È responsabile del decesso del lavoratore il preposto dell’azienda committente dei lavori che consegna alla ditta esecutrice il materiale e consente l’avvio dei lavori senza prima tenere la riunione di coordinamento con l’elaborazione di un verbale ai fini della sicurezza sul lavoro, prevista dalle disposizioni aziendali. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3712 del 30 gennaio 2023. IL FATTO Mentre l’operaio era impegnato a tendere con le mani un cavo, ancorato al palo di sostegno mediante un morsetto, nel sollevare il cavo verso i fili dell’alta tensione ha determinato un arco voltaico che ha provocato una violenta scarica elettrica che lo ha colpito, cagionandone l’immediata folgorazione e l’arresto cardiaco. L’incedente ha evidenziato una carenza nell’organizzazione delle attività nel cantiere ferroviario, in particolare relativamente alla valutazione del rischio elettrico. L’operaio deceduto lavorava per un’imprese esecutrice in appalto dalla società che gestisce il tratto ferroviario. A rispondere alle accuse di omicidio colposo erano stati imputati il datore di lavoro (nonché RSPP) e il capocantiere dell’impresa esecutrice, il responsabile della sicurezza nonché preposto del tratto ferroviario della società di gestione delle ferrovie e il direttore dei lavori. A ricorrere è il responsabile della sicurezza nonché preposto del tratto ferroviario della società di gestione delle ferrovie al quale è stato contestato di “avere omesso la dovuta vigilanza nel tratto in esame, consegnato alla ditta esecutrice il materiale e consentito l’avvio dei lavori violando tra l’altro le disposizioni aziendali [...] (che prevedevano prima dell’inizio dei lavori un incontro di coordinamento con l’elaborazione di un verbale relativo proprio ai fini della sicurezza sul lavoro) e di non avere impedito l’inizio e la prosecuzione dei lavori in assenza delle minime condizioni di sicurezza e non avere ordinato l’interruzione della circolazione e il distacco della linea elettrica dell’alta tensione, nonché per non avere messo a disposizione della ditta esecutrice un carrello ferroviario con il quale muoversi sulla linea, come invece previsto dal POS e dalle disposizioni aziendali.” La difesa del ricorrente ha chiesto il riesame perché non ci sono prove che il suo cliente abbia autorizzato lo svolgimento dei lavori in quanto non c’è un verbale di coordinamento. Tale motivazione giustificherebbe anche la mancata fornitura di attrezzature idonee allo svolgimento del lavoro, del mancato impedimento alla prosecuzione dei lavori, del mancato distacco della line elettrica e della chiusura del tratto ferroviario. Non sapendo che i lavori erano in corso l’imputato non poteva intervenire visto anche che l’area ferroviaria sotto la sua responsabilità era estremamente più vasta di quella in cui si è verificato l’incidente. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile e confermato la sentenza della Corte territoriale di Napoli che aveva giudicato il caso. Infatti, si riporta nella sentenza, la Corte territoriale aveva già preso le deduzioni difensive, anche quelle contestate dal ricorrente ed era pervenuta alle sue conclusioni percorrendo un itinerario logico in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità e sulla base di apprezzamenti in fatto. In particolare era già stato accertato che il ricorrente era presente in cantiere il giorno dei fatti e fino ad un paio d’ore prima dell’incidente e quindi aveva potuto osservare che i lavori erano cominciati e proseguiti nonostante l’omessa disalimentazione e l’omesso blocco della circolazione.