La Legge di Bilancio 2023 (L. 29/12/2022, n.197) è intervenuta, con i due commi, 15bis 1) e 15bis 2), ad integrare l’art. 35 del D.P.R. 633/72, relativamente alle dichiarazioni di inizio, variazione e cessazione attività ai fini IVA. L’obiettivo è stato, da un lato, avallare la cessazione d’ufficio delle partite IVA “rischiose”, in un’ottica di prevenzione e contrasto ai fenomeni di evasione e di migliore gestione del rischio; dall’altro lato, giustificare l’attribuzione di una “seconda chance” ai titolari delle partite IVA chiuse d’ufficio, previo versamento di una polizza fideiussoria. In sostanza, l’intervento della legge si è orientato nel rafforzare il potere di controllo dell’Amministrazione Finanziaria sulle innumerevoli partite IVA che ogni anno vengono aperte nel nostro Paese senza particolari controlli preventivi, in verità, in fase di “ingresso”: si parla di una cifra che si aggira attorno a più di 4 milioni e che, dopo la flessione del 2020, effetto dell’emergenza sanitaria Covid, ha successivamente registrato un trend in crescita, frutto di una prospettiva speranzosa di ripresa economica. Consideriamo inoltre che già dal 2017 (co. 15-quinquies), attraverso l’eliminazione della sanzione per l’omessa chiusura della P.IVA da parte del contribuente, è sempre l’Amministrazione che procede d’ufficio alla chiusura qualora risulti che, nelle tre annualità precedenti, i titolari non abbiano esercitato attività d’impresa, artistiche o professionali. L’approccio che prevale è quindi libertà in entrata nel mondo delle P.IVA ma monitoraggio continuo sulle posizioni sospette al fine di prevenire e porre una stretta a comportamenti fraudolenti, connessi a fenomeni evasivi, riconducibili a società cartiere o a missing trader. Quali sono allora gli elementi di rischio? Il Provvedimento Ade del 16 maggio 2023 evidenzia come gli stessi si sviluppino sulla base del confronto e dell’incrocio dei dati e delle informazioni disponibili nelle banche dati in possesso dell’Amministrazione Finanziaria e di altri enti pubblici e privati o attraverso segnalazioni, potendo riguardare sia la posizione fiscale della partita IVA attiva che le caratteristiche personali del titolare nonché la tipologia di attività svolta. Elementi certi di rischio sono il sistematico mancato assolvimento degli obblighi dichiarativi e dei pagamenti dei debiti tributari cui potrebbero aggiungersi, ad esempio, la mancanza di strutture e di locali produttivi adeguati all’esercizio dell’attività dichiarata o la insussistenza di beni materiali e strumentali o di spese di avvio dell’attività economica. Potrebbero inoltre essere la realizzazione di un volume d’affari esiguo a fronte di elevati acquisti o importazioni oppure, al contrario, volumi d’affari consistenti a fronte di assenza di personale e di mezzi, o ancora l’esistenza di più codici attività incompatibili ed eterogenei fra loro. Da aggiungere inoltre che spesso chi usa la propria partita IVA per scopi fraudolenti risulta irreperibile oppure istituisce una residenza fittizia in un luogo fisicamente lontano dalla sede legale della propria attività. I casi vanno valutati volta per volta con occhio critico. Tutti elementi che insieme possono dare inizio a una attività istruttoria da parte dell’Amministrazione Finanziaria, attraverso un invito a comparire (art. 32 del D.P.R. 600/73). Sta al contribuente l’onere di provare lo svolgimento di una attività effettiva e coerente e di aver ottemperato al pagamento dei debiti tributari; comportando, la mancata risposta all’invito, l’emanazione di un provvedimento di cessazione della partita IVA d’ufficio e il contestuale pagamento di una sanzione pari a Euro 3.000. Come anticipato in premessa, la partita IVA può essere successivamente richiesta dal medesimo soggetto, previo rilascio di una polizza fideiussoria/fideiussione bancaria almeno pari a Euro 50.000 (co.15bis 2): l’obiettivo della fideiussione è garantista nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria, al fine di tener conto, a tutela della propria pretesa creditoria, di eventuali atti impositivi emanati prima o dopo il provvedimento di cessazione.