Dal calcolo contributivo della pensione non si salva nessuno, compresi i lavoratori più anziani: in base alle previsioni della Legge Fornero (art. 24 D.L. n. 201/2011), difatti, almeno una quota del trattamento pensionistico deve essere determinata con questo metodo di calcolo, anche per coloro che hanno iniziato a lavorare da più tempo e che possono vantare almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995. La Legge Dini (L. 335/1995), inizialmente, aveva previsto l’applicazione del calcolo contributivo della pensione solo in rapporto ai periodi dal 1° gennaio 1996 e soltanto per i lavoratori con un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni alla data del 31 dicembre 1995. Salvi, quindi, i lavoratori con un’anzianità pari o superiore a 18 anni alla stessa data, aventi diritto a quantificare la prestazione pensionistica con sistema retributivo (basato sugli ultimi o migliori stipendi o redditi, in base alla gestione previdenziale di appartenenza) per questo detti “retributivi puri”. Successivamente, la Riforma Fornero ha introdotto il calcolo contributivo anche per questi ultimi, in rapporto ai periodi dal 1° gennaio 2012. Il trattamento pensionistico può essere peraltro calcolato con sistema integralmente contributivo, anche relativamente ai periodi anteriori al 1996, laddove l’interessato, sussistendo le condizioni, si avvalga dell’opzione al contributivo (art. 1 co. 23 L. 335/1995), dell’Opzione donna (art. 16 D.L. n. 4/2019), della totalizzazione con ricalcolo contributivo (D.lgs. n. 42/2006; circ. Inps 69/2006 e 54/2021) o del computo presso la gestione Separata (art. 3 DM 282/1996). Come funziona il sistema contributivo Il metodo di calcolo contributivo risulta solitamente penalizzante, rispetto al retributivo, in quanto si basa sui contributi effettivamente versati nel corso dell’attività lavorativa, rivalutati in base al tasso di capitalizzazione e trasformati in rendita da un coefficiente che aumenta all’aumentare dell’età pensionabile, detto coefficiente di trasformazione o moltiplicatore. Nello specifico, il calcolo contributivo si divide in due quote: - la quota A, sino al 31 dicembre 1995 (valida, come anticipato, solo per chi si avvale dell’opzione per il calcolo interamente contributivo, dell’opzione donna, oppure del computo di tutta la contribuzione presso la gestione Separata, o della totalizzazione dei versamenti); - la quota B, dal 1° gennaio 1996 in poi (quota C, dal 1° gennaio 2012, per coloro che possiedono almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995). Per ricavare l’assegno di pensione corrispondente alla quota B, o quota C, bisogna: - accantonare, per ogni anno, il 33% della retribuzione lorda corrisposta dal 1996 (il 33% è l’aliquota di computo valida per la generalità dei lavoratori dipendenti), oppure l’aliquota di computo prevista dall’Inps per le altre categorie di lavoratori (es. 25% per i professionisti iscritti esclusivamente presso la gestione Separata e non pensionati), da applicarsi al reddito imponibile previdenziale; - rivalutare i contributi accantonati ogni anno per il tasso di capitalizzazione, basato sulla media mobile quinquennale della crescita della ricchezza nazionale, ossia sull’incremento del Pil nominale, che comprende anche il tasso di inflazione che si registra anno per anno; - sommare i contributi rivalutati, ottenendo così il montante contributivo; - moltiplicare il montante contributivo per il coefficiente di trasformazione, una cifra espressa in percentuale che varia in base all’età, ottenendo così la quota B di pensione. Per determinare la quota A della pensione, in caso di opzione per il sistema contributivo, Opzione donna, computo o totalizzazione, il procedimento è più complicato, e differisce in base al fondo in cui è liquidato il trattamento. Tasso di capitalizzazione 2023 Il tasso di capitalizzazione, come appena osservato, corrisponde all’andamento della crescita nominale del prodotto interno lordo (Pil) degli ultimi 5 anni. Il tasso ufficiale indicato dall’Istat, che si applica ai montanti contributivi (cioè alla somma dei contributi) accantonati al 31 dicembre 2021, è pari a 1,009758: in pratica, i lavoratori che si pensionano nel 2023 devono rivalutare il montante contributivo accreditato al 31 dicembre 2021 dello 0,9758%. I lavoratori che si pensionano nel 2023 non devono, invece, rivalutare i contributi versati nel 2022, cioè nell’ultimo anno di lavoro prima di accedere alla pensione. La rivalutazione per chi si pensiona nel 2023, pari allo 0,9758%, pur rappresentando un miglioramento rispetto al 2022 (nessuna rivalutazione) è ancora parecchio distante dai valori dei primi anni duemila, precedenti alla crisi, quando si registravano incrementi annui del 4-5%. Anno decorrenza pensione Montante al Coeff. Capitalizz Tasso Capitalizz Anno decorrenza pensione Montante al Coeff. Capitalizz Tasso Capitalizz 1964 31.12.1962 0,09136 1,09136 1995 31.12.1993 0,07299 1,07299 196S 31.12.1963 0.105468 1,105468 1996 31.12.1994 0,065726 1,065726 1966 31.12.1964 0,111816 1,111816 1997 31.12.1995 0,062054 1,062054 1967 31.12.1965 0,110107 1,110107 1998 31.12.1996 0,055871 1,055871 1968 31.12.1966 0.104326 1,104326 1999 31.12.1997 0,053597 1,053597 1969 31.12.1967 0,099969 1,099969 2000 31.12.1998 0,056503 1,056503 1970 31.12.1968 0.087896 1.087896 2001 31.12.1999 0,051781 1,051781 1971 31.12.1969 0,089733 1,089733 2002 31.12.2000 0,047781 1,047781 1972 31.12.1970 0,099558 1,099558 2003 31.12.2001 0,043698 1,043698 1973 31.12.1971 0,100769 1,100769 2004 31.12.2002 0,041614 1,041614 1974 31.12.1972 0.099769 1,099769 200S 31.12.2003 0,039272 1,039272 197S 31.12.1973 0,12137 1,12137 2006 31.12.2004 0,040506 1,040506 1976 31.12.1974 0,146567 1,146567 2007 31.12.2005 0,035386 1,035386 1977 31.12.1975 0,156004 1,156004 2008 31.12.2006 0,033937 1,033937 1978 31.12.1976 0,190509 1,190509 2009 31.12.2007 0,034625 1,034625 1979 31.12.1977 0,216775 1,216775 2010 31.12.2008 0,033201 1,033201 1980 31.12.1978 0,210426 1,210426 2011 31.12.2009 0,017935 1,017935 1981 31.12.1979 0,203363 1,203363 2012 31.12.2010 0,016165 1,016165 1982 31.12.1980 0,226929 1,226929 2013 31.12.2011 0,011344 1,011344 1983 31.12.1981 0,214364 1,214364 2014 31.12.2012 0,001643 1,001643 1984 31.12.1982 0,205767 1,205767 201S 31.12.2013 ·0,001927 1,00000• 198S 31.12.1983 0,202694 1,202694 2016 31.12.2014 0,005058 1,005058 1986 31.12.1984 0,186164 1,186164 2017 31.12.2015 0,004684 1,004684 1987 31.12.1985 0,160219 1,160219 2018 31.12.2016 0,005205 1,005205 1988 31.12.1986 0,142703 1,142703 2019 31.12.2017 0,013478 1,013478 1989 31.12.1987 0,126341 1,126341 2020 31.12.2018 0,018254 1,018254 1990 31.12.1988 0,115314 1.115314 2021 31.12.2019 0,019199 1,019199 1991 31.12.1989 0,105217 1,105217 2022 31.12.2020 -0,000215 1,00000· 1992 31.12.1990 0,101013 1,101013 2023 31.12.2021 0,009973 1,009758 1993 31.12.1991 0,09775 1,09775 - Effetto del D.L n. 65/2015 Coefficienti di trasformazione È fondamentale, per padroneggiare il funzionamento del calcolo contributivo della pensione, capire a che cosa servono e come vanno applicati i coefficienti di trasformazione, o coefficienti moltiplicatori. Questi valori, espressi in percentuale, convertono in assegno di pensione il montante contributivo rivalutato, cioè la somma dei contributi rivalutati. Per cui se, ad esempio, il lavoratore possiede un montante contributivo pari a 200mila euro, ed il coefficiente è pari a 5, la pensione dovrà essere calcolata in questo modo: 200.000 x 5%=10.000. Per ottenere la pensione lorda mensile, è necessario dividere l’importo ottenuto per 13, quindi, nel caso di specie: - 10.000:13=769,23 (pensione lorda che l’ente previdenziale dovrà liquidare ogni mese, soggetta a rivalutazione periodica). Incremento dei coefficienti di trasformazione nel 2023 Compresi appieno questi passaggi, appare evidente che, più è alto il coefficiente di trasformazione, più risulterà elevato l’importo della pensione: in buona sostanza, più tardi si esce dal lavoro, maggiore sarà il valore del coefficiente moltiplicatore. Tuttavia, bisogna anche considerare l’evoluzione di questi valori nel tempo: l’innalzamento dell’età pensionabile, in quanto collegata all’aspettativa di vita media, determina la diminuzione dei coefficienti. Negli anni, si è osservato un calo progressivo dei coefficienti, dovuto all’incremento della speranza di vita: questo però non è accaduto in rapporto ai coefficienti di trasformazione applicabili nel biennio 2023 - 2024, in quanto è stata riscontrata, sulla base delle rilevazioni demografiche, una diminuzione dell’aspettativa di vita media. Delle rilevazioni Istat inerenti al calo (nota Istat n. 896373/22 del 14 aprile 2022, n. 1172214/22 del 16 giugno 2022 e n. 1530198/22 del 6 settembre 2022) ha preso atto il decreto direttoriale del 1° dicembre 2022 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, emanato di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, concernente la revisione biennale dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo, che aggiorna la Tabella A dell’allegato 2 della L. 247/2007 e la Tabella A della L. 335/1995. Osserviamo, nella seguente tabella, quali sono gli attuali coefficienti di trasformazione e come sono variati nel tempo, in proporzione agli adeguamenti alla speranza di vita media. Età Coeff. di trasformaz. sino al 2015 Coeff. di trasformaz. dal 2016 al 2018 Coeff. di trasformaz. 2019-2020 Coeff. di trasformaz. 2021-2022 Coeff. di trasformaz. 2023-2024 57 4,304% 4,246% 4,2% 4,186% 4,270% 58 4,416% 4,354% 4,304% 4,289% 4,378% 59 4,535 % 4,468% 4,414% 4,399% 4,493% 60 4,661% 4,589% 4,532% 4,515% 4,615% 61 4,796 % 4,719% 4,657% 4,639% 4,744% 62 4,94 % 4,856% 4,79% 4,770% 4,882% 63 5,094 % 5,002% 4,932% 4,910% 5,028% 64 5,259 % 5,159% 5,083% 5,060% 5,184% 65 5,435 % 5,326% 5,245% 5,220% 5,352% 66 5,624 % 5,506% 5,419% 5,391% 5,531% 67 5,826 % 5,700% 5,604% 5,575% 5,723% 68 6,046 % 5,910% 5,804% 5,772% 5,931% 69 6,283 % 6,135% 6,021% 5,985% 6,154% 70 6,541 % 6,378% 6,257% 6,215% 6,395% 71 6,466% 6,655% Pensione più alta per chi esce dal lavoro nel 2023: esempi di calcolo Ma che cosa comporta, nel concreto, l’incremento dei coefficienti di trasformazione per il 2023? Facciamo subito un esempio per capire meglio: - Mario Rossi, con un montante contributivo rivalutato paria 300.000 euro, si pensiona nel 2022 a 67 anni: la quota contributiva della sua pensione ha un valore annuo di 16.725 euro (300.000 x 5,575%); - Marco Verdi, con un montante contributivo rivalutato paria 300.000 euro, si pensiona nel 2023 a 67 anni: la quota contributiva della sua pensione ha un valore annuo di 17.169 euro (300.000 x 5,723%), ben 444 euro annui in più. In buona sostanza, il rendimento del montante contributivo, nel 2023, va da un minimo dello 0,084% in più sino a un massimo dello 0,189% in più. Senza contare l’innalzamento del tasso di capitalizzazione, che fa sì che lo stesso montante contributivo sia più elevato, grazie alle maggiori rivalutazioni annuali.