Dopo le modifiche, introdotte dal decreto legislativo 8/2016, in materia di punibilità del mancato versamento di contributi, questo reato va valutato nel suo complesso e non più come una ripetizione dello stesso per ogni mese in cui non vengono effettuati i pagamenti. Con la sentenza n. 25537 del 10 giugno 2019, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un titolare di impresa che si è visto negare la non punibilità del fatto dalla Corte d'appello in relazione al mancato versamento riguardante 8 mesi consecutivi. Quest'ultima ha ritenuto condannabile l'imprenditore sul presupposto della "reiterazione della condotta criminosa che induce a sottovalutare la contenuta entità del superamento della soglia di legge", ritenendo operante la preclusione di cui all'art. 131-bis comma 3 cod. pen. attinente ai reati aventi ad oggetto "condotte plurime e reiterate". In base all'articolo 131-bis, è esclusa la punibilità dei reati per cui è prevista la pena detentiva non superiore a cinque anni oppure quella pecuniaria, anche abbinata a quella detentiva, se l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento non risulta abituale. La Cassazione osserva però che le singole omissioni ripetute un mese dopo l'altro non vanno considerate come più reati ma come parte dello stesso e con ciò viene meno la caratteristica della reiterazione o del comportamento abituale. In questo quadro, la non punibilità, sottolineano i giudici, può però essere applicata solo se gli importi omessi superano di poco l'ammontare del limite di legge. La Suprema corte ha quindi annullato la sentenza perché ha ancorato il diniego della causa di non punibilità alla mera pluralità delle mensilità interessate, esplicitamente affermando l'irrilevanza della contenuta entità del superamento della soglia. Motivazione che non si pone in linea con i principi affermati.