Investimenti beni strumentali: professionista non responsabile in assenza di requisiti

Con l’ordinanza n. 16330 pubblicata l'8 giugno 2023, la Corte di Cassazione, pronunciandosi su un caso avente a oggetto il credito d’imposta in beni strumentali nelle strutture produttive del Mezzogiorno di cui all’art. 1 commi 271-279 L. 296/2006 (nella versione allora vigente), ha affermato che la mancanza dei presupposti per ottenere l’agevolazione fa venire meno in radice la responsabilità del consulente fiscale che aveva seguito la pratica e non aveva provveduto alle integrazioni richieste dall’Agenzia delle Entrate. Il credito d’imposta in questione, contenuto nella legge finanziaria 2007, era riconosciuto a fronte dell’acquisizione di beni strumentali nuovi “a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2006”, mentre l’impresa aveva stipulato un “ordinativo di fornitura” a giugno 2006, soggetto a conferma entro il 31 gennaio 2007 e con versamento di parte del prezzo a maggio 2007. Per la Corte d’Appello, quest’ultima data costituiva il momento rilevante per il godimento del beneficio, in quanto momento di conferma dell’ordinazione. Secondo la Cassazione, posto che il beneficio opera per i progetti di investimento iniziale avviati dopo il 1° gennaio 2007 e che “un progetto d’investimento iniziale comincia nel momento in cui il bene è ordinato oppure nel momento in cui comincia la produzione” (Commissione Ue 2008/380), il discrimen temporale per l’accesso al beneficio va individuato nel compimento dell’ordine del macchinario, inteso come il compimento di un’operazione negoziale finalizzata alla (non necessariamente attuale, ma anche futura) acquisizione di un bene strumentale. L’ordine, dunque, non coincide con la produzione dell’effetto traslativo della proprietà o con la materiale consegna del bene, ma con l’assunzione di un impegno, giuridicamente vincolante, finalizzato al possesso e all’utilizzo del bene, per cui è sufficiente la stipulazione di un negozio, definito nei suoi elementi essenziali e pur se sottoposto a condizione (sospensiva o risolutiva), da cui generi un obbligo per l’imprenditore di acquisire il bene, non rilevando la previsione della facoltà in favore di uno o di entrambi i contraenti di sciogliere il contratto o recedervi. Pertanto, il consulente fiscale che ha tenuto un comportamento negligente nell’istruzione della pratica di accesso al beneficio (consistente, nel caso di specie, nel non aver provveduto a inoltrare la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà concernente gli aiuti di Stato) non è responsabile, in quanto manca la prova del nesso causale tra la condotta del professionista e l’ingiusto pregiudizio patito dal cliente, posto che l’impresa non avrebbe in ogni caso avuto diritto di beneficiare del credito d’imposta per carenza dei presupposti.

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