Con decreto interministeriale n. 151/2018 è stato fissato l’importo della sanzione accessoria del pagamento del costo medio di rimpatrio del lavoratore straniero occupato irregolarmente che si va ad aggiungere alla sanzione penale di cui al Testo Unico per l’Immigrazione applicabile in caso di occupazione di lavoratore extraUE privo del permesso di soggiorno o il cui permesso di soggiorno sia scaduto e non sia stato richiesto il rinnovo nei termini di legge, o sia stato revocato o annullato. Nello specifico si rammenta che la Direttiva 2009/52/CE del 18 giugno 2009 vieta l’impiego di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare al fine di contrastare l’immigrazione illegale e, a tal fine, stabilisce norme minime comuni relative a sanzioni e provvedimenti applicabili negli Stati membri nei confronti dei datori di lavoro che violano tale divieto. In particolare, l’articolo 5, paragrafo 2, lett. b), della Direttiva prevede che le sanzioni inflitte in caso di violazioni del divieto di assunzione illegale, includano anche il pagamento dei costi di rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi assunti illegalmente, nei casi in cui siano effettuate procedure di rimpatrio. Tuttavia, nel caso di specie gli Stati membri sono stati lasciati liberi di decidere che le sanzioni finanziarie - che devono aumentano a seconda del numero di cittadini di Paesi terzi assunti illegalmente - riflettano almeno i costi medi di rimpatrio. Sanzioni per il lavoro irregolare degli extraUE Il legislatore italiano ha previsto innanzitutto sanzioni penali per l’occupazione illegale di cittadini di Paesi terzi e, solo in via residuale, sanzioni amministrative. Ai sensi dell’art. 22, comma 12 del D.Lgs. n. 286/1998 (Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, c.d. T.U sull’immigrazione), il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori extraUE privi del permesso di soggiorno, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di 5000 euro per ogni lavoratore impiegato. Posto che l’art. 22, comma 12 citato, si applica anche al lavoro stagionale disciplinato dall’art. 22 del T.U. sull’immigrazione, occorre evidenziare che trattasi di una violazione c.d. colposa in quanto il datore vi incorre anche per negligenza, imperizia ed imprudenza, ed il reato si consuma nel momento dell’occupazione dello straniero privo del permesso di soggiorno o il cui permesso di soggiorno sia scaduto e non sia stato richiesto il rinnovo nei termini di legge, sia stato revocato o annullato. Le pene sono, inoltre, aumentate da un terzo alla metà: - se i lavoratori occupati sono in numero superiore a 3; - se i lavoratori occupati sono minori in età non lavorativa; - se i lavoratori occupati sono sottoposti alle altre condizioni lavorative di particolare sfruttamento di cui al terzo comma dell'articolo 603-bis del codice penale. A quanto sopra occorre aggiungere la sanzione amministrativa accessoria, stabilita dal comma 12-ter dell’art. 22, il quale prevede che con la sentenza di condanna il giudice applichi la sanzione amministrativa accessoria del pagamento del costo medio di rimpatriodel lavoratore straniero assunto illegalmente. Aggiornamento del costo medio di rimpatrio I criteri per la determinazione e l'aggiornamento del costo medio del rimpatrio cui commisurare la sanzione amministrativa accessoria sono stabiliti, ai sensi del D.Lgs. n. 109/2012, con decreto del Ministro dell'Interno, di concerto con i Ministri della Giustizia, dell'Economia e delle Finanze e del Lavoro e delle Politiche Sociali. Il decreto interministeriale n. 151 del 22 dicembre 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 15 febbraio 2018, ha stabilito che il costo medio del rimpatrio, avuto riguardo all'anno in cui è pronunciata la sentenza di condanna, è dato dalla media nel triennio che precede l'anno anteriore a quello cui il costo medio si riferisce dei valori risultanti dal rapporto tra il totale degli oneri sostenuti annualmente per il rimpatrio dei cittadini stranieri ed il numero complessivo dei rimpatri eseguiti nel medesimo anno. Inoltre, il costo in questione è aumentato nella misura del 30% in ragione all'incidenza degli oneri economici connessi ai servizi di accompagnamento e scorta, con arrotondamento dell'unità di euro, per eccesso o per difetto, a seconda che le cifre decimali del calcolo siano superiori o inferiori a 50, ed allo stesso si applica la variazione media, relativa all'anno precedente, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) al netto dei tabacchi, elaborata dall'Istituto nazionale di statistica. Sempre il decreto fissa per l’anno 2018, il costo medio del rimpatrio per ogni lavoratore straniero assunto illegalmente, complessivamente determinato secondo tutti i citati criteri, in euro 1398,00. Tale somma sarà aggiornata entro il 30 gennaio di ogni anno con Decreto direttoriale. Permesso di soggiorno ICT Ai sensi dell’art. 27 quinquies del D.Lgs. n. 286/1998, in caso di impiego di uno o più lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno ICT rilasciato ai sensi del comma 17 o il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto il rinnovo, si applica l'articolo 22, commi 12, 12-bis, 12-ter, 12-quater e 12-quinquies. Quindi le sanzioni per il lavoro irregolare sopra illustrate si applicano anche in caso di lavoratori entrati e soggiornanti nel nostro Paese nell'ambito di trasferimenti intra-societari senza il relativo permesso di soggiorno. Al caso di specie si applica anche la sanzione accessoria del pagamento del costo medio di rimpatrio del lavoratore straniero. Sanzioni amministrative Il Ministero del Lavoro, con circolare n. 2 del 14 gennaio 2002, con riferimento all’applicazione delle sanzioni amministrative connesse all’irregolare assunzione, ha chiarito che in caso di impiego di lavoratore extracomunitario senza permesso di soggiorno va applicata la sola sanzione penale in quanto sarebbe impossibile applicare una sanzione amministrativa in relazione ad inadempienze cui il datore di lavoro non avrebbe comunque potuto far fronte, mancando il presupposto di legge necessario alla regolare assunzione e cioè il permesso di soggiorno valido per motivi di lavoro. In effetti se il datore di lavoro non può occupare il lavoratore straniero privo del permesso di soggiorno - tanto che la violazione al precetto è presidiata da sanzione penale - non può per ciò solo comunicare agli organi amministrativi competenti l'assunzione, né adempiere agli altri obblighi amministrativi che discendono tutti dall'assunzione del lavoratore. Maxisanzione per il lavoro nero Diversa è la questione relativa all’applicazione della maxisanzione per il lavoro nero con riferimento alla quale il Ministero del Lavoro si è pronunciato con circolare n. 38 del 12 novembre 2010 sostenendo che per i lavoratori extracomunitari privi del permesso di soggiorno per motivi di lavoro, irregolarmente occupati, la sanzione penale di cui all’art. 22 del D.Lgs. n. 286/1998 convive con la maxisanzione, ipotesi sanzionatoria aggiuntiva che punisce non la condotta penalmente rilevante ma la fattispecie dell’occupazione di lavoratori non regolarizzabili. D’altra parte il Jobs Act (D.Lgs. n. 151/2015) ha successivamente previsto una fattispecie aggravata per la maxisanzione in caso di impiego di lavoratori extracomunitari privi di permesso di soggiorno. Infatti gli importi della maxisanzione vanno ulteriormente incrementati del 20% nell’ipotesi in cui il lavoratore impiegato risulti essere un extracomunitario non in regola col permesso di soggiorno per cui, anche alla luce della maggiorazione stabilita dalla legge di Bilancio 2019, dall’1 gennaio 2019 tali importi sono pari a: - fino a 30 gg. di lavoro nero da euro 2.160 a euro 12.960 per ciascun lavoratore irregolare; - da 31 a 60 gg. di lavoro nero da euro 4.320 a euro 25.920 per ciascun lavoratore irregolare; - oltre 60 gg. di lavoro nero da euro 8.640 a euro 51.840 per ciascun lavoratore irregolare.