Con il messaggio n. 3575 del 12 ottobre 2023 l'INPS fornisce precisazioni sull’obbligo di versamento del contributo addizionale, di cui all’articolo 5 del D.lgs n. 148/2015, a carico delle aziende che ricorrono al trattamento di integrazione salariale straordinario e che abbiano dovuto fronteggiare situazioni di perdurante crisi aziendale e di riorganizzazione e che non siano riuscite a dare completa attuazione, nel corso del 2022, ai piani di riorganizzazione e ristrutturazione originariamente previsti per prolungata indisponibilità dei locali aziendali, per cause non imputabili al datore di lavoro (cfr. articolo 30 del decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85). L'articolo 30 citato precisa altresì che il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali può autorizzare, con proprio decreto, “in via eccezionale e in deroga agli articoli 4 e 22 del decreto legislativo14 settembre 2015, n. 148, un ulteriore periodo, in continuità di tutele già autorizzate, di cassa integrazione salariale straordinaria fino al 31 dicembre 2023, al fine di salvaguardare il livello occupazionale e il patrimonio di competenze acquisito dai lavoratori dipendenti”. Per espressa previsione normativa, inoltre, alla fattispecie in argomento non si applicano le disposizioni in materia di consultazione sindacale e di iter procedimentale per la presentazione della domanda, di cui agli articoli 24 e 25 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148. Il comma 2 dell’articolo 30 del decreto-legge n. 48/2023 prevede che i trattamenti di integrazione salariale in argomento sono riconosciuti nel limite di spesa di 13 milioni di euro per l'anno 2023 e di 0,9 milioni di euro per l'anno 2024 e demanda all’INPS il monitoraggio dei flussi di spesa. L’erogazione delle prestazioni avviene esclusivamente con la modalità del pagamento diretto da parte dell’INPS ai lavoratori interessati. In tale caso il datore di lavoro è tenuto, a pena di decadenza, a inviare all’INPS tutti i dati necessari al pagamento dell’integrazione salariale entro la fine del secondo mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale o, se posteriore, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento di autorizzazione. Il mancato adempimento, nei termini sopra precisati, comporta che rimangono a carico del datore di lavoro il pagamento della prestazione e gli oneri a essa connessi. Ciò premesso, il contributo addizionale di cui all’articolo 5 del D.lgs n. 148/2015 trova applicazione per tutte le tipologie di cassa integrazione, ivi comprese le prestazioni in deroga agli ordinari limiti di fruizione di cui agli articoli 4, 12 e 22 del medesimo decreto legislativo. Ne consegue che i datori di lavoro autorizzati alle integrazioni salariali di cui all’articolo 30 del decreto-legge n. 48/2023 sono tenuti al versamento del contributo addizionale secondo la disciplina prevista dal citato articolo 5 del D.lgs n. 148/2015. In particolare, la suddetta contribuzione deve essere calcolata sulla retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate (c.d. “retribuzione persa”, quale base di calcolo dell’importo dell’integrazione salariale e, al contempo, della misura del contributo addizionale, maggiorata dei ratei di mensilità aggiuntive, a prescindere da ogni pattuizione negoziale che possa riguardare il trattamento retributivo dei lavoratori interessati da provvedimenti di integrazione salariale). La misura dell’aliquota varia in funzione dell’intensità di utilizzo delle integrazioni salariali nell’ambito del quinquennio mobile. Per i datori di lavoro tenuti al versamento al Fondo di Tesoreria, l’obbligo contributivo sussiste anche durante il periodo di integrazione salariale, relativamente alle quote di TFR maturate sulla retribuzione persa a seguito della riduzione oraria o della sospensione dell’attività lavorativa.