Licenziamento del whistleblower illegittimo anche se c’è la giusta causa

Con sentenza n. 12688 del 9 maggio 2024, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha stabilito che per valutare le legittimità del licenziamento del whistelblower, bisogna considerare l’intero contesto in cui s’inserisce il provvedimento espulsivo, anche se l’addebito disciplinare non è direttamente collegato con le denunce che il dipendente ha proposto contro i superiori. Con la sentenza in commento, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso del dirigente, ha cassato con rinvio la sentenza di appello che aveva dichiarato la legittimità del licenziamento per giusta causa irrogato, sostenendo in particolare che la Corte territoriale avesse errato laddove non aveva adeguatamente considerato la rilevanza, nel contesto complessivo in cui il licenziamento s’inseriva, del whistleblowing fatto dal dirigente e dei previsti obblighi di protezione, “trincerandosi” sulla ritenuta sussistenza della una giusta causa di licenziamento. IL FATTO Nella vicenda processuale qui esaminata, un dirigente pubblico impugnava giudizialmente il licenziamento per giusta causa in quanto ritorsivo e irrogato in violazione dell’art. 54-bis D.Lgs. n. 165/2001 (T.U.P.I.) a causa di sue precedenti denunce su presunte irregolarità riferibili ai vertici aziendale. Sia in primo che in secondo grado, il ricorso del dirigente veniva rigettato in quanto, alla luce dell’accertamento circa la sussistenza della giusta causa di licenziamento, veniva ritenuto superfluo l’esame del carattere ritorsivo dello stesso. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione, intervenuta su ricorso del dirigente, lo accoglieva sostenendo, invece, che la Corte territoriale avrebbe dovuto valutare l’addebito disciplinare nell’ambito della vicenda complessiva in cui si inseriva il provvedimento espulsivo, tra cui il whistleblowing posto in essere dal dirigente. Analizzando la fattispecie in esame, la Corte di Cassazione non si discosta dal principio, più volte affermato, per il quale in tema di licenziamento ritorsivo, il motivo illecito deve essere determinante ed esclusivo, richiedendo il previo accertamento dell'insussistenza della causale posta a fondamento del licenziamento stesso (cfr. ex multis, Cass. 7/3/2023, n. 6838; Cass. 27/1/2022, n. 2414, Cass. 16/2/2021, n. 4055). Tuttavia, afferma anche che la Corte territoriale avrebbe errato, nella valutazione della sussistenza della giusta causa di licenziamento, laddove aveva mancato di considerare il contesto complessivo all’interno del quale si è inserito il provvedimento espulsivo: la tempistica del licenziamento rispetto all’avvenuta conoscenza da parte dei vertici aziendali delle denunce rese dal dirigente e il progressivo ridimensionamento delle sue attribuzioni. In sostanza, seppur la condotta contestata al dirigente non era in sé direttamente collegabile alle denunce dallo stesso presentate, tuttavia, nel delineare l’effettiva responsabilità disciplinare del dirigente, la Corte territoriale avrebbe dovuto tener conto del whistelblowing di cui questo era autore, dell’esautoramento di attribuzioni a suo danno e delle tempistiche tra tali fatti e il relativo licenziamento. Avendo la Corte territoriale mancato di considerare tali aspetti, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso del dirigente e cassa la sentenza con rinvio.

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