Con la massima n. 2021 del 5 luglio 2022 la Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano ha esaminato la fattispecie delle clausole statutarie in tema di intrasferibilità parziale di azioni o quote, vale a dire di quelle clausole che fanno discendere l’efficacia del trasferimento alla condizione che il socio trasferisca tutte le azioni o l’intera partecipazione di cui è titolare. Tali clausole statutarie consentono di conseguire un duplice obiettivo, dato, da un lato, dalla necessità di evitare un disinvestimento parziale (perché al socio viene di fatto “imposto” di cedere integralmente la partecipazione o di non cederla affatto) e dall’altro di evitare un, possibile, eccessivo frazionamento della compagine sociale in caso di cessione dell’intera partecipazione ad una pluralità di nuovi investitori. Qualora l’atto costitutivo preveda l’intrasferibilità assoluta delle quote di partecipazione (inter vivos o mortis causa), il comma 2 dell’art. 2469 riconosce la possibilità di esercitare il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2473. Il Consiglio Notarile di Milano nella motivazione alla massima n. 152 del 2016 aveva già avuto modo di precisare che il comma 2 dell’art. 2469 stabilisce il diritto di recesso solo in caso di intrasferibilità assoluta della partecipazione sociale. Massima 5 luglio 2022, n. 2021, Consiglio notarile di Milano La legittimità delle clausole di intrasferibilità parziale delle partecipazioni sociali è insita, stando a quanto chiarito dalla massima in commento, nel comma 2 dell’art. 2469 perché ammettendo tale comma l’intrasferibilità assoluta, a fortiori deve essere ritenuta ammissibile una clausola dalla quale discenda l’intrasferibilità parziale. Con riferimento però all’ipotesi espressamente prevista dal secondo comma dell’art. 2469 (vale a dire la facoltà di esercitare il recesso da parte del socio), il Consiglio Notarile di Milano ritiene che tale diritto possa essere esercitato solo in caso di intrasferibilità assoluta perché le clausole di intrasferibilità parziale, non impedendo in toto il trasferimento, non possono essere assimilate a quelle che vietano il trasferimento assoluto della partecipazione. In tale solco si pone anche la massima del consiglio notarile del Trivento (I.I.13), secondo la quale il diritto di recesso previsto dal comma 2 dell’art. 2469 c.c. è esercitabile: 1) in qualsiasi momento, nel caso in cui l’atto costitutivo preveda l’intrasferibilità delle partecipazioni; 2) solo in seguito al diniego di gradimento, nel caso in cui l’atto costitutivo subordini il trasferimento delle partecipazioni al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi senza prevederne condizioni e limiti. Detto diritto di recesso non può essere esercitato e, se già esercitato, è privo di efficacia se la società adotta una delibera che abolisca la previsione di intrasferibilità delle partecipazioni o venga concesso il gradimento inizialmente negato. Quali clausole danno diritto al recesso Si tratta ora di vedere quali sono le clausole che danno adito al recesso, tenendo presente che la ratio di quest’ultimo va ricondotta all’esigenza di evitare, al socio cui sia stata negata la possibilità di trasferire la propria partecipazione, di rimanere “prigioniero” della medesima. Il recesso opera, innanzi tutto qualora l’atto costitutivo preveda l’intrasferibilità delle partecipazioni: locuzione da interpretarsi argomentando a contrario, come riferita all’intrasferibilità assoluta, cioè incondizionata e illimitata. Quando è negato al socio il diritto di recesso Non legittimano di conseguenza il recesso, in quanto suscettibili di lasciare uno spiraglio al trasferimento: - né un’intrasferibilità temporanea (quindi neppure quella ultra quinquennale vietata nella S.p.A. dall’art. 2355-bis con riferimento alle clausole statutarie e dall’art. 2341-bis con riferimento ai patti parasociali), - né un’intrasferibilità parziale (come quella che escludesse la divisione della partecipazione), - né un’intrasferibilità soggettivamente limitata dal punto di vista dei soggetti destinatari (come quella che consentisse il trasferimento ai soli soci o ai soli soggetti in possesso di determinate caratteristiche professionali o strutturali), - né un a intrasferibilità condizionata (come quella che consente il trasferimento solo al verificarsi di certi eventi quali la manifestazione di un gradimento non mero o il mancato esercizio di un diritto di prelazione). Infine, l'introduzione nello Statuto di una S.r.l. delle clausole di intrasferibilità parziale non determinerebbe il sorgere del diritto di recesso per i soci assenti o dissenzienti in quanto non ricorre una delle cause legittimanti il recesso ex art. 2473 c.c..