La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 17068 del 14 giugno 2023, ha affrontato la problematica della doppia imposizione derivante dal disconoscimento del costo per mancanza del requisito della certezza ad opera dell’Ufficio, costo che aveva però dato origine a una sopravvenienza dichiarata dal contribuente nell’anno successivo (la fattispecie prospettata si verifica nel caso delle fatture da ricevere). IL FATTO Nella specie la maggiore imposta derivante dalla sopravvenuta indeducibilità del costo veniva definita mediante adesione al pvc, tuttavia non si era tenuto conto del fatto che a fronte dell’indeducibilità del costo, la sopravvenienza attiva legata al medesimo aveva generato una maggiore imposta ai fini IRES e IRAP del tutto illegittimamente. Sulla base di ciò, il contribuente, successivamente all’adesione al pvc, presentava istanza di rimborso per violazione della doppia imposizione negato dall’Agenzia delle Entrate. Instaurato il giudizio l’Amministrazione finanziaria sosteneva che l’accertamento definito con adesione al pvc ai sensi dell’art. 5-bis del D.Lgs. n. 218/97 (abrogato dall’articolo 1, comma 637 lett. c), n. 2) della legge n. 190/2014 dal 1° gennaio 2015), non può essere soggetto a modifica, ragione per cui al contribuente è esclusa la possibilità di richiedere il rimborso di somme che riteneva non dovute. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE Sul punto la Cassazione ha ampiamente argomentato circa la possibilità di proporre istanza di rimborso a fronte di un atto definito in adesione, rilevando che parte della giurisprudenza ha escluso tale possibilità rispetto a quanto versato in eccedenza per un errore del contribuente viziando l’adesione (si veda Cass. n. 13129/2018). Tuttavia, in alcuni casi la medesima ha ritenuto che ove il contribuente ravvisi degli errori in fase di liquidazione del tributo da parte dell’Amministrazione finanziaria, avendo questa non correttamente determinato una maggiore imposta dovuta in base alle risultanze del pvc, è ammessa l’impugnazione del relativo atto (si veda Cass. n. 4566/2020 e Cass. n. 29036/2021). Ciò nonostante i giudici hanno ritenuto che proprio il pagamento effettuato a seguito dell’adesione al pvc per il recupero a tassazione del costo indeducibile, aveva generato una doppia imposizione, tale da determinare un indebito oggettivo derivante dalla maggiore imposta versata per effetto della sopravvenienza collegata al costo indeducibile. Per i giudici, “non essendo contestato che la società contribuente abbia aderito all’accertamento per l’anno 2007, in cui venivano recuperati a tassazione i costi privi del requisito della certezza ed ai quali corrispondevano le sopravvenienze attive dell’anno 2008, la doppia imposizione risulta essere un fatto evidente e tale fatto collide con il divieto (principio) generale di cui all’art. 163, T.u.i.r., sicchè il pagamento avvenuto in seguito all’adesione per il 2007 trasforma quello effettuato per il 2008 in un indebito oggettivo (in un caso in parte simile, vedi Cass. n. 7438/2021, in motivazione)“. Il riconoscimento dell’indebito oggettivo a favore del contribuente rappresenta un punto di approdo importante in quanto ha sovrastato ogni possibile preclusione al riconoscimento della maggiore imposta versata per effetto del venir meno anche della conseguente sopravvenienza. A latere della questione esaminata non meno importante è il dies a quo del rimborso, ovvero il momento a partire dal quale il contribuente può esercitare il relativo diritto. Secondo l’Agenzia delle Entrate nel caso di duplicazione d’imposta per violazione del principio di competenza, si pensi al rimborso delle maggiori imposte che ha pagato il contribuente omettendo di dedurre il costo nell’anno corretto o tassando il ricavo nell’anno sbagliato, si fa riferimento al comma 2 dell’articolo 21 del D.Lgs. n. 546/92, quindi al termine decadenziale di due anni decorrente dall’accordo di adesione o, più in generale, da quando il recupero fiscale è definitivo (circ. 4 maggio 2010 n. 23 e 20 settembre 2012 n. 35, §1.4). Nel caso prospettato, la fattispecie è analoga quindi trova applicazione il richiamato articolo 21 comma 2, per cui il termine biennale per il rimborso inizia a decorrere dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione, ovvero dall’adesione. Tanto in quanto, come altresì spiegato dalla Cassazione, è il fatto successivo (adesione) che ha generato l’indebito oggettivo. Tuttavia, si segnala che la giurisprudenza, sempre in tema di doppia imposizione derivante dall’errata competenza fiscale, ha ritenuto operante l’ordinario termine prescrizionale decennale (Cass. n. 11728/2016; Cass. n. 16352/2020).