La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9165 del 3 aprile 2023, ha per la prima volta espresso il principio secondo cui è invalida la comunicazione della data di udienza all’indirizzo PEC del contribuente se questo ha eletto il domicilio presso il proprio difensore, comportando la nullità del giudizio. IL FATTO Nel giudizio di appello (anno 2018) l’avviso di fissazione dell’udienza di trattazione veniva comunicato all’indirizzo PEC della parte e non al domicilio eletto da questa nei confronti del difensore nominato. Tale erronea comunicazione determinava la mancata partecipazione all’udienza di discussione del difensore con conseguente mancato svolgimento dell’attività difensiva di questo, comportando una lesione al diritto di difesa del contribuente. L’art. 31 del DLgs. 546/92 impone alla segreteria delle Corti di giustizia tributaria di primo e di secondo grado di dare comunicazione solo alle parti costituite della data di trattazione almeno trenta giorni liberi prima, al fine di assicurare la regolare costituzione e il contraddittorio tra le parti. La “comunicazione” processuale viene disciplinata dagli artt. 16, 16-bis e 17 del DLgs. 546/92. Nella specie l’art. 16-bis comma 4 del DLgs. 546/92 e l’art. 6 del DM n. 163/2013 stabiliscono espressamente che l’indicazione dell’indirizzo PEC (del difensore o della parte) contenuta nel ricorso introduttivo equivale a elezione di domicilio digitale ai fini delle comunicazioni e notificazioni telematiche, significando che anche in mancanza di espressa indicazione di elezione di domicilio la sola menzione dell’indirizzo PEC del difensore assume automaticamente detta funzione. A tanto si aggiunga che il comma 4 dell’art. 18 del DLgs. 546/92 stabilisce che la mancata indicazione nel ricorso dell’indirizzo PEC non determina comunque causa di inammissibilità. Peculiarità tutta del processo tributario risiede nell’art. 17 comma 1 del DLgs. 546/92: esso, infatti, fa salva la notifica a mani proprie della comunicazione o della notificazione, significando che detta tipologia di notifica sana anche l’omessa comunicazione o notificazione al domicilio eletto risultante all’atto di costituzione in giudizio, avendo raggiunto la parte personalmente (Cass. n. 1528/2017). Sul presupposto che nel caso deciso emergeva dagli atti di causa che l’indirizzo PEC della parte non era mai stato indicato, ci si è chiesti se la notifica all’indirizzo PEC fosse equiparabile alla consegna in mani proprie di cui all’art. 16-bis ultimo comma del DLgs. 546/1992. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Cassazione ha escluso tale possibilità di equiparazione, sull’assunto per cui la consegna in mani proprie esige un coinvolgimento del destinatario nella ricezione dell’atto e la conseguente consapevolezza, da parte sua, di tale ricezione. Ciò non accade, invece, per la comunicazione a mezzo PEC che non implica un coinvolgimento attivo del destinatario, bastando ai fini del perfezionamento della notifica che il gestore renda disponibile il documento informatico nella casella PEC del destinatario. Sulla base di tale ragione la Suprema Corte ha affermato il principio di diritto per cui “Nel processo tributario, qualora la parte non abbia indicato negli atti il proprio indirizzo PEC valevole per le comunicazioni e notificazioni come domicilio eletto ex art. 16.bis, ultimo comma, del d.lgs. n. 546 del 1992 ed abbia eletto domicilio presso il proprio difensore, la comunicazione della data di udienza ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. cit. avvenuta direttamente al suo indirizzo PEC non integra la consegna a mani proprie che l’art. 17 del d.lgs. n. 546 del 1992 fa sempre salva”. Ciò determina la retrocessione del processo nel grado di appello. Si fa presente che dal luglio 2019 opera per ogni atto processuale (sia per le notificazioni che per le comunicazioni) la modalità telematica ex art. 16 comma 5 del DL 119/2018: salvo casi residuali (si pensi al contribuente che si difende personalmente) la data di udienza viene quindi comunicata solo a mezzo PEC, sia questa del difensore o della parte.