Il decreto Agricoltura dilata ulteriormente i tempi per accertare gli aiuti di Stato e gli aiuti de minimis fruiti illegittimamente e richiederne la restituzione con atti di recupero e avvisi di accertamento. La novità, prevista dall’art. 1, comma 6, D.L. n. 63 del 15 maggio 2024, in verità, non è relativa alla generale azione di recupero di crediti d’imposta e contributi percepiti configuranti aiuti di Stato, ma riguarda il recupero di aiuti di Stato al contemporaneo verificarsi di due condizioni, non alternative tra loro. Condizioni per la proroga In primo luogo, deve trattarsi di aiuti automatici o semiautomatici, ossia non subordinati all'emanazione di provvedimenti di concessione ovvero subordinati all'emanazione di provvedimenti di concessione o di autorizzazione alla fruizione il cui importo non è determinabile nei predetti provvedimenti, ma solo a seguito della presentazione della dichiarazione resa a fini fiscali nella quale sono dichiarati. La seconda condizione posta dal legislatore, invece, riguarda la natura dell’illegittimità della fruizione e rappresenta senz’altro l’aspetto più paradossale della questione. La proroga dei termini di notifica degli atti di recupero, infatti, non riguarda indistintamente il recupero degli aiuti di Stato o de minimis illegittimamente fruiti, ma soltanto quelli la cui illegittimità sia ascrivibile al mancato rispetto da parte delle autorità responsabili degli obblighi previsti dall’art. 10, comma 6, del DM dell’ex-MISE n. 115/2017. Obbligo di registrazione del regime di aiuto e funzionamento RNA Il decreto in questione reca il regolamento per il funzionamento del Registro Nazionale degli aiuti di Stato (RNA). La registrazione degli aiuti nel RNA, secondo l’art. 17, comma 2, del medesimo Regolamento, costituisce condizione di efficacia costitutiva dell’aiuto fruito. È per tale ragione che gli aiuti fiscali automatici e semiautomatici devono trovare collocazione nell’apposito ormai noto quadro RS dei dichiarativi fiscali. Dal prospetto del quadro RS compilato, l’Amministrazione finanziaria attinge gli elementi per adempiere agli obblighi di registrazione nel RNA. Il D.M. n. 115/2017, tuttavia, non impone obblighi esclusivamente al cittadino fruitore degli aiuti, ma anche alle pubbliche amministrazioni che ne sono responsabili. Affinchè l’aiuto individualmente fruito possa essere registrato, difatti, non è sufficiente l’esposizione dei dati nelle dichiarazioni fiscali da parte del contribuente, ma occorre, a monte, che l’amministrazione destinataria della dichiarazione abbia preventivamente registrato nel Registro nazionale il regime degli aiuti o degli aiuti ad hoc. Ciò in virtù del combinato disposto tra l’art. 8, comma 1, del Regolamento e il successivo art. 10, comma 6. Quand’anche il cittadino abbia rispettato ogni requisito imposto per la fruizione dell’aiuto, nonché il successivo obbligo di rappresentazione nello specifico quadro del modello dichiarativo, ma l’amministrazione responsabile non abbia effettuato tale operazione preventiva nei termini previsti dalle richiamate norme del D.M. n. 115/2017, non le è concessa l’ulteriore possibilità di collocare nel Registro nazionale i dati dichiarati dal contribuente. Con la conseguenza che l’aiuto fruito si rivelerà illegittimo. Il paradosso è proprio in questo passaggio: il privato cittadino, infatti, in tal caso assisterà, per cause non ascrivibili al suo comportamento, alla revoca dell’aiuto che dovrà restituire con la maggiorazione delle sanzioni. E il recupero erariale, oltretutto, potrà avvenire entro termini più comodi per l’amministrazione responsabile. I termini ordinari in scadenza tra il 31 dicembre 2023 e il 30 giugno 2024, infatti, erano già stati oggetto di proroga di un anno ad opera dell’art. 3, comma 6, D.L. n. 215/2023 (decreto Milleproroghe). L’art. 1, comma 6, del D.L. n. 63/2024 non ha fatto altro che sostituire la disposizione del Milleproroghe differendo non più di uno, ma di ben due anni i termini ordinari ampliando, peraltro, il perimetro della proroga che, a seguito della novità, contempla i termini in scadenza ordinaria tra il 31 dicembre 2023 e il 31 dicembre 2025 (non più quelli compresi tra il 31 dicembre 2023 e il 30 giugno 2024). Campanello d’allarme per il bonus Sud nel settore agricolo I maggiori tempi concessi all’Amministrazione finanziaria, naturalmente, hanno un costo per lo Stato. L’art. 1, comma 8, del decreto Agricoltura specifica che 90 milioni di euro, conseguenti al mancato introito nel corso del 2024 del credito d’imposta Mezzogiorno recuperabile dalle imprese agricole e della pesca per gli investimenti effettuati sino al 31 dicembre 2023, saranno scomputati dalle risorse che finanzieranno il credito d’imposta ZES unica di cui all’art. 16, comma 6, del D.L. n. 124/2023. Tale disposizione del D.L. n. 63/2024 va letta tra le righe ed è preoccupante. Il fatto che il legislatore abbia esplicitamente individuato una dotazione finanziaria per gli “oneri di cui al comma 6” a copertura dell’allungamento dei tempi di recupero del c.d. bonus Sud fruito dal mondo agricolo per il periodo di vigenza, conclusosi lo scorso 31 dicembre, lascia pensare che le autorità responsabili non abbiano mai provveduto a registrare nel Registro Nazionale degli aiuti di Stato il relativo regime. Il dubbio è fondato, almeno alla luce di due elementi. Indipendentemente dalla querelle relativa all’ambito soggettivo dell’aiuto nel quale comprendere o non comprendere gli imprenditori agricoli titolari di reddito agrario ex art. 32 TUIR (si vedano interpello DRE Puglia n. 917-753/2020 e risposta a interrogazione parlamentare n. 5-05072/2022 On. L’Abbate), non sono mai stati chiariti quali siano i limiti e le condizioni previsti dalla normativa europea in materia di aiuti di Stato nei settori agricolo, forestale e delle zone rurali e ittico entro i quali l’incentivo sarebbe stato fruibile. In particolare, non vi sono mai state precise indicazioni dei regolamenti (UE) cui far riferimento. Alcune istanze di interpello sull’argomento non hanno mai trovato risposta compiuta in quanto l’Amministrazione finanziaria riferiva di attendere un parere dell’ex Mipaaf, a quanto pare mai pronunciatosi. In secondo luogo, si deve considerare il problema causato dal software rilasciato dalle Entrate l’8 giugno 2023 per la prenotazione dell’incentivo attraverso il modello CIM23 che inibisce alle imprese agricole e della pesca la possibilità di richiederne l’accesso. Nonostante l’inghippo sia già stato sottoposto al MEF e al MASAF il 14 luglio 2023 con l’interrogazione parlamentare n. 5/01114 (Caramiello primo firmatario), non è mai stato fornito alcun chiarimento dalle amministrazioni competenti. L’art. 1, comma 8, del decreto Agricoltura spiega le ragioni di questo silenzio.