Continua il percorso di confronto Governo-Sindacati sul nuovo intervento di riordino del sistema previdenziale con il primo tavolo verticale dedicato alle misure per giovani e donne, così come era stato concordato nell’incontro di kick off del 19 gennaio. Rispetto all’originario cronoprogramma c’è stato un breve slittamento rispetto alla calendarizzazione iniziale che l’aveva fissato per l’8 febbraio. Non è ancora chiara la tempistica della riforma. La sensazione è che l’Esecutivo intenda definire le linee guida entro le quali si muoverà l’intervento entro l’estate per avviare in maniera graduale le nuove misure a partire dall’inizio del 2024 mentre i Sindacati auspicano che i primi indirizzi vengano già inseriti nel Documento di Economia e Finanze da presentare entro aprile Le possibili misure sul pensionamento delle donne Un primo tema è rappresentato da una rivisitazione di Opzione donna rispetto alla soluzione che è stata inserita nella legge di Bilancio. La nuova versione del canale di pensionamento prevede che possano accedervi, con il metodo di calcolo integralmente contributivo, le lavoratrici che entro il 31 dicembre 2022 hanno maturato un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un'età di 60 anni (ridotta di un anno per ogni figlio nel limite massimo di due anni) e che assistono un parente disabile, o che hanno una riduzione della capacità lavorativa superiore o uguale al 74% o che sono lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese in crisi (in tale ultimo caso il requisito anagrafico è pari a 58 anni). Si prevede una finestra di 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e di 18 mesi per le autonome. L’intenzione manifestata dal Governo è quella di rivedere le regole che hanno sensibilmente “ristretto” il perimetro di accesso alla misura e ha in fase di approfondimento una possibile revisione riservandosi di fornire a breve un’ipotesi di discussione ai Sindacati. Da quanto si apprende non è però ancora chiaro se si tratti di un ritorno alla versione precedente (lavoratrici che abbiano maturato un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un'età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome) con le finestre, a 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e a 18 mesi per le lavoratrici autonome, con i requisiti anagrafici non sono adeguati agli incrementi alla speranza di vita) o una “correzione” della versione inserita in legge di Bilancio. Opzione donna si aggiunge ai canali “tradizionali” rappresentati dal pensionamento di vecchiaia (per cui occorrono 67 anni di età e 20 anni di contribuzione) e la pensione anticipata, per cui per le donne sono necessari 41 anni di anzianità contributiva e 10 mesi con l’applicazione della finestra mobile trimestrale (questo requisito, salve modifiche eventuali da introdursi per via normativa, rimane immutato fino al 2026). Dalla riunione è emersa poi la possibilità molto concreta che si estenda anche alle altre forme pensionistiche la previsione già contenuta dalla riforma Dini (art. 1, comma 4, lettera c, legge n. 335/1995) in base alla quale le lavoratrici madri che hanno l'assegno interamente calcolato con il sistema contributivo possono anticipare la pensione di vecchiaia di 4 mesi per ogni figlio nel limite massimo di 12 mesi. Il costo della previsione sarebbe pari da quanto si apprende a 700 milioni di spesa con valutazioni in corso congiunte tra Ministero del Lavoro e Ministero dell’Economia e finanze. È stata inoltre confermata l’intenzione di riproporre la Commissione preposta ad analizzare la separazione della spesa previdenziale rispetto a quella assistenziale. Giovani e pensioni Per quel che riguarda i giovani, il ragionamento in corso è volto a prevedere un’integrazione al minimo in caso di pensioni basse al termine della carriera lavorativa. Altro profilo di attenzione è rappresentato poi dalla possibilità di rivedere l’attuale previsione secondo cui i lavoratori che rientrano nel contributivo, per andare in pensione di vecchiaia, devono avere il requisito contributivo di 20 anni e il requisito anagrafico richiesto e devono rispettare un ulteriore paletto rappresentato da un importo della pensione superiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale. In caso contrario, possono accedere al trattamento di vecchiaia al compimento di 70 anni di età, aggiornato sulla base degli adeguamenti alla speranza di vita accertata dall’ISTAT, con almeno 5 anni di contribuzione “effettiva. Così come richiesto nella piattaforma unitaria dei sindacati potrebbe essere eliminata o ridotto il vincolo minimo di 1,5 volte l'assegno sociale per accedere alla pensione di vecchiaia nel sistema contributivo, che attualmente limita in maniera sostanziale gli accessi al pensionamento, condizionando in particolare le donne e coloro i quali hanno avuto carriere frammentate. In termini di adeguatezza complessiva delle prestazioni pensionistiche va sottolineato come sia intenzione del Governo quella di rilanciare la previdenza complementare con una nuova finestra di silenzio assenso per il conferimento del TFR accompagnata da una campagna istituzionale di educazione previdenziale. Va ricordato come, secondo i dati COVIP aggiornati fine dicembre 2022, le posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari sono 10,3 milioni, in crescita di 564.000 unità (+5,8%) rispetto alla fine del 2021. A tali posizioni, che includono anche quelle di coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, corrisponde un totale degli iscritti di 9,2 milioni (+5,4%).