La Corte di Giustizia Ue è intervenuta nella causa C-134/18 contro l’Istituto nazionale di assicurazione malattia-invalidità in conseguenza del rifiuto di quest’ultimo di concedere ad una dipendente il beneficio di un’indennità di invalidità. Il giudice del rinvio ha chiesto, in sostanza, se nel caso in cui al lavoratore il quale, dopo un periodo di un anno di inabilità al lavoro, è stato riconosciuto invalido dall’istituzione competente dello Stato membro di residenza senza però beneficiare di un’indennità di invalidità in base alla normativa di tale Stato membro, sia imposto, dall’istituzione competente dello Stato membro nel quale ha maturato la totalità dei suoi periodi di assicurazione, un periodo di inabilità al lavoro per un anno supplementare ai fini del riconoscimento dello status di invalido e della concessione del beneficio di prestazioni di invalidità pro rata, senza tuttavia percepire un’indennità per inabilità al lavoro durante detto periodo. La Corte di Giustizia Ue ricorda innanzi tutto che il regolamento n. 883/2004, il cui scopo è assicurare un coordinamento tra sistemi nazionali distinti, lascia impregiudicati questi ultimi e non istituisce un regime comune di previdenza sociale. Pertanto, secondo costante giurisprudenza, gli Stati membri conservano la loro competenza a disciplinare i loro sistemi di previdenza sociale. Di conseguenza, in mancanza di un’armonizzazione a livello dell’Unione europea, spetta alla normativa di ciascuno Stato membro determinare, in particolare, le condizioni cui è subordinato il diritto a prestazioni. Inoltre la Corte sottolinea che il Trattato FUE non garantisce ad un lavoratore, che estenda le sue attività a più di uno Stato membro o che le trasferisca in un altro Stato membro, un regime previdenziale neutrale. Ne deriva che, anche ove la sua applicazione sia meno favorevole, una tale legislazione è sempre conforme agli articoli 45 e 48 TFUE se non crea condizioni di svantaggio per il lavoratore di cui trattasi rispetto a quelli che svolgono l’insieme delle loro attività nello Stato membro in cui essa si applica o rispetto a quelli che già in precedenza le erano assoggettati e se non si risolve nel fatto puro e semplice di versare contributi previdenziali a fondo perduto. Lo scopo dell’articolo 45 TFUE non sarebbe raggiunto se i lavoratori migranti, a seguito dell’esercizio del loro diritto alla libera circolazione, dovessero essere privati dei vantaggi previdenziali garantiti loro dalle leggi di uno Stato membro. Una conseguenza del genere potrebbe, infatti, dissuadere il lavoratore dell’Unione dall’esercitare il suo diritto alla libera circolazione e costituirebbe, pertanto, un ostacolo a tale libertà. Nel caso in esame risulta che i sistemi di assicurazione di invalidità belga e olandese subordinano il riconoscimento dello status di invalido al maturare, da parte del lavoratore interessato, di un «periodo preliminare di inabilità al lavoro», durante il quale quest’ultimo percepisce un’indennità per inabilità al lavoro. È soltanto alla scadenza di questo periodo che al lavoratore interessato è riconosciuto lo status di invalido ed esso percepisce un’indennità di invalidità. Tuttavia, le normative belga e olandese divergono per quanto riguarda la durata di tale periodo, dal momento che il medesimo periodo dura, rispettivamente, uno e due anni. La Corte ha già dichiarato che, di fronte ad una siffatta divergenza di normative, il principio di leale collaborazione, fa obbligo alle competenti autorità nazionali di mettere in atto tutti i mezzi di cui dispongono per realizzare l’obiettivo di cui all’articolo 45 TFUE. Alla luce di quanto esposto, la Corte di Giustizia dichiara che “gli articoli 45 e 48 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una situazione come quella di cui al procedimento principale, in cui al lavoratore il quale, dopo un periodo di un anno di inabilità al lavoro, è stato riconosciuto invalido dall’istituzione competente dello Stato membro di residenza senza però beneficiare di un’indennità di invalidità in base alla normativa di tale Stato membro, sia imposto, dall’istituzione competente dello Stato membro nel quale ha maturato la totalità dei suoi periodi di assicurazione, un periodo di inabilità al lavoro per un anno supplementare ai fini del riconoscimento dello status di invalido e della concessione del beneficio di prestazioni di invalidità pro rata, senza tuttavia percepire un’indennità per inabilità al lavoro durante detto periodo”.