La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25318 depositata il 28 agosto 2023, ha dato conferma dell’applicabilità del ravvedimento operoso al fine di sanare l’irregolare utilizzo del plafond per assolvere l’IVA all’importazione. La Suprema Corte afferma che una siffatta violazione non può considerarsi come meramente formale e che, per tale ragione, oltre all’imposta, sono dovute anche le sanzioni. Inoltre, devono essere corrisposti gli interessi poiché la violazione attiene al pagamento dell’IVA all’importazione, la quale è pretesa al momento delle operazioni doganali e non in un momento successivo. IL FATTO Il caso esaminato dalla Cassazione riguarda una società nazionale che ha effettuato importazioni senza assolvimento dell’IVA in Dogana, avendo presentato dichiarazioni d’intento ideologicamente false, secondo le contestazioni mosse dall’Agenzia delle Entrate. La società riteneva di aver regolarizzato correttamente la propria posizione mediante l’istituto del ravvedimento operoso, senza così aver recato alcun danno all’Erario. Nel caso di specie, sulla base delle risultanze dei gradi di giudizio precedenti, è incontestato che la società non poteva godere dello status di esportatore abituale per l’anno in cui aveva effettuato acquisti senza IVA, avendo pertanto presentato una dichiarazione d’intento ideologicamente falsa. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Cassazione, tuttavia, precisa che il fatto non di non aver maturato plafond non è dirimente per quanto di interesse e che poteva astrattamente operare il ravvedimento operoso ai sensi dell’art. 13 del DLgs. 472/97. A livello più generale, nell’ipotesi di acquisti senza IVA per indebito utilizzo del plafond, la possibilità di avvalersi dell’istituto del ravvedimento e di ridurre conseguentemente le sanzioni amministrative applicabili, era già stata riconosciuta dalla prassi ministeriale, nella C.M. 25 gennaio 1999 n. 23 (§ 3.3). Il caso ivi rappresentato riguardava acquisti effettuati presso un cedente nazionale, ma il principio può essere esteso anche alle importazioni effettuate con spendita del plafond, così come confermato anche dall’ordinanza n. 25318 di ieri. Affinché la violazione sia sanata, il soggetto acquirente è tenuto a versare l’IVA gravante sull’acquisto realizzato, così come le corrispondenti sanzioni amministrative (in misura ridotta secondo il ravvedimento operoso) e gli interessi. Inoltre, a livello documentale, è necessaria l’emissione di una nota di variazione per la maggiore imposta dovuta, da annotare nei registri IVA, nonché la possibile presentazione di una dichiarazione IVA integrativa e il ravvedimento dei tardivi versamenti delle liquidazioni periodiche effettuate. Con riferimento all’ordinanza n. 25318/2023, è censurata la possibilità di invocare il principio di neutralità dell’IVA. Nel caso affrontato dai giudici, difatti, non è possibile sostenere che – al di là degli aspetti formali – gli obblighi sostanziali relativi al tributo siano stati soddisfatti. Richiamando l’ordinanza n. 31706/2018, la Suprema Corte ricorda che il superamento del limite di compensazione dell’eccedenza di credito IVA equivale al mancato pagamento dell’imposta nei termini previsti e che, per beneficiare del ravvedimento operoso, occorre versare sia la sanzione sia la quota del tributo eccedente il limite compensabile. Il principio sembrerebbe essere trasposto al caso dell’indebito utilizzo del plafond per effettuare acquisti o importazioni senza applicazione dell’IVA. In merito alle sanzioni applicabili, nel caso di specie, è escluso che possa essere integrata una violazione meramente formale non punibile ex art. 10 della L. 212/2000. È necessario, infatti, che la violazione commessa non arrechi pregiudizio alle attività di controllo e che non incida sulla determinazione della base imponibile e sul versamento del tributo. Sul piano degli interessi, da ultimo, la Cassazione afferma che l’IVA all’importazione – pur estranea all’obbligazione in Dogana – rientra tra i tributi che sono corrisposti nel momento delle operazioni doganali e, quindi, è soggetta alle norme procedurali previste per i diritti di confine. Dunque, sono dovuti gli interessi in caso del mancato assolvimento dell’IVA all’importazione poiché tale imposta è dovuta in sede doganale e non può essere corrisposta in un momento successivo.