La voluntary disclosure esclude anche il sequestro

L'adesione alla procedura di "voluntary disclosure", come introdotta dalla L. 186/2014, determina l'esclusione della punibilità per alcuni reati tributari previsti dal DLgs 74/2000, e in particolare dalle fattispecie di: dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2); dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3); dichiarazione infedele (art. 4); dichiarazione omessa (art. 5); omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis); omesso versamento IVA (art. 10-ter). Se commesse in relazione ai delitti tributari "coperti", inoltre, è altresì esclusa la punibilità delle condotte previste dai reati di riciclaggio (art. 648-bis c.p.) e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter c.p). Limitatamente alle attività oggetto di collaborazione volontaria, anche le condotte previste dal reato d: autoriciclaggio (art. 648-ter1 c.p.) - introdotto nell'ambito della medesima legge sulla voluntary disclosure - non sono punibili se commesse in relazione ai delitti tributari "coperti" sino al 30 novembre 2015 (termine sostituito a quello in cui originariamente poteva essere attivata la procedura di collaborazione volontaria), ovvero al 30 dicembre 2015 nel caso di di integrazione dell'istanza o di presentazione dei documenti e delle informazioni. Tali cause di non punibilità sono sancite dal nuovo art. 5-quinquies del DL 167/1990, che tuttavia va letto in combinato disposto con l'altrettanto nuovo art. 5-quater, comma 2, del medesimo decreto nella parte in cui prevede che la collaborazione volontaria non sia ammessa se la richiesta è presentata dopo che l’autore della violazione degli obblighi di dichiarazione abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, per violazione di norme tributarie, relativi all'ambito oggettivo di applicazione della procedura di collaborazione volontaria. Questa preclusione opera anche nelle ipotesi in cui la formale conoscenza delle circostanze di cui al primo periodo è stata acquisita da soggetti solidalmente obbligati in via tributaria o da soggetti concorrenti nel reato. La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 10801 depositata il 12 marzo 2019, si è soffermata proprio su un caso in cui era stato contestato il reato di dichiarazione fraudolenta (art. 2 del DLgs. 74/2000) nei confronti dei rappresentanti legali e amministratori unici di due società per aver utilizzato fatture per operazioni inesistenti, indicandole nelle dichiarazioni dei redditi per più annualità e così esponendo elementi passivi fittizi, rispettivamente, per un importo di quasi 3.500.000 euro per la società per azioni e di 357.000 euro per la società a responsabilità limitata da essi gestite. A fronte di tale accusa era stato richiesto dal pubblico ministero il sequestro preventivo del profitto del reato. Tuttavia, gli indagati avevano presentato domanda di collaborazione volontaria ai sensi della L. 186/2014 e provveduto al pagamento delle somme dovute a titolo di imposte evase come calcolate dall'Agenzia delle Entrate. Per tale ragione, la Cassazione conferma la legittimità dell'annullamento del provvedimento di sequestro deciso dal giudice per le indagini preliminari. Secondo la sentenza di legittimità, alla luce del citato art. 5-quinquies, perfezionata la procedura e pagate le relative imposte, la causa di non punibilità farebbe venir meno, rispetto alle somme derivate dall'utilizzazione delle fatture emesse per operazioni inesistenti, la natura di profitto del reato, venendo dunque contestualmente meno anche la loro confiscabilità e, conseguentemente, divenendo illegittima la protrazione di un sequestro finalizzato a tale confisca. Non dev'esserci formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche Viene, così, confutata l'impostazione del pubblico ministero ricorrente nel caso di specie, volta a ritenere che l'istituto della collaborazione volontaria non inciderebbe sull’operatività delle misure cautelari, dal momento che tale lettura appare non tenere conto degli effetti, sul piano penale, della descritta disciplina della voluntary disclosure. Né può integrare la "formale conoscenza" preclusiva del beneficio la circostanza che sia stato ordinato un sequestro nei confronti di un soggetto terzo rispetto agli indagati per il differente reato di riciclaggio.

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Per la Cassazione, la causa di non punibilità farebbe venir meno la natura di profitto del reato, venendo contestualmente meno anche la confiscabilità

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