Un pensionato italiano trasferitosi in Portogallo pagherà le tasse nello Stato di residenza, anche per le pensioni percepite a fronte di attività diverse da quelle di lavoro dipendente. Lo ha chiarito l'Agenzia delle Entrate nella risposta n. 35/2019. Per individuare la nozione di residenza fiscale valida ai fini dell’applicazione delle disposizioni delle Convenzioni contro le doppie imposizioni e, nel caso di specie, della Convenzione tra Italia e Portogallo per evitare le doppie imposizioni, è necessario fare riferimento alla legislazione interna degli Stati contraenti. Si osserva, in particolare, come la predetta Convenzione stabilisca, all’articolo 4, paragrafo 1, che “l’espressione ‘residente di uno Stato contraente’ designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato, a motivo del suo domicilio, della sua residenza ... o di ogni altro criterio di natura analoga”. A tale riguardo l’articolo 2, comma 2, del DPR n. 917 del 1986 (TUIR), considera residenti in Italia “le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile”. Le tre condizioni sopra citate sono tra loro alternative, essendo sufficiente che sia verificato, per la maggior parte del periodo d’imposta, uno solo dei predetti requisiti affinché una persona fisica venga considerata fiscalmente residente in Italia e, viceversa, solo quando i tre presupposti della residenza sono contestualmente assenti nel periodo d’imposta di riferimento tale persona può essere ritenuta non residente nel nostro Paese. Ai sensi dell’articolo 3 del TUIR, anche i non residenti, laddove possiedano redditi prodotti in Italia, sono, comunque, tenuti a presentare la dichiarazione modello REDDITI. In particolare, nelle istruzioni alla compilazione del modello REDDITI PF 2018 (cfr. fascicolo n. 2, pagina 42), si precisa che, le persone fisiche che nel 2017 erano residenti all’estero e che, nello stesso anno, hanno posseduto redditi di fonte italiana imponibili in Italia, devono presentare la dichiarazione dei redditi qualificandosi come non residenti. Ai sensi della vigente normativa interna italiana, le pensioni corrisposte a persone non residenti nello Stato italiano, da Enti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso, sono imponibili nel nostro Paese, ai sensi dell’articolo 23, comma 2, lettera a), del TUIR, e gli enti pensionistici eroganti (nel caso di specie INPS ed ENASARCO) sono tenuti, quali sostituti d’imposta, ad operare le ritenute con le modalità previste dall’articolo 23 del DPR n. 600 del 1973. Tuttavia, occorre considerare che la potestà impositiva italiana è limitata dai vigenti Trattati per evitare le doppie imposizioni tra i quali la citata Convenzione con il Portogallo. Con riferimento al caso di specie, l'Agenzia esclude, in primo luogo, l’applicazione alle pensioni INPS ed ENASARCO, erogate a fronte di un’attività precedentemente esercitata di agente e rappresentante di commercio, delle disposizioni contenute nell’articolo 18 del predetto Trattato internazionale che prevedono che le pensioni e le altre remunerazioni analoghe – diverse da quelle corrisposte da uno Stato contraente o da una sua suddivisione politica od amministrativa, o da un suo Ente locale – pagate ad un residente di uno Stato contraente in relazione ad un cessato impiego, sono imponibili soltanto in questo Stato. Si rileva, difatti, che tali disposizioni si riferiscono unicamente ai trattamenti pensionistici erogati in relazione allo svolgimento di un’attività di lavoro dipendente. L'Agenzia ritiene, invece, che i predetti redditi pensionistici, non derivanti dallo svolgimento di un’attività di lavoro dipendente, ricadano nell’ambito applicativo dell’articolo 21, paragrafo 1, della Convenzione – rubricato “Altri redditi” – il quale prevede che gli elementi di reddito di un residente di uno Stato contraente (nella specie, il Portogallo), non espressamente disciplinati del citato Trattato internazionale, sono assoggettati ad imposizione esclusiva in questo Stato, qualsiasi ne sia la provenienza. In sostanza, tale disposizione convenzionale prevede la detassazione delle pensioni corrisposte agli ex agenti e rappresentanti di commercio nel Paese di erogazione (Italia) e la tassazione nel Paese di residenza (Portogallo). Per quel che concerne, invece, le indennità di fine rapporto di agenzia erogate, rispettivamente, dall’ENASARCO (la cosiddetta indennità di risoluzione del rapporto – FIRR) e dalla casa mandante, l'Agenzia fa presente che esse sono costituite da somme maturate ed accantonate nel corso degli anni di svolgimento dell’attività lavorativa da parte del contribuente. Al riguardo, si segnala che, mentre il reddito che deriva dall’attività svolta dall’agente è qualificato come reddito di impresa – ai sensi dell’articolo 55 del TUIR – in quanto trattasi di attività oggettivamente contemplata fra quelle di impresa commerciale di cui all’articolo 2195 del codice civile, le indennità per la cessazione dei rapporti di agenzia delle persone fisiche, compresi gli acconti e le anticipazioni, ai sensi dell’articolo 56, comma 3, lettera a), del TUIR, non concorrono alla formazione del reddito di impresa, ma, per espressa previsione dell’articolo 53, comma 2, lettera e), del TUIR, sono considerate a tutti gli effetti redditi di lavoro autonomo. Pertanto, le indennità per la cessazione dei rapporti di agenzia delle persone fisiche devono essere considerate, ai sensi del citato articolo 53, comma 2, lettera e), del TUIR, redditi di lavoro autonomo e, ai fini fiscali, sono soggetti a tassazione separata, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera d), del TUIR, fatta salva la facoltà per il percettore di optare per la tassazione ordinaria in sede di dichiarazione dei redditi, ai sensi del comma 3 del citato articolo 17. L’articolo 23, comma 2, lettera a), del TUIR, relativo all’applicazione dell’imposta ai non residenti, chiarisce che si devono considerare, tra gli altri, come prodotti nel territorio italiano i redditi derivanti dalle indennità di fine rapporto, di cui all’articolo 17, comma 1, lettera d), del TUIR, se sono corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti. Nell’ordinamento tributario italiano, pertanto, il criterio di collegamento ai fini dell’attrazione dei predetti emolumenti nella potestà impositiva del nostro Paese è costituito dalla residenza fiscale del soggetto erogante, prescindendo dalla circostanza che la prestazione lavorativa sia svolta in Italia o all’estero. Per quanto concerne la normativa internazionale, si osserva che l’articolo 3, paragrafo 2, del citato Trattato, prevede che “per l’applicazione della Convenzione da parte di uno Stato contraente, le espressioni non diversamente definite hanno il significato che ad esse è attribuito dalla legislazione dello Stato relativa alle imposte cui si applica la Convenzione, a meno che il contesto non richieda una diversa interpretazione”. Da ciò consegue che, rientrando i predetti emolumenti, ai fini della normativa interna italiana tra i redditi di lavoro autonomo, anche nella Convenzione Italia-Portogallo gli stessi dovrebbero essere ricompresi nella disciplina contenuta nell’articolo 14 (professioni indipendenti), paragrafo 1, del predetto Trattato internazionale il quale prevede, come regola generale, la tassazione esclusiva di tali redditi nello Stato di residenza del contribuente e come eccezione la tassazione concorrente nello Stato di residenza del contribuente ed in quello della fonte del reddito, nei casi in cui il residente dispone abitualmente nello Stato della fonte di una base fissa ed il reddito è attribuibile a detta base [cfr. articolo 14, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione] o la permanenza si protrae per periodi di durata complessiva uguale o superiore a 183 giorni nel corso dell’anno solare [cfr. articolo 14, paragrafo 1, lettera b), del Trattato internazionale]. In base a tali criteri occorrerà considerare la residenza del beneficiario dei redditi in esame durante l’intera vita lavorativa dello stesso contribuente, alla quale si riferisce la corresponsione delle suddette indennità di fine rapporto di agenzia. Più precisamente, per quanto concerne la fattispecie rappresentata dall’istante, l'Agenzia ritiene che, in considerazione del fatto che il pensionato era, negli anni antecedenti al 2017, residente in Italia, ed ivi svolgeva la propria attività lavorativa, le quote parti delle indennità maturate e/o accantonate in tali anni devono essere assoggettate ad imposizione esclusiva nel nostro Paese ai sensi del citato articolo 14, paragrafo 1, della Convenzione. Le quote parti di indennità maturate e/o accantonate nel periodo 1° gennaio – 31 marzo 2017 devono essere assoggettate ad imposizione concorrente in Italia e Portogallo, con l’eliminazione dell’eventuale doppia imposizione in Portogallo (Stato di residenza del contribuente), ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 4, del citato Trattato internazionale, nell’ipotesi in cui tali redditi siano attribuibili ad una base fissa situata nel nostro Paese, cioè al verificarsi dell’ipotesi di cui all’articolo 14, paragrafo 1, lett. a), della Convenzione; viceversa nell’eventualità in cui non si verifichi tale ipotesi le predette quote parti di indennità, relative al periodo 1° gennaio – 31 marzo 2017, devono essere assoggettate ad imposizione esclusiva in Portogallo, Stato di residenza del contribuente.