore al debito tributario, senza peraltro essere documentata alcuna transazione di denaro; circostanza ritenuta, dal Tribunale milanese, contraria a normali prassi e pratiche commerciali.

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Responsabile il commercialista che partecipa al meccanismo illecito di indebita compensazione fiscale mediante ricorso fraudolento all'accollo del debito fiscale

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