Con la risposta n. 126 del 3 giugno 2024, l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in tema di note di variazione IVA (articolo 26 del decreto IVA) e infruttuosità della procedura di concordato preventivo. Per i concordati preventivi avviati in data antecedente al 26 maggio 2021 si applicano i chiarimenti già resi in passato dall'Amministrazione finanziaria (per tutti la circolare n. 8/E del 7 aprile 2017, paragrafo 13.2), con cui è stato chiarito che, «In caso di concordato preventivo, trattandosi di procedura concorsuale, la nota di variazione può essere emessa solo quando è definitivamente accertata l'infruttuosità della procedura. Al fine di individuare il momento in cui tale circostanza si verifica, tornano applicabili i chiarimenti forniti con circolare n. 77/E del 17/4/2000, secondo cui occorre fare riferimento non solo al decreto di omologazione del concordato che, aisensi dell'art. 181 della legge fallimentare chiude il concordato, ma anche al momento in cui il debitore adempie gli obblighi assunti nel concordato stesso. Ne consegue che laddove, in caso di mancato adempimento, ovvero in conseguenza di comportamenti dolosi, venga dichiarato il fallimento del debitore, la rettifica in diminuzione può essere eseguita, solo dopo che il piano di riparto dell'attivo sia divenuto definitivo ovvero, in assenza di un piano, dopo la scadenza del termine per il reclamo avverso il decreto di chiusura del fallimento». L'articolo 69-bis del Regio decreto n. 267/1942 precisa che «Nel caso in cui alla domanda di concordato preventivo segua la dichiarazione di fallimento, i termini di cui agli articoli 64, 65, 67, primo e secondo comma, e 69 decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese». Il medesimo principio della consecutio temporum, si rinviene nell'attuale codice della crisi d'impresa, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, ove all'articolo 170, comma 2, si dispone che «2. Quando alla domanda di accesso a una procedura concorsuale segue l'apertura della liquidazione giudiziale, i termini di cui agli articoli 163, 164, 166, commi 1 e 2, e 169 decorrono dalla data di pubblicazione della predetta». Il legislatore ha, dunque, inteso sancire il principio secondo cui sussiste un collegamento temporale fra le diverse procedure concorsuali, destinate a regolare una situazione di dissesto dell'impresa. Il medesimo principio di continuità è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 24056 del 6 settembre 2021, laddove ha chiarito che, «Come è noto, la dichiarazione di fallimento seguita al concordato preventivo attua non un fenomeno di mera successione cronologica, ma di "consecuzione di procedimenti", che, pur formalmente distinti, sul piano funzionale finiscono per essere strettamente collegati, nel fine del rispetto della regola della par condicio, avendo le due procedure a presupposto un analogo fenomeno economico; si opera, in tal modo, una considerazione unitaria della procedura di concordato preventivo, cui sia succeduta quella di fallimento, pur nella formale distinzione dei procedimenti. Tale principio presenta un valore sistematico, in quanto caratterizzato dall'esigenza di salvaguardia dell'interesse superiore di concreta attuazione della par condicio creditorum, anche contro eventuali espedienti tesi a vanificarla (cfr., da ultimo, Cass. 29 marzo 2019, n. 8970). Come da tempo rilevato (ex multis, Cass. 29 marzo 2016, n. 6045, la quale ricorda i precedenti di Cass. n. 5527/2006, n. 21326/2005, n. 17844/2002e l'orientamento costante fin dalla remota Cass. n. 3981/1956), la c.d. consecuzione fra le procedure concorsuali implica che esse siano originate da un medesimo unico presupposto, costituito dallo 'stato d'insolvenza'. La consecuzione si sostanzia nella considerazione unitaria della procedura di concordato preventivo, cui è succeduta quella di fallimento, con retrodatazione del termine iniziale del periodo sospetto per la revocatoria fallimentare. [...] Pertanto, la conclusione della comunanza di presupposto oggettivo non è mutata, per il caso di consecuzione, neppure nel passaggio alle nuove norme, giacchè anche in queste l'accesso al concordato non esclude l'insolvenza. Ove il dissesto sia accertato con la successiva dichiarazione di fallimento, resta intatta la logica unitaria, per quanto il procedimento resti articolato in diversi momenti; il che consente, infine, di rapportare quel medesimo dissesto alla data della prima procedura; l'unitarietà non recede ove sussista uno iato temporale nella successione dei procedimenti, essendo infine manifestazione di un'unica crisi d'impresa. Se, quindi, il concordato preventivo può essere proposto dall'imprenditore in stato di crisi, ove al concordato segua il fallimento, la sequenza dà luogo ad una procedura unitaria, che ha inizio con la prima, onde essa viene assunta come base cronologica di riferimento per individuare la disciplina delle azioni revocatorie». [...] Occorre, dunque, affermare il principio di diritto, secondo cui non è precluso al giudice dell'opposizione allo stato passivo fallimentare, ai sensi dell'art. 98 L.F., accertare, in concreto, la consecuzione di procedure tra il concordato preventivo ed il successivo fallimento, ai fini dell'ammissione del credito in via meramente chirografaria e non ipotecaria, non rilevando, in contrario, la circostanza che la sentenza dichiarativa di fallimento abbia accertato lo stato di insolvenza quale presupposto del medesimo, senza indagare, altresì, se esso preesistesse alla domanda di concordato preventivo, quale suo specifico presupposto». Pertanto, non è possibile ravvisare, al momento della dichiarazione di fallimento, l'avvio di una nuova procedura concorsuale. Infine, l'Amministrazione finanziaria che l'atto di transazione, a composizione di una documentata controversia, non costituisce un sopravvenuto accordo tra le parti - cui fa riferimento l'articolo 26, comma 3, del decreto IVA quando impone una limitazione temporale di un anno all'emissione della nota di variazione - ma rientra piuttosto nell'ambito degli accordi formalizzati nel corso della procedura concorsuale. Resta inteso che, per avere certezza di quanto concretamente sia infruttuosa la procedura di concordato preventivo, occorrerà avere riguardo, oltre che alla sentenza di omologazione (art. 181) divenuta definitiva, anche al momento in cui il debitore concordatario effettivamente adempie agli obblighi assunti in sede di concordato.