E' legittima la sanzione tributaria comminata al contribuente che non ha dichiarato le vincite monetarie di gioco ottenute in manifestazioni di vario genere tenutesi all'estero. Con la sentenza n. 8737/03/2023 depositata in data 31/10/2023, la Cgt di secondo grado per la Sicilia, ha ritenuto di rigettare l'appello del contribuente il quale aveva chiesto la riforma della sentenza di primo grado, in quanto, a suo parere, priva di motivazione e carente di elementi probatori. Ma i giudici siciliani non hanno ritenuto fondato il motivo del gravame in quanto la sentenza della Cgt di primo grado risultava conforme agli standard, seppur minimi, di motivazione. IL FATTO La vicenda nasceva dal fatto che un contribuente ometteva di denunciare dei redditi ottenuti all'estero la cui indicazione in dichiarazione è obbligatoria. Da questa mancata indicazione ne conseguiva una sanzione irrogata dall'Agenzia delle entrate che applicava l'art. 5, c. 2 del dl n. 167/1990 convertito in legge 227/1990 che prevede una sanzione pari al 3% degli importi non dichiarati. In opposizione al provvedimento di irrogazione delle sanzioni, il contribuente eccepiva la duplicazione delle imposte, avendo egli dichiarato e pagato queste all'estero, nonché il via generale l'illegittimità dell'aggravio sanzionatorio contrariamente ai dettami dello Statuto dei diritti del contribuente. Su questa scia di contestazioni, trovava il diniego di tutela da parte del giudice di primo grado, e proponeva appello, ribadendo la sua posizione. LA DECISIONE DELLA CGT II° GRADO SICILIA Come già detto, la Cgt Sicilia, rigettava anche questo, in favore dell'atto emesso dall'Agenzia. Il decidente riteneva che l'appellante aveva dedotto i fatti in contestazione limitandosi a mettere in dubbio le risultanze della pretesa, ma non certo dell'esistenza della base imponibile non dichiarata. Aggiungevano i Giudici dell'appello: “quanto alla prova dei redditi percepiti all'estero (...), deve rilevarsi che essa deriva dall'accesso legittimo all'anagrafe tributaria e dal conseguente riscontro obiettivo tra le informazioni in essa reperibili con i dati formali contenuti nella dichiarazione dei redditi”. Inoltre il Giudice di primo grado aveva fatto buon governo della motivazione della propria decisione, basandosi anche su prove, evidentemente apportate dall'erario in sede di controdeduzioni all'appello, che riferivano di interviste estrapolate su noti quotidiani, nelle quali il soggetto esplicitamente richiamava delle sue attività. Sentenza di primo grado confermata con anche la sanzione e l'aggiunta delle spese di lite.