Il lavoratore - parente di un soggetto con handicap - ha il diritto a non essere allontanato presso una sede lavorativa più lontana se per l'azienda ciò non rappresenta una lesione dei propri interessi. Lo chiarisce la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 26343 del 12 settembre 2023. Il diritto del lavoratore che assiste un disabile in situazione di gravità di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio di cui all'art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992 va interpretato nel senso che tale diritto può essere esercitato, al ricorrere delle condizioni di legge, oltre che al momento dell'assunzione, anche nel corso del rapporto di lavoro. Tanto si desume sia dal tenore letterale della norma che dalla funzione solidaristica della disciplina posta a tutela ed a garanzia dei diritti del soggetto portatore di handicap, diritti previsti dalla Costituzione e dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata e resa esecutiva con legge n. 18 del 2009 (cfr. Cass. 01/03/2019 n. 6150). La disposizione dell'art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992 deve essere interpretata in termini costituzionalmente orientati - alla luce dell'art. 3, comma 2° Cost., dell'art. 26 della Carta di Nizza e della Convenzione delle Nazioni del 13.12.2006 sui diritti dei disabili, ratificata con legge n. 18 del 2009 - in funzione della tutela della persona disabile (cfr. Cass. 7.6.2012 n. 9201); le misure previste dall'art. 33, comma 5°, devono intendersi come razionalmente inserite in un ampio complesso normativo - riconducibile al principio sancito dall'art. 3, comma 2° Cost. - che deve trovare attuazione mediante meccanismi di solidarietà che, da un lato, non si identificano esclusivamente con l'assistenza familiare e, dall'altro, devono coesistere con altri valori costituzionali (cfr. da ultimo Cass. n. 24015/2017); ne consegue che le posizioni giuridiche soggettive in capo agli interessati, proprio per il loro fondamento costituzionale e di diritto sovranazionale, vanno individuate quali diritti soggettivi (e non interessi legittimi) ma richiedenti, di volta in volta, un bilanciamento necessario di interessi, con il relativo onere probatorio in capo al datore di lavoro (cfr. sull'onere probatorio Cass. 18/02/2009 n. 3896) (cfr. Cass. 22/03/2018 n. 7120). Certamente il diritto al trasferimento ai sensi dell'art. 33, quinto comma, della legge n. 104/1992 deve essere, comunque, pur sempre compatibile con le "esigenze economiche, produttive o organizzative" del datore di lavoro, esigenze cui tale diritto resta subordinato e con le quali esso deve essere necessariamente coordinato e non è sufficiente la vacanza del posto a cui il lavoratore richiedente, familiare dell'handicappato, aspira. Tale condizione esprime una mera potenzialità, che assurge ad attualità soltanto con la decisione organizzativa di coprire la vacanza. In sostanza il diritto non si configura come assoluto ed illimitato, in quanto l'inciso "ove possibile" contenuto nell'art. 33 comma 5 della legge n. 104/1992 postula un adeguato bilanciamento degli interessi in conflitto. Nel caso di specie, la Corte territoriale si è correttamente ispirata a tali principi ed ha accertato che la società datrice, che ne era onerata, non aveva dato la prova che nel bilanciamento delle esigenze organizzative tra la sede chiesta e quella ricoperta vi erano ragioni che precludevano il trasferimento della lavoratrice in posizione di particolare tutela essendo la stessa incontestatamente titolare del diritto ad ottenere un avvicinamento al disabile da lei assistito.