Disapplicazione delle sanzioni come conseguenza dell’obiettiva incertezza sull’applicazione della norma. Anche nel 2019, con una serie di pronunce, la Corte di cassazione ha delineato i connotati caratteristici di questo istituto, che la giurisprudenza di merito applica col contagocce, forse perché il sistema tributario italiano è per sua natura “obiettivamente incerto” e, pertanto, in linea di principio le sanzioni non si applicherebbero quasi mai. Le quattro norme... Paradossalmente, nel nostro ordinamento esistono addirittura quattro disposizioni che disciplinano il principio, praticamente nella stessa forma, come se il legislatore volesse “garantirne” l’applicazione: - l’articolo 6, comma 2, del Dlgs 472/1997, secondo cui «non è punibile l’autore della violazione quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono, nonché da indeterminatezza delle richieste di informazioni o dei modelli per la dichiarazione e per il pagamento»; - l’articolo 10, comma 3, della legge n. 212/2000 (Statuto del contribuente), in base al quale «le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta; in ogni caso non determina obiettiva condizione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria»; - l’articolo 8, comma 1, del Dlgs 546/92, che, in tema di contenzioso tributario, afferma che «la Commissione tributaria dichiara non applicabili le sanzioni non penali previste dalle leggi tributarie quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce»; - in ambito penal-tributario, l’articolo 15 del Dlgs 74/2000, in base al quale «al di fuori dei casi in cui la punibilità è esclusa a norma dell’articolo 47, terzo comma, del codice penale, non danno luogo a fatti punibili ai sensi del presente decreto le violazioni di norme tributarie dipendenti da obiettive condizioni di incertezza sulla loro portata e sul loro ambito di applicazione». ...e i fatti-indice La Suprema corte ha generalmente cercato di delimitare le ipotesi applicative, affermando (ad esempio con la recente ordinanza 11084/2019) che per incertezza normativa oggettiva deve intendersi la situazione giuridica caratterizzata dall’impossibilità, esistente in sé ed accertata dal giudice, di individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica applicabile al caso di specie e che è rilevabile attraverso una serie di “fatti indice”, quali: - la difficoltà d’individuazione o d’interpretazione di disposizioni normative; - l’assenza o contraddittorietà d’informazioni o prassi amministrative; - la formazione di orientamenti giurisprudenziali difformi; - il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale o tra opinioni dottrinali; - l’adozione di norme d’interpretazione autentica od esplicative di norma implicita preesistente. L’esistenza di un solo elemento è spesso insufficiente, ma più “fatti-indice” sono individuabili nel caso concreto più è probabile che il giudice valuti positivamente la disapplicazione delle sanzioni (emblematico il caso della soggettività Irap di professionisti e piccoli imprenditori, Cassazione 25853/2016). Tale individuazione è a carico del contribuente, il quale, sempre secondo la Corte (ordinanza 18718/2018) «ha l’onere di allegare la ricorrenza degli elementi che giustificano l’esenzione per incertezza normativa oggettiva». Secondo la prassi ministeriale (circolare 180/E/1998), sussiste «incertezza obiettiva di fronte a previsioni normative equivoche, tali da ammettere interpretazioni diverse e da non consentire, in un determinato momento, l’individuazione certa di un significato determinato. Una tale situazione, non infrequente rispetto alle norme tributarie assai spesso complesse e non univoche, si può verificare, ad esempio, in presenza di leggi di recente emanazione rispetto alle quali non si sia formato un orientamento interpretativo definito, ovvero coesistano orientamenti contraddittori». E, contrariamente a quanto comunemente affermano gli uffici locali dell’Agenzia, la circolare chiarisce che «il potere di non applicare le sanzioni, oltre che al giudice tributario, è attribuito anche agli uffici e al giudice ordinario».