Le condizioni previste per la valida stipula di un contratto di lavoro intermittente, dunque quelle oggettive e quelle soggettive di cui all’art. 13 del DLgs. 81/2015, sono disgiunte e non necessariamente concorrenti. È quanto chiarito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 22086 depositata il 24 luglio 2023, che ha così confermato l’interpretazione della citata normativa fornita dal Ministero del Lavoro. Partendo dalla norma, l’art. 13 del DLgs. 81/2015 al primo comma dispone espressamente che il contratto di lavoro intermittente costituisce una tipologia contrattuale con cui un lavoratore (subordinato) si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi (anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno), oppure, qualora manchi un contratto collettivo, nel rispetto della casistica individuata con decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali (si tratta del decreto 23 ottobre 2004, che rinvia alla tabella allegata al RD 2657/23). Al secondo comma della disposizione si prevede invece che tale forma contrattuale può in ogni caso essere conclusa con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e con più di 55 anni. I giudici di legittimità, pronunciandosi sul ricorso di un datore di lavoro avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello aveva dichiarato illegittimo un contratto di lavoro intermittente in cui era stato ritenuto sussistente il requisito oggettivo della discontinuità dell’attività ma non il requisito soggettivo dell’età, hanno evidenziato che l’espressione “in ogni caso” contenuta nel secondo comma della norma evoca le esigenze di cui al comma 1, e va interpretata come “in qualunque caso” o “qualunque sia l’esigenza”, permettendo di ricorrere al lavoro intermittente a prescindere dagli specifici casi ed esigenze di cui al comma 1 quando il lavoratore rientri nei limiti di età indicati, quindi meno di 24 anni di età (con svolgimento delle prestazioni lavorative entro il venticinquesimo anno), e con più di 55 anni. Si tratterebbe quindi, conclude la Cassazione, di un’ulteriore ipotesi di lavoro intermittente, caratterizzata in via esclusiva dal requisito anagrafico del lavoratore. Prima di oggi erano giunti a tale conclusione anche il Ministero del Lavoro, con la nota 4 ottobre 2016 n. 18194, nonché, come evidenziato nella sentenza in commento, la CGUE con la sentenza 19 luglio 2017, in C-143/2016. Nel primo caso il Ministero del Lavoro, in riferimento a una richiesta riguardante il mancato rispetto dei limiti imposti dalla contrattazione collettiva per l’utilizzo del lavoro intermittente, aveva chiarito che la contrattazione collettiva, nel caso in cui non ricorrano le esigenze organizzative e produttive con riferimento alle quali possono svolgersi prestazioni di lavoro intermittente, può porre il divieto di utilizzo di tale forma contrattuale ma che in tali casi, “resta comunque legittimo il ricorso al lavoro intermittente nel caso in cui sussistano i requisiti soggettivi”. La Corte di Giustizia, invece, con la citata sentenza non solo ha affermato che è legittimo licenziare un lavoratore, assunto con contratto intermittente, al compimento del 25° anno di età, ma anche che la normativa comunitaria non osta a una disposizione, quale l’art. 13, che autorizzi un datore di lavoro a concludere un contratto di lavoro intermittente con un lavoratore che abbia meno di 25 anni, qualunque sia la natura delle prestazioni da eseguire. Di recente anche la Corte d’Appello di Torino, con la sentenza n. 183 del 28 aprile scorso, ha affermato che la previsione di cui al comma 2 dell’art. 13 amplia, rispetto alla previsione generale contenuta nel primo comma, le ipotesi in cui è consentita la stipulazione del contratto di lavoro intermittente, in quanto si tratta di presupposti tra loro alternativi. Ciò risulta confermato all’art. 15 del medesimo DLgs. che al comma 1 (il quale, si ricorda, è stato sostituito per effetto della riforma introdotta dal DLgs. 104/2022), nell’indicare gli elementi che devono essere contenuti nel contratto di lavoro intermittente, utilizza la congiunzione disgiuntiva in relazione alle ipotesi legittimanti la relativa stipulazione, prevedendo che debbano essere indicate le ipotesi “oggettive o soggettive”.