Assonime ha emanato la circolare n. 15 del 7 maggio 2021, riguardante il D.Lgs. n. 142 del 2018 di recepimento delle cd. Direttive ATAD: il criterio della residenza della partecipata ai fini della participation exemption. Il documento mette in risalto la problematica legata all’art. 5 del D.Lgs. n. 142 del 2018 riguardante la disciplina della participation exemption (PEX) prevista dall’art. 87 del TUIR. La norma citata riguarda la disciplina impositiva di dividendi e plusvalenze derivanti da partecipazioni in società residenti all’estero per garantirne il coordinamento con il regime fiscale delle Controlled Foreign Companies dell’art. 167 del TUIR. Questa norma occorre evidenziare che non attua le direttive ATAD ma modifica il regime fiscale delle distribuzioni degli utili e delle plusvalenze/minusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni in società non residenti in virtù dello stretto collegamento della disciplina sulle CFC e del trattamento tributario dei dividendi e delle plusvalenze. Le novità dell’art. 5 riguardanti la disciplina impositiva di dividendi e plusvalenze si applicano agli “utili percepiti” e alle “plusvalenze realizzate” a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 e, quindi, in linea generale, dal 2019. Ai fini dell’applicabilità della disciplina della PEX servono quattro requisiti che attengono al periodo minimo di possesso di dodici mesi; all’iscrizione della partecipazione tra le immobilizzazioni finanziarie; alla residenza fiscale della partecipata in un Paese non a fiscalità privilegiata; all’esercizio, da parte della partecipata, di un’impresa commerciale. E l’art. 5 oggetto di commento riguarda nello specifico il requisito della residenza fiscale della partecipata. Attualmente, si fa riferimento alla residenza fiscale o localizzazione dell’impresa o ente partecipato in Stati o territori diversi da quelli a regime fiscale privilegiato o, in alternativa, è necessaria la dimostrazione che dalle partecipazioni non consegua l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato (esimente della “tassazione congrua”). Pertanto, non vi è più nel comma 2 dell’art. 87 TUIR qualsiasi riferimento, ai fini dell’integrazione della esimente, alla sussistenza ininterrotta della residenza fiscale della partecipata in un Paese white per almeno un triennio: attualmente, infatti, si prevede che, per i rapporti detenuti da più di cinque periodi di imposta e oggetto di realizzo con controparti non appartenenti allo stesso gruppo del dante causa, è sufficiente che tale condizione sussista, ininterrottamente, per i cinque periodi d’imposta anteriori al realizzo stesso, quindi “monitoraggio” quinquennale. Diversamente, per le ipotesi di realizzo della plusvalenza “infragruppo” l’esimente della tassazione congrua deve sussistere, ininterrottamente, sin dal primo periodo di possesso. Ne consegue che per il realizzo di plusvalenze da cessioni di partecipazioni estere, in partecipate estere diverse da quelle residenti o localizzate in Stati appartenenti all’UE o aderenti al SEE con i quali l’Italia ha stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, si impone una analisi necessaria e una eventuale. Secondo l’art 87 citato occorre verificare se: - la partecipazione sia da considerare non proveniente da Stati o territori a fiscalità privilegiata sin dall’inizio del periodo di possesso, con riferimento esclusivo al tax rate, test dell’ETR (effective tax rate), per le partecipazioni di controllo o del nominal tax rate, “rettificato” da eventuali regimi speciali, per le partecipazioni non di controllo e, quindi, alla circostanza che, per tutti i periodi di possesso, la partecipata estera sia stata sottoposta ad una tassazione (effettiva o nominale) non inferiore alla metà di quella a cui sarebbe stata soggetta qualora residente in Italia. Nel caso in cui la partecipata non superi questo test occorre altresì verificare se, relativamente ai periodi in cui è considerata residente o localizzata in uno Stato o territorio a fiscalità privilegiata, sia possibile ottenere il riconoscimento dell’esimente della tassazione congrua. Sul punto, il legislatore è intervenuto per distinguere tra cessione infragruppo o meno della partecipazione. Nella seconda ipotesi è stato introdotto un periodo di “monitoraggio” massimo quinquennale. Invece, in caso di realizzo della partecipazione infragruppo il requisito deve sussistere, ininterrottamente, sin dal primo periodo di possesso. Ciò ha consentito di risolvere un problema di coordinamento normativo, poiché precedentemente il requisito della residenza in un Paese non a fiscalità privilegiata doveva sussistere ininterrottamente, al momento del realizzo, almeno dall’inizio del terzo periodo d’imposta anteriore al realizzo stesso. Pertanto, con il nuovo art. 87 del TUIR si ha che oggi il socio residente in Italia che voglia cedere la partecipazione detenuta nella propria partecipata estera infragruppo – o anche al di fuori del gruppo, in caso di possesso da meno di cinque periodi – deve dimostrare alternativamente che: - fin dall’inizio del periodo di possesso della partecipazione la società non è stata residente o localizzata in uno Stato o territorio a fiscalità privilegiata in base al test dell’effective tax rate o del nominal tax rate, o - nei periodi in cui è stata residente o localizzata in uno Stato o territorio a fiscalità privilegiata, dalle partecipazioni non è conseguito l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato (esimente della tassazione “congrua”). Per il periodo transitorio, ossia per coloro che detengono da epoca anteriore alla decorrenza delle nuove regole partecipazioni in società estere e che intendono ora cedere tali partecipazioni, si pone il problema di individuare il criterio in base al quale debba essere verificata la residenza (white o black) della società estera per i periodi di possesso delle partecipazioni che precedono il 2019. Ciò perché il legislatore non ha previsto una disciplina transitoria e quindi manca una previsione che individui il caso di partecipazioni in controllate estere di lungo periodo che sono oggetto oggi di realizzo in ambito infragruppo. Secondo Assonime, in attesa dell’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, per applicare la disciplina della PEX si dovrebbe ritenere che la dimostrazione che, fin dall’inizio del primo periodo di possesso, la controllata non sia stata residente in un Paese a fiscalità privilegiata può essere fornita ponendo riferimento alle regole pro tempore vigenti con riferimento ai singoli periodi di possesso della partecipazione e non al nuovo criterio del tax rate effettivo, a meno che questo nuovo criterio risulti più favorevole per il contribuente.