Fatturare lavori fittizi, o quantomeno importi gonfiati, al fine di poter beneficiare del superbonus 110% può costare fino a otto anni di carcere tanto all’impresa che esegue i lavori, quanto al beneficiario degli stessi. Nel caso di indebita fruizione del credito di imposta del 110% per gli interventi di isolamento termico, di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti centralizzati per il riscaldamento, di raffrescamento o fornitura di acqua calda sanitaria, nonché per gli altri lavori contemplati dal decreto legge Rilancio, perché ad esempio le opere risultino non realmente realizzate, o siano state poste in essere ma il costo sia stato sovrastimato, o ancora i soggetti risultanti dalla fattura siano diversi da quelli effettivi, sono configurabili molteplici reati, e specificamente quello di emissione (e speculare utilizzo) di fatture per operazioni inesistenti di cui rispettivamente agli articoli 8 e 2, D.Lgs. n. n. 74/2000, così come l’illecito penale di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater dello stesso decreto. Reati configurabili I reati che vengono in rilievo sono i seguenti: - emissione di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti, di cui all’art. 8, D.Lgs. n. 74/2000, che punisce “con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”. Al comma 2-bis si precisa che “se l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture per periodo d'imposta, è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni”; - “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” di cui all’art. 2, D.Lgs. n. 7/2000, che punisce “con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi”. Anche in questo caso, “se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni”; - “indebita compensazione” di cui all’art. 10-quater D.Lgs. n. 74/2000, che punisce “con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro”. Definizione di operazioni inesistenti Al fine di chiarire l’ampio novero delle ipotesi in cui si potrebbe essere chiamati a rispondere di emissione e utilizzo di fatture false, e specificamente non solo quando il lavoro sia totalmente fittizio, ma anche qualora gli importi risultino gonfiati, è necessario richiamare le definizioni previste in apertura dal D.Lgs. n. 74/2000. La seconda parte della lettera a) dell’art. 1 contempla infatti tre modelli di falsificazione, ovvero: - le “operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte”, - “l’indicazione dei corrispettivi o dell’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale”, - il riferire “l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi”, e riconduce così al genus delle operazioni inesistenti tre fattispecie, e precisamente le operazioni oggettivamente inesistenti (in quanto mai effettuate, totalmente o parzialmente), le sovrafatturazioni (consistenti nell'aumento fittizio di passività in parte esistenti) e le operazioni soggettivamente inesistenti (in quanto concluse fra soggetti in tutto o in parte diversi da quelli che le hanno poste in essere). L’interpretazione della Cassazione Chiara sul punto la posizione della Suprema Corte, che ancora di recente ha ripreso l’orientamento consolidato per cui la rilevanza penale sussiste sia nell’ipotesi di inesistenza oggettiva dell’operazione, cioè quando non sia stata posta mai in essere nella realtà, sia in quella di inesistenza soggettiva, ossia quando l’operazione vi sia stata ma per quantitativi inferiori a quelli indicati in fattura, sia infine nel caso di sovrafatturazione qualitativa, nel quale la fattura attesti la cessione di beni e/o servizi aventi un prezzo maggiore di quelli forniti, in quanto oggetto di repressione penale è ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale. Quanto all’inesistenza soggettiva, nonostante l’utilizzo del plurale “soggetti”, gli interpreti sono concordi che sia sufficiente che la falsità riguardi uno soltanto dei soggetti coinvolti nell’operazione, sia esso il destinatario del documento o colui che viene indicato come emittente, purché ricorrano tutti i requisiti richiesti per l’integrazione delle singole fattispecie. Definizione del fine di evasione Al fine di evidenziare come il reato di cui all’art. 8, D.Lgs. n. 74/2000, per la configurabilità del quale il legislatore richiede il fine di consentire a terzi l’evasione, sussista anche se il cliente che riceve la fattura cede il credito alla ditta che esegue i lavori, si richiama inoltre l’altra definizione di cui al D.Lgs. n. 74/2000 (peraltro testualmente ribadita anche dalla Relazione al decreto) che, alla lettera d) dell’art. 1, contempla la possibilità di consentire a terzi il riconoscimento di un inesistente credito d’imposta, precisando infatti che “il fine di evadere le imposte e il fine di consentire a terzi l'evasione si intendono comprensivi, rispettivamente, anche del fine di conseguire un indebito rimborso o il riconoscimento di un inesistente credito d'imposta, e del fine di consentirli a terzi”. Quando e chi risponde di reato nell’ambito del superbonus In capo all’impresa che esegue i lavori, e quindi che emette le fatture, sarà dunque configurabile il delitto previsto dall’art. 8, D.Lgs. n. 74/2000 sia nel caso in cui i lavori in non vengano svolti, ovvero riguardino interventi del tutto differenti rispetto a quelli previsti per l’accesso al bonus 110%, sia nel caso di sovrafatturazione dei lavori pur effettivamente eseguiti, per beneficiare di un maggiore credito di imposta rispetto a quello realmente spettante, nonché per far rientrare nella spesa anche interventi non ricompresi tra quelli contemplati dal decreto Rilancio. Ancora, sussisterà il reato nel caso in cui l’emittente la fattura sia un soggetto diverso dalla ditta che ha effettivamente realizzato le opere, e la falsità documentale sia presumibilmente riconducibile all’esigenza di identificare un soggetto che possa in concreto utilizzare il credito ceduto dal cliente. Riguardo a chi ha beneficiato dei lavori, invece, considerato che il D.Lgs. n. 74/2000 esclude espressamente all’art. 9 che un medesimo soggetto possa rispondere penalmente dell’utilizzo delle fatture e del concorso nell’emissione delle stesse, va distinto il caso del cliente che detragga l’imposta e quindi l’ipotesi di fatture indicate in dichiarazione, da quello in cui la persona non si sia avvalsa della fattura: nel primo caso sussisterà il reato di cui all’art. 2, D.Lgs. n. 74/2000, nel secondo il cliente verrà imputato per il reato di cui all’art. 8, D.Lgs. n. 74/2000, in concorso con la ditta emittente la fattura. Infine, chi, consapevole dell’inesistenza del credito, lo utilizzi in compensazione rischia la contestazione del reato di cui all’art. 10-quater, D.Lgs. n. 74/2000 ogniqualvolta si superi la soglia di rilevanza penale; ipotesi che, tenuto conto che gli interventi sono recuperati in dichiarazione dei redditi in 5 anni, implica che la ditta a cui ad esempio i clienti hanno ceduto i crediti abbia svolto lavori ammessi al beneficio del 110% per più di 227.270 euro (227.270 / 5 anni = 45.454 euro e 110% di 45.454 = 50.000 euro, ovvero la soglia di rilevanza penale). Da escludersi invece, la configurabilità del delitto di truffa aggravata dal danno allo Stato, ritenendolo la giurisprudenza assorbito dai reati fiscali, che si collocano in un rapporto di specialità. BONUS 110% E RISCHIO PENALE Reato configurabile Chi risponde del reato In quale ipotesi ne risponde Pena art. 8, D.Lgs. n. 74/2000 - emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti - ditta che esegue i lavori - cliente, in concorso con la ditta, nel caso in cui non indichi la fattura in dichiarazione, ma ceda il credito - lavori non realizzati - lavori effettivamente svolti ma sovrafatturazione degli importi - lavori effettivamente svolti ma da soggetti differenti dall’emittente la fattura - reclusione da 4 a 8 anni per passivi fittizi pari o superiori a 100.000 euro - reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni per passivi inferiori a 100.000 euro art. 2, D.Lgs. n. 74/2000 - dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti - cliente, che indichi la fattura in dichiarazione per usufruire della detrazione - lavori non realizzati - lavori effettivamente svolti ma sovrafatturazione degli importi - lavori effettivamente svolti ma da soggetti differenti dall’emittente la fattura - reclusione da 4 a 8 anni per passivi fittizi pari o superiori a 100.000 euro - reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni per passivi inferiori a 100.000 euro art. 10-quater, D.Lgs. n. 74/2000 - indebita compensazione - contribuente che, consapevole dell’inesistenza del credito, lo utilizzi in compensazione - importo annuo superiore a 50.000 euro - reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni