La sentenza del 25 luglio 2023 n. 22386 della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione torna sul tema della tutela della maternità (e della paternità) in ambito lavorativo. Con tale pronuncia, il Collegio di legittimità ha dato risposta al quesito inerente l'applicabilità o meno del divieto ex articolo 53 del Dlgs 151/2001 di adibire il genitore al lavoro notturno anche al personale di volo delle compagnie aree. Occorre premettere che l'art. 53 citato, nel disciplinare in tale ambito il lavoro notturno prevede, al primo comma, il divieto di adibire "le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino." Al secondo comma della citata norma, poi, alla lettera a) si dispone che la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa non sono obbligati a prestare lavoro notturno. Si tratta di disposizione che appresta una tutela aggiuntiva per assicurare una presenza genitoriale durante la notte al minore per il periodo di tempo che intercorre tra il compimento dell'anno di età, limite del divieto di adibizione a lavoro notturno, fino al compimento dei tre anni di vita del bambino (salve le ulteriori garanzie assicurate per il caso di unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni di cui alla lett. b della citata norma). Analoga tutela è assicurata anche alla lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi tre anni dall'ingresso del minore in famiglia (comunque non oltre il dodicesimo anno di età) ed è estesa alternativamente ed alle stesse condizioni al lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa (lett. b bis della stessa disposizione). Il comma 3 dell'art. 53 citato, poi, prevede una speciale tutela per il lavoratore o la lavoratrice che abbiano a carico un soggetto disabile ex legge n. 104 del 1992. La norma in sostanza individua una serie di situazioni meritevoli di attenzione rispetto alle quali è apprestata una particolare tutela che si realizza con l'attribuzione della facoltà di sottrarsi al lavoro durante l'orario dalle 24,00 alle 6,00 del mattino. Va poi ricordato che con il d.lgs. 8 aprile 2003 n. 66 è stata introdotta una regolamentazione organica dell'orario di lavoro e si è data attuazione alla direttiva 93/104/CE come modificata dalla direttiva 2000/34/CE. Si tratta di una regolamentazione uniforme su tutto il territorio nazionale che, nel pieno rispetto del ruolo della autonomia negoziale collettiva, disciplina l'orario di lavoro. Deve tuttavia rilevarsi che tale disciplina, con la quale all'art. 11 è regolamentato il lavoro notturno durante la gravidanza e la maternità e sono individuati specificatamente i divieti e le limitazioni al lavoro notturno, non si applica al lavoro del personale di volo nella aviazione civile di cui alla direttiva 2000/79/CE oltre che alla gente di mare di cui alla direttiva 1999/63/CE ed ai lavoratori mobili per quanto attiene ai profili di cui alla direttiva 2002/15/CE (cfr. art. 2 del d.lgs. n. 66 del 2003). Inoltre, per altro verso, va evidenziato che all'art. 7 del d.lgs. 19 agosto 2005 n. 185, nel darsi attuazione alla direttiva 2000/79/CE relativa all'Accordo europeo sull'organizzazione dell'orario di lavoro del personale di volo dell'aviazione civile, sono state sì dettate specifiche misure a tutela del personale di volo ma in una prospettiva attenta, specificatamente, alla salute del lavoratore. Infatti, si è previsto che in caso di "problemi di salute aventi nesso riconosciuto con il fatto che (questi) presta anche lavoro notturno" il lavoratore deve essere assegnato ad un lavoro diurno in volo o a terra per il quale sia idoneo così come previsto dalla norma generale per il personale pubblico e privato dell'art. 15 del d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66. In sostanza si tratta di disposizione che, come detto, si preoccupa di tutelare la salute del lavoratore addetto a servizi di volo le cui condizioni non siano compatibili con il lavoro notturno. La norma infatti dispone che tale situazione debba essere accertata dal medico competente o da una struttura sanitaria pubblica e demanda alla contrattazione collettiva la definizione delle modalità di applicazione delle disposizioni che regolano l'esonero e l'individuazione delle soluzioni per i casi in cui l'assegnazione al lavoro diurno non risulti applicabile. In sostanza la disciplina speciale dettata per il personale di volo con riguardo al lavoro notturno mira a proteggere un bene diverso da quello oggetto delle norme poste a tutela delle lavoratrici madri e non integra una deroga a quella disciplina dettata dall'art. 53 del d.lgs. n. 151 del 2001. Il d.lgs. 19 agosto 2005 n. 185 non esaurisce le fattispecie che il legislatore ha inteso proteggere e che possono presentare profili di incompatibilità con lo svolgimento del lavoro in orario notturno. All'esito di tale complessiva ricostruzione del quadro normativo ritiene la Cassazione che l'inapplicabilità al personale di volo dell'aviazione civile delle disposizioni sull'orario di lavoro che disciplinano il lavoro notturno (artt. 11 - 15 del d.lgs. n. 66 del 2003) non esclude che a tale personale debba applicarsi la speciale disciplina dettata dal decreto legislativo n. 151 del 2001 a tutela e sostegno della maternità e paternità. Con tale disposizione, come si è visto, il legislatore ha inteso offrire alla lavoratrice madre/lavoratore padre un particolare livello di protezione in ragione dell'intenso rapporto che lega il genitore al minore in tenera età consentendogli di sottrarsi al lavoro notturno nei primi tre anni di vita dei figli ed apprestando, con l'art. 53 comma 2 del d.lgs. n. 151 del 2001, una tutela che si esplica non solo assicurando sostegno economico ma anche favorendo la presenza del genitore nel periodo della prima crescita del minore. Si tratta, in definitiva, di un nucleo minimo di tutela che può essere derogato in melius "da leggi, regolamenti, contratti collettivi, e da ogni altra disposizione" e che tuttavia assicura indistintamente la facoltà di sottrarsi al lavoro notturno che (vietato fino al compimento del primo anno di età del minore) non può essere imposto per tutto il tempo in cui il figlio, sia esso naturale o adottivo, non abbia ancora compiuto il terzo anno di età. Quanto alla necessità che, per poter beneficiare dell'esonero, entrambi i genitori debbano essere contestualmente addetti ad un lavoro in orario notturno i giudici rilevano che il tenore testuale dell'art. 53 comma 2 del d.lgs. n. 151 del 2001 non avvalora tale interpretazione. Dalla lettura della norma citata si evince che ciò che in primo luogo si è inteso privilegiare è il rapporto madre figlio, assicurando comunque un'alternativa, e lasciando alle parti la scelta di chi debba avvantaggiarsi della facoltà di esonero. Il legislatore non ha disegnato un sistema rigido in cui la scelta di beneficiare della facoltà di sottrarsi al lavoro notturno sia condizionata dalla necessità di sopperire all'assenza per la medesima ragione dell'altro genitore. Si è predeterminata piuttosto una scelta da parte del legislatore, che ha indicato la madre quale destinataria dell'esercizio della facoltà, ma si è consentita comunque la possibilità di derogarvi in favore dell'altro genitore. In particolare, come affermato dalla Corte costituzionale, con orientamento consolidato, soprattutto a partire dal d.lgs. n. 151 del 2001 è stato creato un sistema - nel quale si inserisce l'astensione dal lavoro notturno insieme con l'astensione dal lavoro, obbligatoria e facoltativa, nonché i congedi parentali, riposi giornalieri e tutti gli analoghi istituti posti a tutela della genitorialità - che non ha più come esclusiva funzione la protezione della salute della donna e il soddisfacimento delle esigenze puramente fisiologiche del bambino, ma è diretto ad appagare i bisogni affettivi e relazionali del bambino per realizzare il pieno sviluppo della sua personalità (specificamente con riguardo ai bambini entro i tre anni di età). Per questo, così come i suddetti istituti devono essere riconosciuti anche ai genitori adottanti, adottivi e agli affidatari (con modalità adeguate alla peculiarità della loro situazione), analogamente, come regola generale, ne devono essere beneficiari tutti i lavoratori (Corte cost. sentenza n. 104 del 2003 e precedenti ivi richiamati, nonché sentenze n. 105 e n. 158 del 2018 e nello stesso senso: Cass. 25 febbraio 2010, n. 4623).