Con la risposta n. 450 del 20 ottobre 2023, l'Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti in merito alle sanzioni applicabili in ipotesi di omessa fatturazione ed omessa presentazione della dichiarazione IVA, nonchè i possibili rimedi esperibili. In primo luogo l'Amministrazione finanziaria ricorda che: a) non è consentito avvalersi del cumulo giuridico di cui all'articolo 12 del decreto legislativo n. 472/1997, in sede di ravvedimento operoso, essendo il ricorso a detto istituto consentito ai soli uffici dell'amministrazione finanziaria in sede di contestazione della violazione. In altre parole, quindi, ciascuna violazione commessa va singolarmente ravveduta; b) la dichiarazione presentata oltre novanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione è da considerarsi, comunque, omessa con la conseguenza che le sanzioni non possono essere spontaneamente regolarizzate mediante l'istituto del ravvedimento operoso. Importo dell'IVA da versare Al fine di garantire che l'imposta sul valore aggiunto gravi unicamente sul consumatore finale la stessa è caratterizzata da uno specifico meccanismo: la rivalsa. Tale meccanismo consente di addebitare l'imposta nei vari passaggi da soggetto passivo a soggetto passivo sino al consumatore finale, il quale rimane, in ultimo, inciso dalla stessa. A questo fine, l'articolo 18 del decreto IVA, tra l'altro, prevede che: «Il soggetto che effettua la cessione di beni o prestazione di servizi imponibile deve addebitare la relativa imposta, a titolo di rivalsa, al cessionario o al committente. Per le operazioni per le quali non è prescritta l'emissione della fattura il prezzo o il corrispettivo si intende comprensivo dell'imposta. Se la fattura è emessa su richiesta del cliente il prezzo o il corrispettivo deve essere diminuito della percentuale indicata nel quarto comma dell'art. 27. [...]». La norma non contempla espressamente l'ipotesi in cui l'operazione debba essere obbligatoriamente documentata con fattura e questa venga omessa. Soccorrono sul punto le indicazioni fornite dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, secondo cui «la direttiva 2006/112, in particolare i suoi articoli 73 e 78, letti alla luce del principio di neutralità dell'IVA, deve essere interpretata nel senso che, qualora un soggetto passivo dell'IVA, commettendo un'evasione, non abbia né indicato l'esistenza dell'operazione all'amministrazione tributaria, né emesso fattura, né fatto figurare in una dichiarazione a titolo delle imposte dirette i redditi ottenuti in occasione di tale operazione, la ricostruzione, nell'ambito dell'ispezione di una simile dichiarazione, degli importi versati e percepiti durante l'operazione in questione da parte dell'amministrazione tributaria interessata deve essere intesa come un prezzo già comprensivo dell'IVA, a meno che,secondo il diritto nazionale, isoggetti passivi abbiano la possibilità di ripercuotere e detrarre successivamente l'IVA in questione, nonostante l'evasione» (così la sentenza 1 luglio 2021, causa C521/19). Facendo applicazione dei principi appena richiamati, deve dirsi che il prezzo concordato per il servizio reso, inizialmente non fatturato, va inteso come comprensivo dell'imposta laddove il cessionario/committente non possa esercitare la relativa detrazione - tipicamente laddove si tratti di un consumatore finale o un soggetto non residente - e al netto della stessa in ipotesi contraria (in generale quando il cessionario/committente è un soggetto passivo d'imposta). Violazioni degli obblighi relativi alla contabilità In base all'articolo 9 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, «1. Chi non tiene o non conserva secondo le prescrizioni le scritture contabili, i documenti e i registri previsti dalle leggi in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto ovvero i libri, i documenti e i registri, la tenuta e la conservazione dei quali è imposta da altre disposizioni della legge tributaria, è punito con la sanzione amministrativa da euro 1.000 a euro 8.000. [...] 3. La sanzione può essere ridotta fino alla metà del minimo qualora le irregolarità rilevate nei libri e nei registri o i documenti mancanti siano di scarsa rilevanza, sempreché non ne sia derivato ostacolo all'accertamento delle imposte dovute. Essa è irrogata in misura doppia se vengono accertate evasioni dei tributi diretti e dell'imposta sul valore aggiunto complessivamente superiori, nell'esercizio, a euro 50.000 [...]». Alla luce di quanto sopra, fermo restando che la sanzione è da considerarsi unica per le scritture/documenti che non sono tenuti e poi conservati nel rispetto della legge, altrettanto non può dirsi per la reiterazione del comportamento tra i vari periodi d'imposta. Ciò sia per la già richiamata impossibilità di fare ricorso all'articolo 12 del d.lgs. n. 472 del 1997 in sede di ravvedimento, sia perché le violazioni (omessa tenuta e successiva conservazione) si configurano di anno in anno (sarebbe ad esempio impossibile considerare unitariamente una fattura che doveva essere emessa, e poi conservata, nel 2017 con altra del 2021). Il contribuente potrà dunque procedere a regolarizzare la propria posizione anche ai fini della sua contabilità, istituendo i libri ed i registri necessari, nonché emettendo le fatture per le operazioni poste in essere, con contestuale versamento di una sanzione ex articolo 9, comma 1, del d.lgs. n. 471/1997, ridotta in base alla previsione dell'articolo 13 del d.lgs. n. 472/1997, per ciascun periodo d'imposta sanato. Dichiarazioni di inizio o variazione di attività L'articolo 35 del decreto IVA prevede che «1. I soggetti che intraprendono l'esercizio di un'impresa, arte o professione nel territorio dello Stato, o vi istituiscono una stabile organizzazione, devono farne dichiarazione entro trenta giorni ad uno degli uffici locali dell'Agenzia delle entrate ovvero ad un ufficio provinciale dell'imposta sul valore aggiunto della medesima Agenzia; la dichiarazione è redatta, a pena di nullità, su modelli conformi a quelli approvati con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate. L'ufficio attribuisce al contribuente un numero di partita I.V.A. che resterà invariato anche nelle ipotesi di variazioni di domicilio fiscale fino al momento della cessazione dell'attività e che deve essere indicato nelle dichiarazioni, nella homepage dell'eventuale sito web e in ogni altro documento ove richiesto. 2. Dalla dichiarazione di inizio attività devono risultare: [...] b) per i soggetti diversi dalle persone fisiche, la natura giuridica, la denominazione, ragione sociale o ditta, la sede legale, o in mancanza quella amministrativa, e il domicilio fiscale e deve essere inoltre indicato il codice fiscale per almeno una delle persone che ne hanno la rappresentanza; c) per i soggetti residenti all'estero, anche l'ubicazione della stabile organizzazione; d) il tipo e l'oggetto dell'attività e il luogo o i luoghi in cui viene esercitata anche a mezzo di sedi secondarie, filiali, stabilimenti, succursali, negozi, depositi e simili, il luogo o i luoghi in cui sono tenuti e conservati i libri, i registri, le scritture e i documenti prescritti dal presente decreto e da altre disposizioni; [...] f) ogni altro elemento richiesto dal modello ad esclusione dei dati che l'Agenzia delle entrate è in grado di acquisire autonomamente [...]». Sotto il profilo sanzionatorio, in base all'articolo 5, comma 6, del d.lgs. n. 471/1997, «[...] 6. Chiunque, essendovi obbligato, non presenta una delle dichiarazioni di inizio o variazione di attività, previste dagli articoli 35 e 35-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, o la presenta con indicazioni incomplete o inesatte tali da non consentire l'individuazione del contribuente o dei luoghi ove è esercitata l'attività o in cui sono conservati libri, registri, scritture e documenti è punito con sanzione da euro 500 a euro 2.000. [...] La sanzione è ridotta ad un quinto del minimo se l'obbligato provvede alla regolarizzazione della dichiarazione presentata nel termine di trenta giorni dall'invito dell'ufficio». In merito, come «chiarito dalla circolare ministeriale n. 23 del 25 gennaio 1999 "tale attenuante specifica, [...], non esclude la possibilità diregolarizzazione spontanea" delle violazioni commesse entro i termini di cui all'articolo 13 del d.lgs. n. 472 del 1997. Da tale precisazione discende che, pur essendo espressamente prevista, quale unica violazione punibile, l'omessa presentazione della dichiarazione di inizio o variazione di attività (oltre a quella di presentazione della stessa con indicazioni incomplete o inesatte), resta comunque sanzionabile - in forza della lettura coordinata dell'articolo 5, comma 6, del d.lgs. n. 471 del 1997 con quello concernente l'istituto del ravvedimento operoso - anche la presentazione della dichiarazione oltre i termini ordinariamente previsti;» (così la risposta n. 86 pubblicata il 5 marzo 2020). La presentazione tardiva, seppur spontanea, della dichiarazione di inizio o variazione di attività è dunque sempre sanzionabile, con l'effetto che, al fine di evitare tale esito, il ravvedimento risulta imprescindibile. Omessi versamenti ed omessa dichiarazione IVA L'autoliquidazione di tributi ed imposte insieme alla comunicazione dei relativi dati, nonché alla presentazione della dichiarazione annuale costituiscono i cardini su cui si fonda il sistema fiscale italiano ed il connesso apparato di controllo (in questo senso si veda, anche di recente, Corte Costituzionale, sentenza 17 marzo 2023, n. 46). Presidiano tali adempimenti diverse norme sanzionatorie del d.lgs. n. 471/1997, tra cui, per quanto qui di interesse: a) l'articolo 13: «1. Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell'imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l'ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato [...]. 3. Fuori dei casi di tributi iscritti a ruolo, la sanzione prevista al comma 1 si applica altresì in ogni ipotesi di mancato pagamento di un tributo o di una sua frazione nel termine previsto [...]»; b) l'articolo 11, comma 2-ter: «L'omessa, incompleta o infedele comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche, prevista dall'articolo 21-bis del decretolegge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è punita con la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 2.000. La sanzione è ridotta alla metà se la trasmissione è effettuata entro i quindici giorni successivi alla scadenza stabilita ai sensi del periodo precedente, ovvero se, nel medesimo termine, è effettuata la trasmissione corretta dei dati»; c) il già citato articolo 5: «1. Nel caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale dell'imposta sul valore aggiunto si applica la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell'ammontare del tributo dovuto per il periodo d'imposta o per le operazioni che avrebbero dovuto formare oggetto di dichiarazione. Per determinare l'imposta dovuta sono computati in detrazione tutti i versamenti effettuati relativi al periodo, il credito dell'anno precedente del quale non è stato chiesto il rimborso, nonché le imposte detraibili risultanti dalle liquidazioni regolarmente eseguite. [...] La sanzione non può essere comunque inferiore a euro 250 [...]». Dalle norme richiamate si evince che un contribuente che voglia porre rimedio al proprio precedente comportamento omissivo, dovrebbe, tra l'altro, per ciascun periodo d'imposta (rectius, anno solare di riferimento): - emettere le fatture trascurate. Da notare che la data di emissione da riportare sul documento sarà, ovviamente, il giorno in cui si procede (la data di trasmissione al Sistema di Interscambio, laddove il contribuente volesse procedere su base volontaria tramite fattura elettronica ex articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127), mentre quella dell'operazione il giorno dell'avvenuto incasso del corrispettivo per il servizio reso (la "data fattura" di cui alla richiamata fatturazione elettronica via SdI); - comunicare i dati delle liquidazioni periodiche cui non ha provveduto, salvo «la regolarizzazione intervenga direttamente con la dichiarazione annuale IVA ovvero successivamente alla sua presentazione» (cfr. la risoluzione n. 104/E del 28 luglio 2017). Ipotesi nelle quali, dunque, la presentazione della dichiarazione assorbe il diverso adempimento comunicativo; - presentare la relativa dichiarazione IVA (da considerarsi comunque formalmente omessa, laddove successiva al novantesimo giorno dalla scadenza del termine di presentazione) e versare l'imposta eventualmente dovuta oltre interessi. A ciò si aggiungono le sanzioni del caso e, dunque, quella per: i) l'omessa fatturazione (e registrazione), pari al novanta per cento dell'imposta non fatturata con un minimo di euro 500 per ciascun documento (cfr. l'articolo 6, commi 1 e 4, del d.lgs. n. 471 del 1997); ii) l'omessa comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche, con un minimo di euro 500 per ognuna (si veda il sopra richiamato articolo 11, comma 2-ter, del medesimo d.lgs. n. 471); iii) l'omesso versamento dell'IVA dovuta, pari al trenta per cento di ogni importo non versato (cfr. l'articolo 13 del d.lgs. n. 471); iv) l'omessa presentazione della dichiarazione, pari al centoventi per cento dell'ammontare del tributo dovuto per il periodo d'imposta o per le operazioni che avrebbero dovuto formare oggetto di dichiarazione, con un minimo di euro 250 (si veda il già citato articolo 5, comma 1, del d.lgs. n. 471). In caso di omessa presentazione della dichiarazione, il versamento integrale delle relative imposte comporta l'applicazione della sanzione fissa di cui all'articolo 5, comma 1, del d.lgs. n. 471 del 1997 (euro 250 ovvero 200, qualora la dichiarazione, anche se omessa, sia presentata dal contribuente entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo e, comunque, prima dell'inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento di cui abbia avuto formale conoscenza) solo nell'ipotesi in cui detto versamento sia stato effettuato entro il termine di cui agli articoli 8, commi 1 e 6, nonché 2, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322 (ovvero entro novanta giorni dalla scadenza del termine ordinariamente previsto per la presentazione della dichiarazione). Pertanto, scaduto il suddetto termine, anche ove sia riscontrato il versamento del debito d'imposta da parte del contribuente, deve applicarsi la sanzione proporzionale di cui all'articolo 5, comma 1, del d.lgs. n. 471 del 1997 (dal 120 al 240 per cento dell'ammontare dell'imposta dovuta, con un minimo di euro 250 ovvero dal 60 al 120 per cento dell'ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 200, se la dichiarazione omessa è presentata entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo e, comunque, prima dell'inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento di cui abbia avuto formale conoscenza). Nei limiti segnalati la sanzione prevista dall'articolo 13 del d.lgs. n. 471 del 1997 può dirsi quindi assorbita da quella del precedente articolo 5. Ciò fermo restando che l'Ufficio, in sede di eventuale controllo, non solo terrà comunque conto delle somme spontaneamente versate a titolo di sanzioni - versamento che non trova alcun ostacolo normativo - ma potrà fare applicazione degli articoli 7, comma 4 e 12 del decreto legislativo n. 472 del 1997.