Sul reato di omesso versamento delle ritenute il legislatore è intervenuto più volte mutando l’ampiezza della condotta penalmente rilevante. Nella sentenza della Corte di Cassazione n. 24222, depositata il 6 giugno 2023, si discute sulla continuità normativa o meno delle modifiche che hanno interessato l’art. 10-bis del DLgs. 74/2000; continuità che incide anche sull’applicazione temporale della norma e sull’accertamento della condotta. Secondo tale pronuncia, il DLgs. 158/2015 ha introdotto una nuova fattispecie prevedendo come condotta penalmente perseguibile ciò che prima costituiva un illecito amministrativo tributario: l’omesso versamento, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, delle ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione per un ammontare superiore a una determinata soglia di punibilità (fissata in 150.000 euro per ciascun periodo d’imposta). La Corte Costituzionale n. 175/2022 è poi intervenuta sul punto evidenziando che le alterne vicende del sistema sanzionatorio mostrano che l’assoggettamento a sanzione della condotta di omesso versamento delle ritenute “dovute sulla base della certificazione” costituisce una nuova e distinta fattispecie penale, che si affianca a quella dell’omesso versamento, alle stesse condizioni, delle ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti. Va, infatti, ricordato che il DLgs. 74/2000 aveva limitato la rilevanza penale delle fattispecie in materia tributaria alle sole condotte caratterizzate da un comportamento fraudolento, richiedendo un quid pluris rispetto al semplice sottrarsi all’obbligazione tributaria, con ciò non prevedendo fattispecie incriminatrici concernenti il sostituto di imposta. Le fattispecie incriminatrici, introdotte dagli artt. da 2 a 5 del DLgs. 74/2000, non hanno riguardato comportamenti del sostituto di imposta e, quindi, il comportamento consistente nell’omesso versamento delle ritenute è risultato depenalizzato, rimanendo sanzionato sul solo piano amministrativo, ai sensi degli artt. 13 e 14 del DLgs. 471/1997. Questa più mite disciplina è rimasta inalterata fino a quando il legislatore è tornato a prevedere la sanzione penale con l’art. 1 comma 414 della L. 311/2004, che ha arricchito il catalogo dei reati introducendo l’art. 10-bis secondo la seguente formulazione: “è punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo di imposta”. Infine il già citato DLgs. 158/2015 ha modificato la previsione di cui all’art. 10-bis inserendo il riferimento alle ritenute “dovute sulla base della stessa dichiarazione”. Sul punto era nato anche un contrasto giurisprudenziale, composto dalle Sezioni unite della Cassazione che hanno affermato che, alla luce della modifica apportata dal DLgs. 158/2015, doveva ritenersi che, per i fatti pregressi, ai fini della prova del rilascio al sostituito delle certificazioni attestanti le ritenute operate, non fosse sufficiente la sola acquisizione della dichiarazione modello 770 (Cass. SS.UU. n. 24782/2018). Nell’attuale situazione, la sentenza in commento precisa che, benché vi sia una contiguità delle due condotte, perché concernono pur sempre le stesse ritenute operate dal sostituto, le vicende normative sopra descritte mostrano che si tratta di condotte diverse, le quali hanno avuto un trattamento giuridico nettamente distinto. L’elemento differenziale è costituito proprio dalle certificazioni delle ritenute rilasciate dal sostituto ai sostituiti. Il legislatore dell’epoca riteneva più grave la condotta del sostituto, che metteva in circolazione le certificazioni, utilizzabili dai sostituiti per l’assolvimento del loro obbligo tributario, e poi ometteva il versamento delle ritenute certificate. A seguito della predetta declaratoria di illegittimità costituzionale, viene ripristinato il regime antecedente all’entrata in vigore del DLgs. 158/2015. A oggi, dunque, i giudici di merito devono procedere a una valutazione in ordine all’esistenza di certificazioni delle ritenute. Il rilascio delle predette certificazioni si può presumere anche da elementi indiziari, quale il modello 770, che però da solo non è sufficiente a costituire prova di ciò.