Niente rimborso IVA per la stabile organizzazione in Italia

Con la sentenza n. 25685 depositata il 4 settembre 2023, la Corte di Cassazione ha affermato che non ha diritto al rimborso IVA ai sensi dell’art. 30, comma 3, lett. e), del DPR n. 633/72 il soggetto non residente dotato di un’effettiva e operativa stabile organizzazione (S.O.) in Italia. Il rimborso è negato anche per le operazioni compiute direttamente dalla casa madre, ossia senza il coinvolgimento della S.O. A più riprese, nella pronuncia, è ribadito il principio secondo cui sono due le modalità di recupero dell’IVA, vale a dire mediante detrazione o mediante rimborso, e che la legittima modalità dipende essenzialmente dal luogo di stabilimento del soggetto passivo che ha effettuato acquisti di beni o servizi o importazioni nel territorio dello Stato. Secondo la Corte, non sussiste un’effettiva alternatività tra il recupero dell’imposta mediante detrazione o mediante rimborso (sebbene lo prevedesse l’art. 17 n. 3 della sesta direttiva), poiché il rimborso dell’IVA a favore dei soggetti passivi non residenti è effettuato in base alle regole dell’ottava direttiva (oggi, direttiva 2008/9/Ce). Pertanto, è solamente il luogo ove il soggetto passivo è stabilito a determinare la modalità di recupero dell’imposta, “per cui un soggetto passivo che disponga di un centro di attività stabile in Italia dev’essere considerato, per tale ragione, stabilito in detto Stato membro e può chiedere la detrazione dell’IVA per gli acquisti effettuati in Italia” (Corte di Giustizia 6 luglio 2009, causa C-244/08). Tale criterio, secondo la giurisprudenza comunitaria, agisce a prescindere dal fatto che gli acquisti o importazioni nel territorio dello Stato “siano stati effettuati tramite il centro di attività stabile o direttamente dalla sua sede principale, situata fuori d’Italia”. La Cassazione, sintetizzando l’insegnamento comunitario, conclude che: - la modalità di restituzione dell’IVA, o mediante detrazione o mediante rimborso, si determina esclusivamente in funzione del luogo in cui è stabilito il soggetto passivo; - il criterio dello stabilimento è dato dalla presenza o meno di un centro di attività stabile, sicché il soggetto dotato di un centro di attività stabile in Italia è per ciò solo ivi stabilito, mentre il soggetto non dotato di un siffatto centro non lo è; - se il soggetto non è dotato di un centro di attività stabile in Italia, potrà “de plano” esercitare il diritto alla restituzione dell’IVA solo mediante rimborso; - se il soggetto è dotato di un centro di attività stabile in Italia, proprio perché stabilito, potrà esercitare il diritto alla restituzione dell’IVA solo mediante detrazione, essendo irrilevante che i beni siano stati acquistati dalla S.O. o dalla sede principale. In definitiva, secondo la sentenza n. 25685/2023, è la mera esistenza della S.O. nel territorio dello Stato a comportare l’esclusione dal diritto al rimborso, anche qualora non vi sia un intervento della stabile organizzazione (nel caso rappresentato, emergeva come fossero stati presentati due sezionali nella dichiarazione IVA annuale, uno relativo alle operazioni della casa madre e uno riferibile a quelle della S.O.). La Suprema Corte si pronuncia anche sugli effetti del mutato quadro normativo, tale per cui, dal 1° gennaio 2010, l’Italia ha generalizzato il meccanismo del reverse charge “esterno”. Infatti, ai sensi dell’art. 17 comma 2 del DPR 633/72, per le operazioni effettuate nel territorio dello Stato da parte di soggetti non residenti privi di una S.O., l’imposta è sempre assolta dal cessionario o committente, se quest’ultimo è un soggetto passivo stabilito in Italia. Pertanto, coloro che non sono stabiliti in Italia si trovano in una costante posizione creditoria nei confronti dell’Erario (in genere per le operazioni B2B), motivo per cui è stato consentito l’accesso al rimborso mediante il rappresentante fiscale nominato nel territorio dello Stato ovvero l’identificazione diretta in Italia, come dispone l’art. 30 comma 3 lett. e) del DPR 633/72. Mentre per la Cassazione, ai fini dell’esclusione dall’accesso al rimborso, è la mera presenza di una S.O. nel territorio dello Stato, la posizione assunta dall’Agenzia delle Entrate sembra meno netta. Nella risposta a interpello n. 160/2020, una società non residente effettuava delle importazioni di beni in Italia per le quali l’intervento della S.O. risultava determinante e, per questa ragione, veniva escluso il diritto al rimborso ai sensi dell’art. 30 comma 3 lett. e) del DPR 633/72. Si imponeva al soggetto non residente una verifica del possesso degli altri requisiti di cui all’art. 30 per il diritto ai rimborsi IVA dei soggetti “stabiliti” oppure il recupero del credito mediante detrazione (vale a dire mediante compensazione “verticale”, riporto del credito all’anno successivo, ossia mediante compensazione “orizzontale” con altri tributi o contributi, al ricorrere di specifiche condizioni). La risposta non sembrava però escludere in via assoluta il diritto al rimborso per il soggetto non residente dotato di una S.O. nel territorio dello Stato, a prescindere dalla non partecipazione della branch alle operazioni effettuate dalla casa madre.

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Niente rimborso IVA per la stabile organizzazione in Italia

Al soggetto non residente dotato di stabile organizzazione in Italia non spetta il rimborso IVA, neppure per le operazioni compiute senza il coinvolgimento della stabile organizzazione stessa

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