Obiettiva condizione di incertezza della norma tributaria: per la disapplicazione delle sanzioni non basta il contrasto giurisprudenziale

La Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice non può decidere d’ufficio in merito alla non applicazione delle sanzioni tributarie per la sussistenza di obiettive condizioni di incertezza, essendo necessaria una richiesta del contribuente. Quest’ultimo peraltro deve anche fornire la relativa prova in merito agli elementi che avrebbero generato confusione sull’interpretazione della disposizione. Nella medesima pronuncia la Suprema Corte ha altresì precisato che in caso di contestazione sull’applicazione del regime del margine, è sempre il contribuente che deve dimostrare sia la non consapevolezza alla partecipazione ad un’evasione fiscale, sia di aver agito con la massima diligenza esigibile. E’ quanto stabilito con l’ordinanza n. 24707 del 3 ottobre 2019. IL FATTO Un’impresa riceveva due avvisi di accertamento con i quali veniva contestata l’errata applicazione dello speciale regime del margine su operazioni imponibili ai fini IVA. In particolare si riferivano ad operazioni relative ad alcune autovetture acquistate per le quali avrebbe dovuto essere applicato il regime ordinario. La contribuente impugnava gli atti impositivi che venivano annullati dalla CTP. A seguito dell’appello dell’Ufficio, la decisione era riformata dalla CTR, la quale affermava che l’impresa non aveva tenuto un comportamento diligente nell’operazione commerciale, alla quale andava correttamente applicato il regime IVA ordinario; allo stesso tempo però i giudici annullavano d’ufficio le sanzioni irrogate con gli avvisi di accertamento, ritenendo sussistenti obiettive condizioni di incertezza (art. 8 D.Lgs. n. 546/92), attestate dal contrasto giurisprudenziale che si riscontrava sulla questione oggetto del giudizio. La contribuente impugnava la sentenza di secondo grado e l’Ufficio proponeva ricorso incidentale per quanto atteneva la questione delle sanzioni. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della contribuente ed accolto quello incidentale dell’Agenzia. In relazione all’applicabilità del regime del margine è necessario che l’acquisto sia stato effettuato da un privato consumatore, oppure da chi non abbia potuto detrarre l’imposta o che abbia assoggettato a sua volta l’operazione al medesimo regime: il tutto per evitare la possibilità di doppia imposizione e la distorsione della concorrenza tra soggetti passivi in determinati settori. Si tratta di un regime speciale, derogatorio di quello normale e che pertanto va interpretato restrittivamente. In caso di contestazione dell’Ufficio, è il contribuente che deve dunque dimostrare la propria buona fede, intesa come assenza di consapevolezza di partecipazione ad un’evasione ed utilizzo della massima diligenza ragionevolmente esigibile da un operatore accorto. In relazione alla compravendita di veicoli usati, prosegue la Suprema Corte, il contribuente deve, nei limiti del possibile, individuare i precedenti intestatari dei beni, per accertare, anche se solo in via presuntiva, che l’IVA già sia stata assolta a monte da altri senza possibilità di detrazione. Nella specie ciò non era stato fatto: la contribuente si era fidata della dichiarazione dei cedenti, che risultavano tutte società commerciali. La decisione della CTR in merito alle sanzioni è stata invece ritenuta errata, perché è il contribuente che ha l’onere di allegare gli elementi che si concretizzino in obiettive condizioni di incertezza sulla portata e l’ambito di applicazione delle norme. Il giudice tributario non può al riguardo decidere d’ufficio, potendo solo valutare il caso concreto ove gli venga richiesto dalla parte. Inoltre, l’incertezza normativa oggettiva presuppone una condizione di inevitabile dubbio su contenuto, oggetto e destinatari della norma. In tale ambito non appare però decisiva l’esistenza soltanto di un contrasto giurisprudenziale. La Cassazione rileva poi che la CTR era stata contraddittoria: aveva ritenuto sussistente la causa di non applicabilità delle sanzioni dopo aver affermato che la contribuente non aveva tenuto un comportamento diligente.

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