Con riguardo alla questione circa la compatibilità del godimento dell’indennità di mobilità con lo svolgimento di attività autonoma durante il periodo di fruizione dell’indennità, è intervenuta la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 38 depositata l'8 marzo 2024, respingendo le questioni di legittimità, sollevate dal Tribunale di Ravenna con l’ordinanza di rimessione n. 112/2023, relativamente alla norma ex art. 7 comma 5 della L. 223/91 (abrogata dalla L. 92/2012, ma applicabile ratione temporis al caso in oggetto), per ritenuto contrasto con gli artt. 3 commi 1 e 2 e 41 comma 1 Cost. IL FATTO La vicenda traeva origine da un giudizio di opposizione di un lavoratore avverso un’ingiunzione di pagamento a favore dell’INPS finalizzata a recuperare le somme ritenute, dall’Istituto, indebitamente percepite dall’opponente a titolo di indennità di mobilità durante lo svolgimento di attività autonoma. Secondo l’INPS, l’ex lavoratore subordinato, divenuto lavoratore autonomo, avrebbe potuto richiedere soltanto l’anticipazione dell’indennità residua di cui all’art. 7 comma 5 della L. 223/91 (cui consegue la cancellazione dalle liste di mobilità) con detrazione delle mensilità già godute, tesi peraltro suffragata dall’orientamento consolidato in Cassazione. Tuttavia, detta tesi non convince il giudice ravennate, secondo cui la citata disposizione sarebbe illegittima (poiché contrastante con gli artt. 3 e 41 Cost.) ove esclude la compatibilità dell’indennità di mobilità ricevuta ratealmente e periodicamente con lo svolgimento di un’attività di lavoro autonomo imponendo al lavoratore autonomo la necessità di richiedere la corresponsione anticipata del trattamento, pena la perdita del diritto. Pertanto, la questione veniva posta al vaglio del giudice delle leggi. LA DECISIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE Con la pronuncia in esame, la Consulta non ha condiviso i dubbi di legittimità costituzionale del giudice rimettente dichiarando le sollevate questioni inammissibili, in relazione agli art. 3 comma 2 e 41 comma 1 Cost., e altresì infondate, con riferimento all’art. 3 comma 1 Cost. Nel dettaglio, la Corte Costituzionale, ricostruito il quadro normativo rilevante in materia, ha richiamato gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità sul punto, aderendo a quello ormai consolidato (a partire da Cass. n. 6679/2001), che valorizza la funzione svolta dall’anticipazione una tantum dell’indennità in discorso, ossia non più quella di aiutare l’ex lavoratore a fronteggiare lo stato di bisogno conseguente la disoccupazione bensì quella di riconoscergli un contributo finanziario per far fronte alle spese iniziali dell’attività che il lavoratore in mobilità svolgerà in proprio e incentivare l’autoimprenditorialità, decongestionando il settore del lavoro dipendente, con una riduzione degli oneri economici in capo all’ente previdenziale. Dal che consegue il principio generale di incompatibilità tra attività di lavoro autonomo avviato successivamente all’iscrizione nelle liste e percezione rateale dell’indennità di mobilità.