Non è applicabile ai tributi locali la disciplina dell’accertamento integrativo, quindi gli enti impositori (Comuni) possono emettere per un medesimo periodo di imposta più accertamenti ogni qual volta vengano a conoscenza di nuovi elementi rispetto al primo accertamento. Questo in sostanza è il principio espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 27261 del 25 settembre 2023, che deroga il principio dell’unicità e globalità dell’accertamento, che viene relegato solo ai fini delle imposte sui redditi ex art. 43 comma 3 del DPR 600/73 e dell’IVA ex art. 57 comma 4 del DPR 633/72. Si ricorda che l’accertamento integrativo consente all’ente impositore di sottoporre ad accertamento un contribuente che ha già ricevuto un avviso di accertamento in precedenza, quando il primo atto non rivesta la natura di accertamento parziale, ove però sia dimostrata la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Nel caso deciso la Corte ha statuito che le disposizioni di cui all’art. 1 comma 161 della L. n. 296/2006 “fanno salva ogni ulteriore azione di accertamento dell’ente locale nei termini di decadenza previsti, senza alcun riferimento a pretese dell’ente impositore che si basino su fonti diverse da quelle prese a base dall’accertamento parziale, con conseguente infondatezza delle censure della ricorrente circa le affermazioni della sentenza impugnata, secondo cui «l’art. 1, comma 161, della legge 296/2006 non preclude l’utilizzo del c.d. ’avviso integrativo’ per rettificare quelli successivi»”. Se per un verso i giudici di legittimità hanno ritenuto che con riferimento all’IMU non sia precluso l’accertamento integrativo per rettificare quelli precedenti nel silenzio dell’art. 1 comma 161 della L. 296/2006, sotto altro verso significa anche dire che il principio dell’unicità dell’accertamento vale solo per le imposte sui redditi e per l’IVA. Questa lettura aprirebbe quindi la strada alla legittimazione di accertamenti integrativi senza la necessità di giustificare i “nuovi elementi” per tutte le imposte diverse da quelle sui redditi e l’IVA, come ad esempio per l’imposta di registro e per tutti i tributi locali. Rammentiamo che in passato la giurisprudenza di merito per l’ICI (C.T. Reg. Venezia 21 settembre 2016 n. 1010/29/16) ha ritenuto inapplicabile l’accertamento integrativo giungendo però a conclusioni opposte rispetto alla sentenza di ieri. Considerato che non è presente una norma analoga all’art. 43 comma 3 del DPR 600/73, è possibile emettere un accertamento per periodo di imposta. Il principio generale di onnicomprensività dell’accertamento, in verità, appare già da tempo bersaglio di deroghe che stanno erodendo man mano la sua essenza. Si pensi alla pronunzia n. 9337 del 21 maggio 2020, che ha ritenuto non configurata la doppia imposizione ove l’Ufficio, dopo aver notificato al contribuente un avviso di accertamento basato sul c.d. redditometro, ne abbia notificato un ulteriore fondato sulle indagini finanziarie (gli elementi derivanti dalle indagini finanziarie sono nuovi rispetto al redditometro, dunque non è violato l’art. 43 comma 3 del DPR 600/73). Più di recente la Cassazione, con decisum del 24 aprile 2023 n. 10817, ha ritenuto legittimo un atto accertativo integrativo in quanto fondato su presupposti differenti dall’accertamento definito in adesione che aveva preceduto il primo (la reiterazione dell’accertamento, è bene evidenziarlo, è però ammessa dall’art. 2 del DLgs. 218/97 entro certi limiti, e in ogni caso se la definizione riguarda un accertamento parziale). Infatti, sia la sopravvenuta conoscenza di ulteriori dati, sia il possesso di dati intervenuto dopo l’emissione dell’avviso di accertamento ha legittimato l’integrazione o la modificazione dell’avviso di accertamento ex art. 43 comma 3 del DPR n. 600/73, in quanto sono nuovi elementi “anche i dati conosciuti da un ufficio fiscale, ma non ancora in possesso di quello che ha emesso l’avviso di accertamento”. La nozione di “elemento nuovo”, tale da giustificare l’accertamento integrativo, pare più quindi ascrivibile a un fatto non conosciuto dall’Ufficio accertatore, piuttosto che un fatto non già nuovo nel senso naturalistico ovvero non conosciuto o conoscibile al momento del primo accertamento.