Non sempre la contribuzione INPS è dovuta sull’intero reddito imponibile previdenziale percepito dal lavoratore: i contributi, infatti, non devono essere applicati sulla parte di reddito eccedente il cd. massimale. A tal proposito, è innanzitutto fondamentale specificare che non esiste un unico massimale di reddito, ma i valori di riferimento cambiano in base alla categoria di appartenenza del lavoratore, nonché all’anzianità ed alla gestione d’iscrizione. Presso le gestioni speciali degli artigiani e dei commercianti, ad esempio, è previsto uno specifico massimale annuo di reddito, pari a 80.465 euro (valore 2022) per gli iscritti - cioè per coloro che hanno versato il primo contributo - entro il 31 dicembre 1995. Il massimale (sempre con riferimento all’anno 2022) è invece pari a 105.014 euro (art. 2, comma 18, legge n. 335/1995) per coloro che risultano privi di contribuzione al 1° gennaio 1996, nonché nei confronti di coloro che si avvalgono dell’opzione al contributivo di cui all’art. 1, comma 23, legge n 335/1995. Valori massimali specifici sono previsti anche per gli iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo ed al Fondo pensione sportivi professionisti (ex ENPALS). Cosa succede in caso di errata applicazione del massimale? È responsabilità del datore di lavoro applicare correttamente la contribuzione, verificando il superamento del massimale di retribuzione ai fini dei versamenti contributivi. A tal fine, devono essere richieste al lavoratore specifiche dichiarazioni volte ad individuare il corretto regime previdenziale applicabile, sia al momento dell’assunzione che successivamente, laddove subentri una variazione. È importante, come indicato nella circolare INPS n. 177/1996, richiedere al lavoratore l’esistenza, o meno, di contribuzione all’estero, presso Paesi dell’UE o convenzionati con l’Italia, relativamente ai periodi sino al 31 dicembre 1995. In base alle precisazioni di cui alla circolare INPS 21/2001, difatti, l’esistenza di tali periodi, che potrebbero non figurare nell’estratto conto previdenziale, fa acquisire al lavoratore lo status di “vecchio iscritto” (entro il 31 dicembre 1995) e determina la disapplicazione del massimale contributivo di cui all’art. 2 co. 18 L. 335/1995. Qualora il massimale sia applicato erroneamente, oltre alla contribuzione non versata possono essere dovuti, a seconda delle ipotesi, i soli interessi legali o le "somme aggiuntive" calcolate per il caso di omissione contributiva. L'eventuale contribuzione versata in eccesso è invece soggetta a restituzione (circolare INPS n. 63/2019), su istanza del datore di lavoro, con termine prescrizionale pari a dieci anni (art. 2946 c.c.). Le somme eventualmente acquisite dall’INPS per decorso del termine prescrizionale sono improduttive di effetti previdenziali. Redditi e retribuzioni eccedenti il massimale, non scontando contribuzione previdenziale, non devono essere considerati ai fini dell’importo della pensione (circolare INPS 9 maggio 2019, n. 63). L’applicazione, o meno, del massimale può comportare notevoli differenze in merito all’ammontare del trattamento pensionistico. Riscatto agevolato della laurea e opzione al contributivo: valutazione di convenienza in relazione all’applicazione del massimale In base a quanto esposto, laddove il lavoratore sia in possesso di retribuzioni elevate, la penalizzazione connessa all’applicazione del massimale è ingente. In argomento, è fondamentale non dimenticare le conseguenze connesse all’opzione al contributivo di cui all’art. 1, comma 23, legge n. 335/1995, opzione della quale in molti, negli ultimi anni, si stanno avvalendo, per poter beneficiare del riscatto agevolato della laurea (art. 20, comma 6, D.L. n. 4/2019). Come chiarito dall’INPS (cfr. circolari n. 6/2020 e n. 54/2021), difatti, è possibile ottenere il riscatto del corso di studi universitario con onere forfettario agevolato anche per periodi anteriori 1996 e non valorizzabili con sistema percentuale (art. 2, comma 5, D.Lgs. n. 184/1997), laddove l’interessato opti per il sistema di calcolo contributivo. L’opzione al contributivo diviene irrevocabile al pagamento della prima rata di riscatto. È imprescindibile, dunque, “fare bene i conti”, specie se i redditi o gli stipendi percepiti superano non di poco il massimale: un risparmio, sebbene notevole, nell’onere di riscatto della laurea, può infatti comportare un taglio elevatissimo e irreversibile all’ammontare della pensione. Meglio, allora, avvalersi del riscatto agevolato (possibilità strutturale e non sperimentale: non c’è una data limite entro la quale richiedere la misura) al momento del pensionamento, anche attraverso - laddove consentito - il computo presso la gestione Separata (art. 3, D.M. n. 282/1996), l’opzione donna (art. 16. D.L. n. 4/2019) o la totalizzazione nazionale (D.Lgs. n. 42/2006). È bene ricordarsi, ad ogni modo, che queste misure, che comportano il calcolo integralmente contributivo della pensione (in relazione alla totalizzazione, è possibile domandare il ricalcolo contributivo anche nelle ipotesi di spettanza del calcolo misto), sono precluse dal preventivo esercizio dell’opzione al contributivo (in quanto, ovviamente, sussisterebbe già un’opzione a favore di tale tipologia di quantificazione della pensione).