L'Agenzia delle Entrate è legittimata a recuperare l’IVA all’importazione che è qualificabile come tributo interno. La competenza dell’Agenzia delle Dogane, infatti, si configura esclusivamente quando vi è coincidenza tra l’immissione in libera pratica della merce importata e la sua immissione in consumo. Il tutto in conformità con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale ha stabilito che l’IVA all’importazione non ha natura di dazio doganale ma, appunto, di tributo. Questi i principi enunciati dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 19987 depositata il 24 luglio 2019. IL FATTO L’Agenzia delle Entrate notificava ad una Srl due avvisi di accertamento con i quali contestava l’indebita utilizzazione di un deposito fiscale ritenuto gestito virtualmente da un’altra società, recuperando a tassazione l’IVA detratta indebitamente dalla verificata. Gli atti venivano impugnati ed i giudizi di primo e secondo grado si concludevano entrambi in modo favorevole alla contribuente. In particolare, i giudici di merito affermavano il difetto di competenza funzionale dell’Agenzia delle Entrate, ritenendo le Dogane l’unico organo legittimato ad accertare e riscuotere l’Iva all’importazione. Il tutto richiamando anche alcune datate pronunce di legittimità. L’Ufficio impugnava la sentenza della CTR con ricorso affidato ad un unico motivo (violazione dell’art. 70 Dpr 602/1973), avente ad oggetto la propria competenza all’accertamento compiuto. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto le doglianze dell’Ufficio, cassando con rinvio la sentenza di appello. I giudici di merito avevano errato nel delimitare il potere di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, non considerando che l’IVA all’importazione ha natura di tributo interno. La competenza dell’Agenzia delle Dogane è infatti prospettabile solo per economia procedimentale nelle ipotesi di coincidenza tra l’immissione in libera pratica e quella in consumo della merce importata e non, invece, quando la prima precede temporalmente la seconda. La Suprema Corte ha dunque dato continuità ad una serie di pronunce del 2016 che avevano rivalutato la vicenda rispetto all’orientamento precedente, il quale non era conforme nemmeno alla vincolante giurisprudenza della Corte di Giustizia UE in materia. Quest’ultima aveva infatti da tempo precisato che l’IVA all’importazione aveva natura di tributo e non di dazio doganale. Dunque correttamente l’Agenzia delle Entrate si era attivata per recuperare l’IVA a seguito del disconoscimento della detrazione operata dalla contribuente mediante autofatturazione (reverse charge), al momento dell’estrazione della merce da un deposito fiscale ritenuto solo “virtuale”, poiché illecitamente gestito da altra società. In conclusione, non si trattava di un caso di fiscalità interna negli scambi internazionali, ma di una questione interna di competenza dell’Ufficio.