Quando uno stesso atto impositivo viene notificato due volte e seguono avverso ciascun atto distinte impugnazioni, per stabilire le sorti delle medesime sotto il profilo del rispetto dei sessanta giorni per ricorrere occorre accertare se la seconda notificazione dell’atto impositivo sia avvenuta per sanare (o meno) l’invalidità del primo atto. Pertanto, nel caso in cui il secondo atto sani il vizio di notifica del primo atto, è il secondo atto che produce l’effetto della messa a conoscenza dell’atto da parte del destinatario, con decorrenza del termine di 60 giorni per impugnare dalla notifica del secondo. Invece, nel caso in cui la seconda notificazione dell’atto impositivo non sia stata effettuata per sanare l’invalidità del primo atto impositivo e sia sopravvenuta oltre i 60 giorni dalla prima, l’impugnazione che il destinatario abbia proposto è inammissibile per tardività, avendo egli sin dal primo atto avuto piena ed effettiva conoscenza del medesimo. Questo è in sostanza il principio espresso dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 4510 del 20 febbraio 2024, resa a fronte di una fattispecie in cui il contribuente era destinatario di due avvisi di accertamento con medesimo numero di atto e contenuto, ma che, a quanto pare, differivano solo nei soggetti sottoscrittori dell’atto medesimo. Il contribuente, forse a titolo prudenziale, procedeva a impugnare entrambi gli avvisi. Prescindendo dal caso di specie, dal principio di diritto enunciato la sentenza sembra accogliere una tesi eccessivamente rigorosa che va a danno del contribuente, non soffermandosi sulle ragioni che possono spingere l’ente impositore ad effettuare due notifiche. Se sussiste un vizio di notifica, la notifica di un secondo atto dovrebbe essere preceduta dall’annullamento in autotutela del primo, trattandosi della c.d. autotutela sostitutiva. In questo caso, il primo atto non esiste più e i termini per il ricorso decorrono, per forza di cose, dalla notifica del secondo atto. Se invece, il secondo atto non è stato notificato per sanare l’invalidità della notifica del primo (o per sanare altro vizio) bisogna a questo punto chiedersi perché ci sia stata una doppia notifica. Gli atti impositivi non sono lettere di cortesia, dalla loro notifica scaturiscono precisi effetti, quindi la notifica non può essere reiterata a piacere dell’ente impositore. Ragionando in questo modo, la pronuncia pare rimettere indiscriminatamente sul contribuente le sorti dell’altrui errore. Cercando di passare in rassegna le diverse casistiche: - se si tratta di autotutela sostitutiva, cosa che potrebbe verificarsi anche nell’emenda di un vizio di sottoscrizione, il problema non si pone in quanto il primo atto dovrebbe essere annullato d’ufficio e il contribuente non può che impugnare il secondo, decorrendo i sessanta giorni dalla seconda notifica; - se la doppia notifica deriva dalle regole che disciplinano le notifiche (è il caso delle persone giuridiche, ove la notifica, a torto o a ragione, può avvenire sia presso la sede legale sia presso la residenza del legale rappresentante), può a dire il vero in modo censurabile sostenersi che il termine decorra dalla prima; - se, senza un motivo, la notifica è duplicata, asserire che i termini decorrano dalla prima è opinabile. Pare, in verità, che sul contribuente sia rimessa una valutazione prognostica dell’operato legittimo o meno della parte pubblica, che si riverbera sulla inammissibilità del ricorso. La Suprema Corte fa ricadere sul contribuente l’onere di “accertare” le ragioni che avrebbero indotto l’Amministrazione finanziaria a operare la rinotifica del medesimo atto. Sotto altro aspetto, letta al contrario la pronuncia indurrebbe a ritenere che se il secondo atto non è stato notificato per sanare l’invalidità del primo atto ma la sua notifica sopravvenga entro i 60 giorni dalla prima il ricorso sarebbe sempre legittimo, il che sembra avere poco senso. Se non si erra nel comprendere il principio di diritto enunciato, o i sessanta giorni decorrono dalla prima notifica o dalla seconda, poco importa che la seconda notifica dell’atto avvenga prima dei sessanta giorni dalla prima; se, invece, i ricorsi sono stati due ed entrambi sono tempestivi possono essere riuniti e il secondo andrebbe accolto essendo il secondo atto annullabile per duplicazione di imposta. Tornando al nocciolo della questione, valorizzando l’orientamento che ritiene le inammissibilità una sorta di extrema ratio, ben si può ritenere ammissibile il ricorso notificato computando i sessanta giorni dalla notifica del secondo atto. A rigore, il contribuente dovrebbe impugnare anche il secondo atto notificato senza apparente motivo, posto che in caso contrario astrattamente diverrebbe “definitivo”. Sarebbe sì espressione di una duplicazione di imposta, oggi soggetta all’autotutela obbligatoria ex art. 10-quater della L. 212/2000, ma ci sarebbe il rischio che l’ufficio lo ponga in riscossione.