Con la sentenza n. 17727 del 29 aprile 2019, la Corte di Cassazione ha stabilito che il liquidatore non risponde per l’omesso versamento di imposte dovute in costanza della sua carica ove vi sia l’impossibilità di effettuare i pagamenti per assenza di risorse e per tale circostanza non possa essergli mosso alcun rimprovero. Con tale decisione si da continuità ad un recente orientamento più favorevole all’imputato in casi come quello di specie. IL FATTO Al liquidatore di una società veniva contestato l’omesso versamento IVA ex art. 10-ter D.Lgs. n. 74/2000. La difesa si basava innanzitutto sul fatto che l’imputato soltanto un mese prima della scadenza per il pagamento in questione avesse assunto la carica di liquidatore: pertanto la responsabilità di fatto era del precedente amministratore, il quale aveva incassato l’IVA senza accantonarla; inoltre l’inadempimento era dovuto ad un’impossibilità oggettiva, non essendoci liquidità per il versamento né la possibilità di reperirla in alcun modo. Peraltro, i soci lo avevano rassicurato sull’imminente ricapitalizzazione della società, che poi non si era mai verificata, tanto che l’imputato stesso aveva dato le dimissioni dopo poco più di due mesi, una volta resosi conto che la situazione economica non sarebbe mutata. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello ritenevano però sussistente la responsabilità penale per il reato contestato. Avverso la sentenza di appello veniva proposto ricorso per Cassazione, eccependo sia l’erroneità della stessa per i fatti sopra esposti, sia l’intervenuta prescrizione. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accertato e dichiarato la prescrizione del reato, ritenendo preliminarmente ammissibile il ricorso. Per arrivare a tale conclusione, i giudici hanno dato atto di un contrasto di orientamenti in sede di legittimità sulla sussistenza o meno della responsabilità del liquidatore in casi come quello di specie, ritenendo corretto quello più recente e favorevole all’imputato. In sintesi, secondo un primo indirizzo risponde del reato di omesso versamento, quantomeno a titolo di dolo eventuale, chi subentra nella carica di amministratore o liquidatore di una società dopo la presentazione della dichiarazione e prima della scadenza del versamento, non adempiendo all’obbligazione in favore del Fisco, senza compiere il previo controllo contabile sugli adempimenti fiscali necessari, esponendosi così a tutte le conseguenze che possono derivare da pregresse inadempienze. Successivamente era stato invece affermato il principio secondo il quale il liquidatore risponde penalmente non per il mero mancato pagamento, con le attività di liquidazione, delle imposte dovute, ma solo se distragga l’attivo della società dal fine di pagamento all’Erario e lo destini a scopi differenti. Il tutto deriverebbe dalla limitazione fissata in tema di responsabilità in proprio del liquidatore dall’art. 36 D.P.R. n. 602/1973, la quale sussiste solo qualora egli non provi di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione dei beni ai soci ed ai creditori ovvero di aver soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli di natura tributaria. Sebbene tale disposizione faccia riferimento alle imposte sui redditi, la Suprema Corte ha ritenuto che il principio risponda alla corretta esigenza di non gravare un soggetto della responsabilità per omessi pagamenti dovuti all’insufficienza di risorse, fatto che spesso caratterizza la fase di liquidazione e rispetto al quale nessun rimprovero può essere mosso all’agente. Da qui la manifesta non infondatezza delle doglianze del ricorrente e la conseguente possibilità di annullamento senza rinvio della pronuncia di secondo grado per intervenuta prescrizione.