Il lavoratore che denunci di aver subito condizioni mobbizzanti è tenuto ad allegare compiutamente lo svolgimento della prestazione secondo modalità nocive e a provare il nesso causale tra il lavoro svolto e il danno. Solo in questo modo il datore sarà tenuto a difendersi. E' quanto precisa la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 21682 del 20 luglio 2023. In tema di onere della prova in riferimento al diritto al risarcimento dei danni in favore del lavoratore per violazione degli obblighi del datore di lavoro di sicurezza e di protezione della salute del lavoratore di cui all'art. 2087 c.c., è stato chiarito dalla giurisprudenza costante di legittimità che non si tratta di ipotesi di responsabilità oggettiva del datore di lavoro, e che i rispettivi oneri di allegazione e prova sono articolati come segue: il lavoratore è tenuto ad allegare compiutamente lo svolgimento della prestazione secondo modalità nocive e a provare il nesso causale tra il lavoro svolto e il danno, mentre al datore di lavoro, in ragione del suo dovere di assicurare che l'attività lavorativa non risulti pregiudizievole per l'integrità fisica e la personalità morale del dipendente, spetta dimostrare che la prestazione si è, invece, svolta secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, con modalità normali, congrue e tollerabili (Cass. n. 34968/2022; cfr. anche Cass. n. 10992/2020, n. 14064/2019, n. 8911/2019, n. 24742/2018); appunto poiché l'art. 2087 c.c. non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento, ne consegue che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare l'esistenza di tale danno, come pure la nocività dell'ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l'uno e l'altro, e solo se il lavoratore abbia fornito la prova di tali circostanze sussiste per il datore di lavoro l'onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi; né la riconosciuta dipendenza delle malattie da una "causa di servizio" implica necessariamente, o può far presumere, che gli eventi dannosi siano derivati dalle condizioni di insicurezza dell'ambiente di lavoro, potendo essi dipendere piuttosto dalla qualità intrinsecamente usurante della ordinaria prestazione lavorativa e dal logoramento dell'organismo del dipendente esposto ad un lavoro impegnativo per un lasso di tempo più o meno lungo, restandosi così fuori dall'ambito dell'art. 2087 c.c., che riguarda una responsabilità contrattuale ancorata a criteri probabilistici e non solo possibilistici (così Cass. n. 2038/2013; cfr. anche Cass n. 25151/2017).