Nell’ambito delle verifiche tributarie, la violazione del termine di permanenza degli operatori dell’amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente, previsto dal comma 5 dell’articolo 12 dalla legge 212/2000, non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo, né l’invalidità degli atti compiuti o l’inutilizzabilità delle prove raccolte, atteso che nessuna di tali sanzioni è stata prevista dal legislatore, la cui scelta risulta razionalmente giustificata dal mancato coinvolgimento di diritti del contribuente costituzionalmente tutelati. A tale conclusione è giunta la Corte di cassazione attraverso l’ordinanza n. 10979 del 18 aprile 2019. Il comma 5 dell’articolo 12 rappresenta una delle disposizioni di maggior rilievo e, al tempo stesso, una delle più controverse introdotte dallo Statuto dei diritti del contribuente in tema di verifica tributaria. La ratio della norma è quella di limitare la compressione della libertà domiciliare e di iniziativa economica, costituzionalmente garantite, e di assicurare al tempo stesso l’efficacia e l’efficienza dell’indagine. Una delle più rilevanti critiche che sono state sollevate nei confronti di tale norma è legata alla mancata previsione delle conseguenze giuridiche scaturenti dall’inosservanza, da parte degli organi di controllo, dei limiti temporali ivi previsti. Gli interpreti della disciplina si sono interrogati su quali possano essere i mezzi di tutela, immediata e differita, esperibili dal contribuente a fronte di tale violazione e, soprattutto, sulla eventuale invalidità dell’atto impositivo basato su elementi probatori acquisiti successivamente al decorso del termine ordinario di permanenza. L’orientamento espresso sul tema dalla giurisprudenza oscilla tra l’utilizzabilità o meno di tali elementi in quanto, la giurisprudenza di merito ha pressoché costantemente affermato l’annullabilità dell’avviso di accertamento valorizzando, alternativamente, il principio dell’invalidità derivata e quello della inutilizzabilità degli elementi irritualmente acquisiti (Ctr Lazio, n. 610/2013). Di contro, la giurisprudenza di legittimità si è conformata a un indirizzo teso a salvaguardare l’utilizzabilità delle prove irritualmente acquisite, negando di fatto ogni riflesso sostanziale alla violazione del termine di permanenza dei verificatori (Cassazione 7613/2018). La dottrina maggioritaria, tuttavia, ha aderito alla tesi dell’inutilizzabilità delle risultanze istruttorie acquisite dall’ufficio fuori termine, in grado di condizionare la fondatezza dell’avviso di accertamento nel caso in cui lo stesso non risulti supportato da ulteriori elementi probatori, legittimamente acquisiti e sufficienti a sostenere la pretesa in esso contenuta. Il consolidato orientamento della Suprema Corte in merito agli effetti sulla validità dell’atto impositivo che recepisce le risultanze di una verifica tributaria protrattasi oltre il limite temporale previsto dalla norma, teso a salvaguardare l’utilizzabilità delle prove acquisite in violazione del precetto statutario in esame, non risulta essere condivisibile. Si ritiene che, tale violazione, non possa essere ridotta a una mera irregolarità procedurale, in quanto ciò equivarrebbe a rendere vana la portata concreta del precetto statutario. Tuttavia, è parimenti condivisibile l’assunto in base al quale l’indebita estensione temporale della verifica non rappresenta un’irregolarità tale da comportare la radicale nullità dell’atto impositivo. Pertanto, considerato che durante lo svolgimento dell’attività di verifica “fuori termine” è possibile che siano raccolti elementi che, in assenza della violazione statutaria, non sarebbero stati acquisiti, tale illegittimità istruttoria dovrebbe riflettersi sul successivo provvedimento impositivo in termini di inutilizzabilità degli elementi probatori acquisiti in violazione delle regole procedurali dettate dalla norma statutaria in esame e, pertanto, verrebbero inficiati esclusivamente i singoli recuperi impositivi basati esclusivamente sugli elementi probatori acquisiti successivamente allo spirare del termine.