Accade sovente che le persone che hanno raggiunto l’età e i requisiti per il pensionamento decidano di continuare a lavorare: può trattarsi di impegni saltuari, di collaborazioni svolte a titolo gratuito in favore di familiari, oppure di vere e proprie attività di lavoro autonomo o subordinato. La possibilità contemplata dal nostro ordinamento di cumulare redditi da lavoro con la pensione di vecchiaia o anticipata non è ammessa in caso di opzione per quota 100. In questo caso, infatti, la pensione anticipata non è cumulabile, dal primo giorno di decorrenza e fino alla maturazione dei requisiti per l'accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui. Collaborazione familiare Le imprese hanno la possibilità di utilizzare l'attività lavorativa di familiari a titolo di collaborazione occasionale gratuita, senza necessità di assolvere gli obblighi nei confronti dell'INPS, sia che gli stessi siano titolari di altro rapporto o pensionati che se non svolgono tale attività in modo prevalente o continuativo. Al riguardo, è recentemente intervenuto l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), con nota n. 50 del 15 marzo 2018, per confermare che le prestazioni effettuate dai familiari di un imprenditore o lavoratore autonomo sono generalmente prestazioni occasionali rese in via gratuita, in quanto di natura morale e affettiva, e comportano l'iscrizione IVS solo in presenza dei “requisiti di abitualità e di prevalenza”. Anche la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 4535 del 27 febbraio 2018, ha a sua volta confermato la liceità del rapporto di lavoro subordinato tra familiari e ha indicato altresì alcuni indici oggettivi idonei a segnalare un effettivo inserimento organizzativo e gerarchico nell’organizzazione aziendale rispetto alla possibile dissimulazione di un rapporto di lavoro finalizzato solo a garantire una prestazione pensionistica: - la presenza costante; - l’osservanza di un orario coincidente con l’apertura al pubblico dell’attività; - il programmatico valersi da parte del titolare, ai fini dell’organizzazione dell’attività stessa, dell’apporto della prestazione resa dal familiare; - la corresponsione di un compenso a cadenze fisse maggiormente compatibile con la logica del corrispettivo della prestazione, piuttosto che con la destinazione alla copertura di contingenti e variabili esigenze di vita. In riferimento alle prestazioni dei familiari, va tenuta presente la seguente classificazione: - parenti di primo grado: genitori ed i figli; - parenti di secondo grado: i nonni, i fratelli e le sorelle, i nipoti intesi come figli dei figli; - parenti di terzo grado: i bisnonni e gli zii, i nipoti intesi come figli di fratelli e sorelle, i pronipoti intesi come figli dei nipoti di secondo grado; - affini: parenti del coniuge, ed in particolare i suoceri (primo grado), i nonni del coniuge ed i cognati (secondo grado), i bisnonni del coniuge, gli zii del coniuge, i nipoti intesi come figli dei cognati (terzo grado). La prestazione è da considerarsi sempre occasionale, e dunque non determinante l’obbligo di iscrizione alla gestione IVS né di instaurare un rapporto di lavoro subordinato, nel caso di: 1) prestazioni rese da familiare pensionato (non importa se di invalidità, anzianità o vecchiaia); 2) prestazioni rese da familiare assunto a tempo pieno presso altro datore di lavoro; 3) prestazioni rese nell'ambito quantitativo di 90 giorni o 720 ore lavorative nell'anno solare. In questo caso vige comunque l’obbligo di iscrizione del familiare all’INAIL e di versare il relativo premio assicurativo. Tuttavia, secondo il Ministero del Lavoro, per le prestazioni rese dai familiari a titolo gratuito non sussiste l’obbligo assicurativo INAIL solo nel caso in cui le stesse non siano “ricorrenti”, ovvero se la prestazione sia resa “una/due volte nell’arco dello stesso mese”, purché le prestazioni complessivamente effettuate nell’anno non siano “superiori a 10 giornate lavorative”. La base su cui calcolare il totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro al momento dell’accesso ispettivo deve ricomprende anche i lavoratori che effettuano una prestazione non “ricorrente”. Va altresì tenuto presente che, sulla base delle previsioni di legge e di quanto osservato dalla prassi, i rapporti gratuiti resi da familiari sono ammissibili unicamente nei confronti di: - Srl unipersonale di un familiare; - Società di persone; - Studi professionali. Limiti di cumulo L’ordinamento vigente nel nostro paese non prevede un generale divieto di cumulo tra la pensione e i redditi derivanti dall’attività lavorativa, relativamente alle pensioni dirette, cioè di vecchiaia o di anzianità e anticipata, se non integrate al minimo, o con maggiorazioni, o collegate allo stato d’invalidità. I redditi di lavoro sono limitatamente cumulabili con alcune pensioni calcolate col sistema contributivo, con le pensioni di reversibilità, d’invalidità, con la nuova pensione quota 100 e con le prestazioni di assistenza, come l’assegno sociale. Il divieto di cumulo è invece assoluto per la pensione anticipata dei lavoratori precoci, per il periodo che va dalla data di decorrenza della pensione alla data di maturazione dei requisiti per la pensione anticipata ordinaria. In particolare, i redditi da lavoro, autonomo o dipendente, sono interamente cumulabili con la pensione di vecchiaia, con la pensione anticipata e con la (ex pensione di anzianità) erogate con il sistema misto o retributivo agli assicurati in possesso di contribuzione al 31 dicembre 1995. Per quanto riguarda le prestazioni maturate in base al sistema contributivo, per i soggetti che hanno cominciato a lavorare in data successiva al 31 dicembre 1995, il cumulo completo della pensione con i redditi da lavoro è possibile a condizione che risulti soddisfatta almeno una delle seguenti condizioni: - 1) età anagrafica pari almeno 60 anni di età se donna o 65 anni se uomo; - 2) contribuzione versata pari ad almeno 40 anni; - 3) possesso di 35 anni di contribuzione e 61 anni di età. Collaborazione occasionale Il lavoro occasionale può essere svolto da qualsiasi soggetto, anche se già impiegato in altro rapporto lavorativo, salvo disposizioni diverse previste dal contratto di appartenenza che non prevedano lo svolgimento di altre attività concorrenziali. Esso può essere svolto per qualsiasi tipo di attività, sia di tipo intellettuale che materiale. Il contratto d’opera di tipo occasionale è regolato dall’articolo 2222 del Codice Civile. Si tratta di una prestazione meramente occasionale che si caratterizza oltre che per il tempo limitato della sua effettuazione, anche per l’assenza di subordinazione e di coordinamentocon il committente e per la mancanza dell’inserimento funzionale nell’organizzazione aziendale. Il lavoratore si obbliga a compiere nei confronti di un committente e verso un corrispettivo, un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio senza i requisiti della professionalità e della prevalenza nella completa autonomia relativamente al tempo ed al modo della prestazione. Lo svolgimento del contratto di tipo occasionale non necessita di comunicazioni né preventive al suo svolgimento, né successive alla sua cessazione. Lo stesso è assoggettato, a cura del committente, alla ritenuta fiscale del 20% o del 30% se trattasi di soggetto non residente. La ritenuta va effettuata sull’imponibile lordo anche quando l’importo superi i 5.000 euro e intervenga la quota contributiva che, non diminuendo l’imponibile fiscale, andrà dedotto dal lavoratore autonomo direttamente nella propria dichiarazione dei redditi tra i contributi obbligatori. La collaborazione occasionale è assoggettata a contributi solo per la parte che supera i 5.000 euro, complessivamente considerati anche con più committenti. Lavoro accessorio Il lavoro accessorio, nell’ordinamento vigente, costituisce una tipologia contrattuale pensata per tutelare il lavoratore chiamato a svolgere prestazioni saltuarie o di tipo episodico, difficilmente riconducibili all’interno delle tipologie contrattuali tipiche del lavoro subordinato o autonomo e, per questa ragione, spesso collocate al di fuori della legalità. Il Contratto di prestazione occasionale (PrestO) per le piccole imprese e i professionisti. Per entrambi gli istituti viene fissato un limite di 5.000 euro come tetto massimo di compensi annui e di 2.500 euro da ogni singolo datore di lavoro, per un totale di 4 ore continuative al giorno per prestazione. Il tetto sale a 6.250 euro, se la prestazione viene da pensionati (come nel caso in esame), giovani con meno di 25 anni purché iscritti a scuola o università, disoccupati, percettori di reddito di inclusione o di altri sussidi di sostegno. N.B. Il committente non può comunque avvalersi di lavoratori con cui abbia in corso altro rapporto, oppure un rapporto cessato da meno di 6 mesi. Il Contratto di prestazione occasionale è il "voucher" dedicato alle imprese, il ricorso al quale è però espressamente vietato nelle miniere, cave e torbiere, nelle attività di escavazione e/o lavorazione di materiale lapideo, nell'ambito dell'esecuzione di appalti e nelle aziende con più di 5 dipendenti a tempo indeterminato e limitato in agricoltura. Il valore minimo orario nel voucher è di 9 euro, mentre i contributi previdenziali ed assistenziali sono a carico del committente, nella misura rispettivamente pari al 33% (INPS) e 3,5% (INAIL): il costo totale lordo di un’ora di lavoro è dunque pari a 12 euro. La nuova disciplina sul lavoro occasionale ha introdotto l’obbligo della comunicazione preventiva: l’utilizzatore è tenuto a trasmettere almeno un’ora prima dell’inizio della prestazione, attraverso la piattaforma informatica INPS o dei servizi del contact center. All’erogazione del compenso provvede direttamente l’INPS, entro il 15 del mese successivo alla prestazione, mediante accredito sul conto corrente bancario risultante nell’anagrafica del lavoratore ovvero, in mancanza del conto corrente bancario, con bonifico bancario domiciliato pagabile presso gli Uffici postali. Lavoro intermittente Le parti possono stipulare in ogni caso questa tipologia di contratto di lavoro, per qualsiasi settore e tipologia lavorativa, se il lavoratore ha meno di 24 anni (purché la prestazione lavorativa sia svolta entro il compimento dei 25 anni) o più di 55 anni. Occorre però tener presente che il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore, con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore alle 400 giornate di effettivo lavoro nell'arco di 3 anni solari; in caso di superamento del predetto periodo, il rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato. L’assunzione dei dipendenti col contratto intermittente deve essere comunicata con le modalità ordinarie ai servizi per l’impiego del proprio territorio, cioè in via telematica, utilizzando il modello Co Unilav. Prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni, però, il datore di lavoro è tenuto a inviare un’ulteriore comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro competente. La comunicazione può essere effettuata anche nello stesso giorno di inizio dell’attività, purché prima dell’effettivo impiego del lavoratore, utilizzando il modello di comunicazione “Uni-intermittente“. La comunicazione deve contenere: - i dati identificativi del lavoratore; - i dati identificativi del datore di lavoro; - la data di inizio e fine della prestazione lavorativa cui la chiamata si riferisce. Il modello deve essere trasmesso secondo una delle seguenti modalità: - attraverso il servizio telematico sul portale ClicLavoro; - via e-mail all’indirizzo di PEC appositamente creato (intermittenti@pec.lavoro.gov.it); - con un Sms (numero 339.9942256) contenente almeno il codice fiscale del lavoratore, esclusivamente in caso di prestazione da rendersi non oltre le 12 ore dalla comunicazione; - tramite App. Lavoro Intermittente (per smartphone o tablet); - tramite fax al competente ITL, in caso di malfunzionamento degli altri sistemi.