Con l’unica eccezione della giusta causa, il licenziamento nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato deve essere preceduto dal preavviso, che il datore di lavoro è tenuto a dare nel rispetto del termine fissato dalla legge, dai contratti collettivi o, in subordine, dagli usi o secondo equità. Come pongono in evidenza i giudici della Corte di Cassazione (ordinanza n. 3247 del 5 febbraio 2024), scopo del preavviso è quello di preavvertire tempestivamente il lavoratore dell'estinzione prossima del rapporto, onde consentirgli di adoperarsi nella ricerca di una nuova occupazione (vedi ex plurimis Cass. 29/3/2010 n. 7531). Come bene evidenziato in dottrina, l'esigenza che soddisfa l'istituto del preavviso è che la parte che subisce il recesso non si trovi all'improvviso di fronte alla risoluzione del contratto, e, quindi, in caso di dimissioni, il datore di lavoro abbia il tempo di reperire un nuovo lavoratore e, in caso di licenziamento, il lavoratore non sia privato improvvisamente dei beni della vita che dal posto di lavoro derivano ed abbia tempo di reinserirsi in un rinnovato contesto lavorativo. In tal senso la giurisprudenza della Suprema Corte ha avuto modo di rimarcare come nella disciplina posta dall'art. 2118 c.c. il preavviso abbia la funzione economica di attenuare le conseguenze della interruzione del rapporto per chi subisce il recesso. Alla medesima funzione va ricondotta l'indennità sostitutiva prevista dalla stessa norma per il caso di violazione del preavviso, in cui tale erogazione appare riferibile non al risarcimento di un danno in senso giuridico (che presuppone un illecito), ma ad un danno in senso economico (vedi in motivazione, Cass. 28/3/2011 n. 7033). Con la sentenza n. 18508/2016 è stato ricordato inoltre che in ulteriori arresti della Suprema Corte è stato ribadito - in relazione a fattispecie di licenziamento illegittimo per carenza di giusta causa e con applicazione della mera tutela indennitaria secondo il regime anteriore alla disciplina introdotta dalla legge n. 92/2012 - che il diritto all'indennità sostitutiva del preavviso va a compensare il fatto che il recesso, oltre che illegittimo, è stato intimato in tronco, di guisa che, stante la diversità di funzioni, esso non è incompatibile con la prestazione che risarcisce i danni derivanti dalla mancanza di giusta causa o giustificato motivo (vedi ex plurimis, Cass. 19/11/2015 n. 23710, Cass. 16/10/2006 n. 22127). Può quindi affermarsi, in coerenza con gli enunciati principi, che la tutela "indennitaria risarcitoria" sancita dall'art. 18 comma 5 L. 300/70 modificato ex lege n. 92/2012, non escluda il diritto del lavoratore a percepire anche l'indennità di preavviso in caso di licenziamento dichiarato illegittimo, non essendo venute meno anche all'esito della novella del 2012, quelle esigenze proprie dell'istituto, di tutela della parte che subisce il recesso volte a consentirle di fronteggiare la situazione di improvvisa perdita della situazione occupazionale. Come si evince dalla sentenza n. 22127 del 16/10/2006 “In caso di licenziamento illegittimo, mentre in relazione alla tutela reale - in forza dell'efficacia ripristinatoria del contratto attribuita dalla legge - l'indennità sostitutiva del preavviso è incompatibile con la reintegra, perché non si ha interruzione del rapporto, viceversa, stante il carattere meramente risarcitorio accordato dalla tutela obbligatoria, il diritto all'indennità sostitutiva del preavviso sorge per il fatto che il rapporto è risolto. In quest'ultimo caso, l'indennità prevista dall'art. 2 della legge n. 604 del 1966 va a compensare i danni derivanti dalla mancanza di giusta causa e giustificato motivo, mentre l'indennità sostitutiva del preavviso va a compensare il fatto che il recesso, oltre che illegittimo, è stato intimato in tronco. Conseguentemente, non vi è incompatibilità tra le due prestazioni, mentre sarebbe incongruo sanzionare nello stesso modo due licenziamenti, entrambi privi di giustificazione, l'uno intimato con preavviso e l'altro in tronco”. In tale sentenza la Corte ha pure rilevato che l'orientamento espresso con la sentenza n. 1404 dell'8 febbraio 2000 è stato convincentemente superato dalla Corte con le decisioni n. 13380 del 16 marzo/8 giugno 2006 e n. 13732 del 10 aprile/14 giugno 2006. È stato rilevato che "in caso di licenziamento illegittimo, mentre in relazione alla tutela reale - in forza dell'efficacia ripristinatoria del contratto attribuita dalla legge - l'indennità sostitutiva del preavviso è incompatibile con la reintegra, perché non si ha interruzione del rapporto, viceversa, stante il carattere meramente risarcitorio accordato dalla tutela obbligatoria, il diritto alla indennità sostitutiva del preavviso sorge per il fatto che il rapporto è risolto. In quest'ultimo caso, l'indennità prevista dalla L. n. 604 del 1966, art. 2 va a compensare i danni derivanti dalla mancanza di giusta causa e giustificato motivo, mentre l'indennità sostitutiva del preavviso va a compensare il fatto che il recesso, oltre che illegittimo, è stato intimato in tronco. Conseguentemente, non vi è incompatibilità tra le due prestazioni, mentre sarebbe incongruo sanzionare nello stesso modo due licenziamenti, entrambi privi di giustificazione, l'uno intimato con preavviso e l'altro in tronco". Tale orientamento è stato poi ribadito da Cass. n. 23710 del 19/11/2015 che ha osservato: “In materia di licenziamento illegittimo, l'indennità sostitutiva del preavviso è incompatibile con la reintegra ove operi la tutela cd. reale non essendovi interruzione del rapporto, mentre, ove sia applicata la sola tutela obbligatoria, il diritto all'indennità sostitutiva del preavviso sorge per il fatto che il rapporto è risolto ed è diretto - a differenza dell'indennità prevista dall'art. 2 della l. n. 604 del 1966 che risarcisce i danni derivanti dalla mancanza di giusta causa o giustificato motivo - a compensare l'avvenuta intimazione in tronco del recesso”. Esso è stato, infine, richiamato da Cass. n. 18508/2016, che, come si è visto, ha raccordato la medesima tesi - in merito alla tutela del preavviso - alla disciplina dell’art. 18, V comma novellato dalla legge 92/2012. Anche nell’area della tutela obbligatoria – in cui rientravano i casi di cui sopra - si trattava infatti di recessi illegittimi ma nondimeno idonei ad estinguere il rapporto di lavoro. Ed in mancanza di giustificabili ragioni per una differente soluzione, la stessa tesi si è quindi imposta – secondo l’orientamento citato - nell’area dal V comma dell’art. 18 novellato, in quanto anche in tale norma l’atto di licenziamento, ancorchè illegittimo, è nondimeno efficace ovvero idoneo ad estinguere il rapporto di lavoro mentre la tutela del lavoratore è stata limitata alla corresponsione di una mera indennità. Tale indennità omnicomprensiva opera però a fronte dell’illegittimità del licenziamento e non può assorbire il diritto del lavoratore a ricevere il preavviso di recesso o in mancanza l’indennità sostitutiva del preavviso; che rimane fermo a prescindere da come sia stato intimato il licenziamento dichiarato illegittimo. Ed infatti il codice civile stabilisce la regola generale che in tutti i casi di recesso dal contratto a tempo indeterminato (licenziamento o dimissioni del lavoratore) debba trovare applicazione l’istituto del preavviso; mentre costituisce una eccezione alla regola generale, sfuggendo alla disciplina del preavviso, il recesso per giusta causa ex art. 2119 c.c. Talchè - osservano gli Ermellini - risulterebbe persino paradossale e foriero di un possibile contrasto col principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., se la tutela del preavviso di licenziamento fosse lasciata alla mera discrezionalità del datore di lavoro, arbitro di sottrarla a sua scelta solo che ritenga di intimare il licenziamento con preavviso, in un caso sì e nell’altro no. Né a fronte di possibili casi simili quanto all’ammontare dell’indennità potrebbe rivelarsi rimedio congruo la possibilità per il giudice di modulare il risarcimento da 12 a 36 mensilità nei diversi casi, tenendo conto anche dell’ammontare dell’indennità di preavviso; con l’illogica soluzione per cui il giudice sarebbe appunto tenuto a diminuire il risarcimento spettante ad un lavoratore solo perché ha avuto riconosciuto il preavviso che gli è dovuto per legge; violando pure i criteri legali di determinazione delle indennità risarcitorie valevoli nella materia dei licenziamenti (numero dei dipendenti occupati, dimensioni dell’attività economica, comportamento e condizioni delle parti, anzianità di servizio) i quali non identificano nel preavviso un criterio per la modulazione delle medesime indennità, per come si evince pure dalla nota sentenza n. 194/2018 della Corte Cost. che li ha precisamente individuati. Come osserva la stessa Consulta nella sentenza citata invece: “Nel rispetto dei limiti, minimo e massimo, dell’intervallo in cui va quantificata l’indennità spettante al lavoratore illegittimamente licenziato, il giudice terrà conto innanzi tutto dell’anzianità di servizio – criterio che è prescritto dall’art. 1, comma 7, lett. c) della legge n. 184 del 2013 e che ispira il disegno riformatore del d.lgs. n. 23 del 2015 – nonché degli altri criteri già prima richiamati, desumibili in chiave sistematica dalla evoluzione della disciplina limitativa dei licenziamenti (numero dei dipendenti occupati, dimensioni dell’attività economica, comportamento e condizioni delle parti). Inoltre, neppure può rilevare in contrario il termine omnicomprensiva che compare nella norma dell’art. 18, V comma; avendo la Suprema Corte già deciso non solo che, rispetto all’indennità di preavviso, si discuta di indennizzi aventi funzioni diverse, ma anche che nell’ambito della stessa indennità omnicomprensiva di cui all’art. 18, V comma non si possa escludere, sullo stesso piano risarcitorio, che sia comunque dovuto l’ulteriore danno per licenziamento ingiurioso o per fatto costituente reato (sentenza n. 1507 del 25/01/2021). Non potendo quindi affermarsi che neppure tutte le conseguenze dannose dello stesso atto di recesso possano essere comunque regolate con il pagamento dell’indennità in discorso, quando venga in rilievo un illecito che rilevi autonomamente rispetto all’atto negoziale. D’altra parte, quanto alla differente natura delle due indennità in questione, costituisce ulteriore parametro di riscontro anche la loro diversa rilevanza ed il loro differente trattamento ai fini previdenziali. Posto che come affermato (dalla citata sentenza n. 1507 del 25/01/2021) l'indennità risarcitoria non associata alla reintegra di cui all'art. 18, comma 5, st. lav. riformulato, assorbe anche il danno di natura previdenziale e non è assoggettata a contribuzione. Laddove, per contro, l’indennità sostituiva del preavviso è assoggettata alla contribuzione previdenziale nonostante la natura obbligatoria del preavviso (Cass. Sentenza n. 17606 del 21/06/2021; n. 6252 del 29/03/2004; Cass. n. 6288 del 01/12/1984). Inoltre, non solo l’indennità sostituiva del preavviso rientra nel novero di “tutto ciò che ha diritto di ricevere” il lavoratore e viene attratta nel rapporto assicurativo; ma va anche considerato che il lavoratore ha pure diritto di vedersi computare il periodo di preavviso non lavorato ai fini del raggiungimento del requisito d'iscrizione nell'AGO per la maturazione delle prestazioni previdenziali (ad es. contro la disoccupazione involontaria per la corresponsione dell'indennità ordinaria di disoccupazione; sentenza n. 17606 del 21/06/2021).