Piani di incentivazione con deducibilità ampia

Con la sentenza n. 1304 depositata il 18 gennaio 2019, la Corte di Cassazione ha affermato che i costi sostenuti da una società per i piani di incentivazione dei propri promotori finanziari, trovando sistemazione nella categoria dei fondi per rischi ed oneri, sono sempre deducibili. A nulla rileva la previsione contrattuale di condizioni che prevedano la perdita del trattamento premiale, differito alla cessazione del rapporto. Infatti, l’aleatorietà della percezione del trattamento integrativo premiale, non incidendo sulla natura delle condizioni, è irrilevante ai fini della deducibilità. IL FATTO L’Ufficio notificava ad una Spa specializzata nella gestione di portafogli finanziari, un avviso di accertamento con il quale contestava l’indebita deduzione di costi. L’atto impositivo prospettava l’errata identificazione dell’esercizio di competenza nel quale dichiarare i costi sostenuti per l’attuazione di piani di incentivazione predisposti in favore dei promotori finanziari della società. Con i piani varati, veniva assicurata la fruizione di alcuni premi, investiti dalla società contribuente alternativamente in prodotti previdenziali/assicurativi o tramite importi imputati annualmente a conto economico, per i promotori che, ad una certa data, erano in possesso di specifici presupposti (età non ancora pensionabile, portafogli clienti oltre un certo importo, raggiungimento di obiettivi ecc.). L’Ufficio motivava il recupero dei costi negando la loro attualità sostenendo che questi esborsi fossero subordinati al verificarsi di determinate condizioni. Di conseguenza la loro deduzione violava i criteri della competenza disciplinati dall’art. 109 TUIR. La contribuente impugnava l’atto impositivo ed il ricorso veniva rigettato sia dalla CTP che dalla CTR. La società ricorreva in Cassazione, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 del TUIR, per avere il giudice del gravame, erroneamente interpretato i concetti di certezza e definitività del costo applicando erroneamente il principio di cassa e non di competenza al caso di specie. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società. Preliminarmente la Suprema Corte chiarisce che i piani di incentivazione dei promotori finanziari varati dalla società, erano tipici trattamenti volti alla fidelizzazione del promotore ed il regolamento di acquisizione dei premi prevedeva delle condizioni risolutive e non sospensive, predeterminate al verificarsi delle quali gli stessi venivano meno. La contribuente aveva poi effettuato effettivamente un versamento nei confronti della società assicurativa per il pagamento dei premi e per la costituzione delle polizze collettive. Pertanto nella specie, i criteri di determinazione del costo erano oggettivi, così come la certezza dell’esborso, e ciò emergeva sia in riferimento ai versamenti già eseguiti con il premio versato alla società assicuratrice, sia con riguardo agli importi annualmente imputati a conto economico con riferimento all’altro piano di incentivazione. Ne conseguiva il rispetto del principio di inerenza all’attività e soprattutto del criterio di competenza avendo correttamente appostato in bilancio dei costi relativi ai piani. Del resto, il meccanismo triangolare attuato tra società concedente, suoi promotori e società assicurativa evidenziava ancora più chiaramente il costo sostenuto. In conclusione i costi erano stati effettivamente sostenuti e correttamente dedotti. Da qui l’accoglimento del ricorso.

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Piani di incentivazione con deducibilità ampia

I costi sostenuti da una società per i piani di incentivazione dei propri promotori finanziari, trovando sistemazione nella categoria dei fondi per rischi ed oneri, sono sempre deducibili

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