La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26532 pubblicata il 14 settembre 2023, è tornata ad affermare il principio secondo cui il dirigente che intenda impugnare il licenziamento intimatogli perché ritenuto ingiustificato non è soggetto ai termini di decadenza fissati dall’art. 6 della L. 604/66, in quanto il concetto di “ingiustificatezza” del recesso non può coincidere con quello di invalidità. IL FATTO Il caso di specie riguardava un dirigente industriale che, avendo domandato giudizialmente l’accertamento dell’ingiustificatezza del licenziamento intimatogli, si era visto respingere il ricorso proposto in quanto, secondo la Corte d’Appello, decaduto dal diritto di impugnazione. I giudici di merito avevano infatti ritenuto che anche i casi tipici della categoria dei dirigenti, che presuppongono l’ingiustificatezza del recesso e trovano fondamento nelle previsioni contrattuali, con tutela meramente risarcitoria mediante l’erogazione di una speciale indennità supplementare, dovessero rientrare nell’ipotesi di invalidità del licenziamento. A tal fine, per ciò che in questa sede interessa, si evidenzia che l’art. 32 della L. 183/2010, con cui è stato modificato l’art. 6 della L. 604/1966 che detta i termini di impugnazione del licenziamento fissandoli in 60 giorni per l’impugnazione stragiudiziale e in 180 giorni per quella giudiziale, al comma 2 stabilisce che le disposizioni di cui al citato art. 6, e quindi i termini di decadenza per l’impugnazione del recesso, “si applicano anche a tutti i casi di invalidità del licenziamento”. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE Richiamando alcune precedenti pronunce (tra cui Cass. nn. 148/2020 e 395/2020), i giudici di legittimità, con la sentenza in commento, sono stati di diverso avviso: nel disattendere l’impostazione seguita dai giudici d’appello, la Cassazione ha ricordato, in primo luogo, come il concetto di “invalidità” contenuto al comma 2 del citato art. 32 debba essere interpretato in senso restrittivo trattandosi di una norma in materia di decadenza. La nozione di “invalidità” in questione va infatti esclusivamente intesa quale vizio suscettibile di determinare l’inidoneità di un atto ad acquisire pieno e inattaccabile valore giuridico, ricomprendendo casi di nullità e, in generale, di invalidità esterni alla L. 604/1966 con i suddetti requisiti. A fondamento della decisione in commento si chiarisce quindi che, in riferimento alla peculiare ipotesi del licenziamento dei dirigenti, la L. 183/2010 non ha esteso, in favore di tali lavoratori, nessuna ipotesi di nullità del licenziamento esterna alla L. 604/66, cosicché la previsione che dispone l’applicazione dei termini di decadenza per l’impugnazione del recesso a tutti i casi di invalidità del licenziamento non poteva che riferirsi alle ipotesi di inefficacia/nullità previste dalla L. 604/1966 per tale categoria di lavoratori, ma non anche a casi di nullità o invalidità esterni alla stessa. Infatti, solo in un momento successivo, vale a dire con la modifica del comma 1 dell’art. 18 della L. 300/1970 per effetto della L. 92/2012, sono state estese in favore dei dirigenti le ipotesi di nullità dei licenziamenti esterne rispetto alla L. 604/1966, con conseguente estensibilità anche a essi del regime di decadenza di cui all’art. 32 comma 2 della L. 183/2010. Ma, essendo tale modifica successiva alla L. 183/2010, la Suprema Corte desume che nelle intenzioni del legislatore del 2010 la disciplina sulla decadenza prevista da tale legge non poteva di certo riferirsi anche alle ipotesi di mera ingiustificatezza del licenziamento dei dirigenti prima della previsione per questi ultimi della tutela rafforzata propria di un regime di invalidità riguardante casi esterni alla L. 604/1966. In ogni caso, si evidenzia che l’ipotesi della “ingiustificatezza” ha natura convenzionale e si collega a un atto che, in realtà, non è invalido ma è “incontestatamente e pacificamente valido, che incide in termini solutori sul rapporto di lavoro”. Alla luce di ciò tale ipotesi non può ricondursi nel concetto di invalidità come sopra descritto, con la conseguenza per cui per l’impugnazione del licenziamento ritenuto ingiustificato non operano termini di decadenza, termini che invece devono applicarsi in relazione ai licenziamenti nulli ai sensi dell’art. 18 comma 1 o comunque ai licenziamenti invalidi in senso stretto.