Il tema dei potenziali limiti alla responsabilità per il reato di omesso versamento dell’IVA (art. 10-ter del DLgs. 74/2000) ha dato origine a numerose pronunce giurisprudenziali, con particolare riferimento al caso dei mancati incassi dell’IVA e all’esigenza di pagare gli stipendi ai dipendenti. La sentenza n. 30952, depositata il 7 luglio 2023 dalla Corte di Cassazione, torna su questa materia in un caso in cui veniva contestato al legale rappresentante di due società attive nel settore edile (e l’una poi posta in concordato) l’omissione dell’IVA per quasi 3 milioni di euro. Viene, innanzitutto, ricordato che in linea generale l’inadempimento della obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore, che non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico. In applicazione di questo principio, in particolare, si è escluso che potesse essere ascrivibile a forza maggiore la mancanza della provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria per effetto di una scelta di politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità (cfr., per tutte, Cass. n. 8352/2015). Altro principio ampiamente consolidato afferma che l’omesso versamento dell’IVA dipeso dal mancato incasso per inadempimento contrattuale non esclude la sussistenza del dolo richiesto dall’art. 10-ter del DLgs. 74/2000, atteso che l’obbligo del predetto versamento prescinde dall’effettiva riscossione delle relative somme e che il mancato adempimento del debitore è riconducibile all’ordinario rischio di impresa, evitabile anche con il ricorso alle procedure di storno dai ricavi dei corrispettivi non riscossi (cfr., tra le tante, Cass. n. 27202/2022). Solo in ipotesi eccezionali, il mancato incasso dell’IVA dai clienti può configurare un limite alla responsabilità, ma deve trattarsi di insoluti esorbitanti da una percentuale fisiologica (cosi Cass. n. 31352/2021, la quale ha annullato con rinvio una sentenza di condanna a fronte di insoluti per circa il 43% del fatturato, cui era seguita una gravissima crisi di liquidità). In ogni caso, perché la presenza di tali insoluti, quand’anche di percentuale patologica, esplichi efficacia scusante, è necessaria la spiegazione dei motivi che hanno determinato l’emissione delle fatture non saldate antecedentemente alla ricezione dei corrispettivi. Riguardo, poi, al pagamento dei dipendenti la giurisprudenza è – a dire il vero – più altalenante. La sentenza in esame aderisce a un’interpretazione più restrittiva per cui l’omissione non può essere giustificata, ai sensi dell’art. 51 c.p., dal pagamento degli stipendi dei lavoratori, posto che l’ordine di preferenza in tema di crediti prededucibili, che impone l’adempimento prioritario dei crediti da lavoro dipendente (art. 2777 c.c.) rispetto ai crediti erariali (art. 2778 c.c.), vige nel solo ambito delle procedure esecutive e fallimentari e non può essere richiamato in contesti diversi, ove non opera il principio della par condicio creditorum, al fine di escludere l’elemento soggettivo del reato (Cass. n. 52971/2018). L’omissione non può essere giustificata dal pagamento degli stipendi Se l’imprenditore potesse decidere di adempiere i debiti per il pagamento delle retribuzioni e di non adempiere quelli concernenti l’IVA, al fine di far proseguire l’attività aziendale, si determinerebbe un’alterazione dell’ordine economico, perché detto soggetto avrebbe, di fatto, e nonostante la tutela penale assicurata al credito tributario, la facoltà di “scaricare” sull’Erario, aumentando progressivamente il suo debito con questo, il costo economico del ritardo per la dichiarazione di insolvenza, al di fuori di ogni intervento delle autorità preposte alla tutela dell’occupazione e del lavoro. La conferma della condanna, nel caso di specie, deriva, da un lato, dalla considerazione per cui l’ammontare dei debiti a titolo di IVA non adempiuti era oltre il decuplo di quella non incassata dai clienti. Dall’altro, la strategia gestionale seguita dall’impresa è consistita nel pagare sia i dipendenti, sia tutti i crediti diversi da quelli tributari, e, quindi, nella scelta di proseguire nell’attività di impresa, già in crisi da tempo, e già da tempo in forte debito con il Fisco, posponendo sistematicamente le ragioni di quest’ultimo a vantaggio di tutti gli altri creditori. Ne discende che legittimamente vengono qui escluse sia la sussistenza di una crisi di liquidità imprevedibile, sia l’avvenuta effettuazione di tutti gli sforzi esigibili per fronteggiare le obbligazioni verso l’Erario.