Il Governo deve intervenire con il bisturi e, in mancanza di risorse disponibili, ha previsto una serie di micro-interventi che dovrebbero finanziare lo stop all’incremento delle aliquote IVA. In realtà, la partita è ancora tutta da giocare, in quanto Palazzo Chigi ha aperto all’ipotesi di rimodulazione delle aliquote. È dunque possibile che la legge di Bilancio 2020 preveda comunque delle novità relative all’imposta sul valore aggiunto. Si apre probabilmente la strada per un intervento selettivo con maggiore attenzione ai settori che si caratterizzano per il maggior rischio di evasione. La rimodulazione delle aliquote IVA L’espressione utilizzata è ambigua. Rimodulare vuol significare che alcune delle aliquote saranno modificate. Se l’intervento riguarderà alcuni dei settori a maggior rischio di evasione tra questi dovrebbe essere compreso quello dell’edilizia. In tale ipotesi, ove si decidesse di “ritoccare” l’aliquota del 10%, sussiste il concreto rischio di avviare una nuovamente la crisi di un settore che ha molto sofferto negli ultimi anni anche in virtù dell’incremento della pressione sugli immobili a causa dell’IMU e della TASI. Gli effetti sarebbero negativi anche se si decidesse di intervenire su altri settori ritoccando al ribasso l’aliquota di riferimento. Questa possibilità sembra essere estremamente remota in quanto si dovrà fare i conti con i vincoli comunitari e Bruxelles mal digerirebbe una riduzione delle aliquote dell’imposta sul valore aggiunto. Sussiste il rischio, quindi, che l’operazione di rimodulazione si trasformi in concreto in un aumento, sia pure di minore entità. Il taglio di deduzioni e detrazioni Se una parte delle risorse saranno ottenute dalla rimodulazione delle aliquote IVA, il Governo dovrà individuare ulteriori entrate da utilizzare per la sterilizzazione, sia pure parziale, delle clausole di salvaguardia. Ormai da tempo si fa riferimento alla necessità di procedere ad una radicale revisione delle detrazioni dall’imposta e delle deduzioni considerate in diminuzione dell’imponibile fiscale. Il Governo sembra intenzionato ad effettuare un intervento sulle franchigie. Tale intervento determinerà, di fatto, un incremento dell’imposizione. Ad esempio, le disposizioni attualmente in vigore prevedono per la detrazione delle spese mediche una franchigia di 129,11 euro. La percentuale del 19%, da utilizzare per la determinazione della quota detraibile, può attualmente essere applicata sulla quota eccedente la predetta franchigia. Se, invece, l’ammontare delle spese è inferiore a tale importo, il contribuente non potrà beneficiare di alcuna detrazione. Uno degli interventi allo studio prevede l’incremento della quota di spese detraibili con un evidente e quasi automatico incremento del livello dell’imposizione. Il legislatore ha fatto un ampio uso, nel corso degli anni, del meccanismo delle franchigie. Ciò al fine di limitare le quote di oneri detraibili. Sarà così sufficiente elevare le franchigie per la maggior parte delle spese per fare “cassa” ed ottenere le risorse necessarie per evitare l’incremento delle aliquote IVA. Sotto il profilo formale, l’intervento è diverso rispetto all’incremento delle aliquote IVA, ma in concreto si tradurrebbe comunque in un incremento delle entrate in favore dello Stato, con un conseguente aumento della tassazione gravante su tutti i cittadini. Il mix di interventi In pratica, se le indiscrezioni fossero confermate, il legislatore otterrebbe le risorse mancanti all’appello con un mix di interventi: - da una parte, le entrate risulterebbero incrementate a seguito della rimodulazione delle aliquote IVA; - dall’altra, il taglio di deduzioni e detrazioni assicurerebbe le risorse necessarie in grado di evitare un aumento generalizzato delle aliquote relative all’imposta sul valore aggiunto.