Con la circolare n. 49 del 31 maggio 2023 l'INPS illustra le modifiche che hanno interessato i benefit di cui all’articolo 51, comma 2, del TUIR, e quelle introdotte in materia di premi di risultato e welfare aziendale. In particolare, l’articolo 40, comma 1, del decreto-legge n. 48/2023, recante “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro”, ha previsto, limitatamente al periodo d’imposta 2023 e con riferimento ai soli lavoratori dipendenti con figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati, che si trovano nelle condizioni previste dall'articolo 12, comma 2, del TUIR, l’elevazione da 258,23 euro a 3.000 euro, del valore dei beni ceduti e dei servizi che non concorre a formare il reddito da lavoro dipendente di cui all’articolo 51, comma 3, del TUIR, includendo tra i c.d. fringe benefit anche le somme erogate o rimborsate ai lavoratori dipendenti per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale. Pertanto, con riferimento alla restante platea di lavoratori dipendenti, continuerà ad applicarsi l’ordinario regime di esenzione previsto dall’articolo 51, comma 3, del TUIR, il quale prevede, da un lato, una soglia di esenzione fino a 258,23 euro e, dall’altro, non si estende ai rimborsi e alle somme erogate per il pagamento delle bollette di luce e gas, per i quali resta applicabile il principio generale secondo cui qualunque somma percepita dal lavoratore in relazione al rapporto di lavoro costituisce reddito imponibile da lavoro dipendente. Resta ferma, in ogni caso, la regola generale prevista dall’articolo 51, comma 3, terzo periodo, del TUIR, secondo cui se il valore dei beni o dei servizi prestati risultino complessivamente superiori al limite-soglia previsto dalle disposizioni in parola, il datore di lavoro deve assoggettare a contribuzione l’intero importo corrisposto, vale a dire anche la quota di valore inferiore al medesimo limite. Inoltre, ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge n. 5/2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 23/2023, è stata stabilita la totale assoggettabilità ai fini contributivi dell’analoga misura del c.d. bonus carburante prevista per il 2023, che consente la possibilità di erogare ai propri lavoratori dipendenti buoni benzina, o titoli analoghi, ai sensi dell’articolo 51, comma 3, del TUIR, per un ammontare massimo di 200 euro per lavoratore, i quali, pertanto, restano esclusi ai soli fini della imposizione fiscale. Abbonamento al trasporto pubblico La legge di Bilancio 2018 è intervenuta in materia di welfare aziendale introducendo una nuova fattispecie di non concorrenza alla formazione del reddito da lavoro dipendente da ricondursi alle “somme erogate o rimborsate alla generalità o a categorie di dipendenti dal datore di lavoro o le spese da quest’ultimo direttamente sostenute, volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento aziendale, per l’acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale del dipendente e dei familiari indicati nell’articolo 12 che si trovano nelle condizioni previste nel comma 2 del medesimo articolo 12”. Con la citata norma la non imponibilità fiscale e contributiva è prevista sia nella ipotesi in cui il benefit sia erogato dal datore di lavoro volontariamente sia in quella in cui sia erogato in esecuzione di disposizioni di contratto, accordo o di regolamento aziendale. Ai fini dell'esclusione dal reddito da lavoro dipendente è necessario che l’abbonamento al trasporto pubblico implichi un utilizzo non episodico del mezzo di trasporto pubblico, sia offerto alla generalità dei lavoratori dipendenti o a categorie di dipendenti (dal momento che qualora fosse messo a disposizione solo di taluni lavoratori dipendenti si configurerebbe un fringe benefit rilevante ai fini della formazione del reddito da lavoro), venga acquisita e conservata dal datore di lavoro la documentazione comprovante l’utilizzo delle somme coerentemente con le finalità per le quali sono state corrisposte. Opere e servizi di utilità sociale Con riguardo alla non concorrenza alla formazione del reddito da lavoro dipendente delle “opere e servizi di utilità sociale” il legislatore, ridefinendone la fattispecie, ha così riformulato la lettera f) del comma 2 dell’articolo 51 del TUIR: “l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell’articolo 12 per le finalità di cui al comma 1 dell’articolo 100”. Le finalità di cui all’articolo 100 del TUIR sono quelle di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o di culto. La modifica innova rispetto alla precedente previsione in quanto estende la disciplina all’erogazione di servizi di welfare aziendale regolati tramite contratti, accordi o regolamenti aziendali, e non solo quando essi siano volontariamente erogati dal datore di lavoro. L’articolo 1, comma 162, della legge di Bilancio 2017, ha successivamente interpretato autenticamente l’articolo 51, comma 2, lettera f), del TUIR, nei casi in cui l’erogazione dei servizi sia stata oggetto di contrattazione, stabilendo che: “Le disposizioni di cui all'articolo 51, comma 2, lettera f), del testo unico delle imposte sui redditi, [...] si interpretano nel senso che le stesse si applicano anche alle opere e servizi riconosciuti dal datore di lavoro, del settore privato o pubblico, in conformità a disposizioni di contratto collettivo nazionale di lavoro, di accordo interconfederale o di contratto collettivo territoriale”. La norma definisce il ruolo della contrattazione collettiva nell’erogazione dei benefit (non quali surrogati del premio di risultato), precisando che i medesimi possono essere oggetto di contrattazione sia a livello nazionale (primo livello) che territoriale e aziendale (secondo livello). La tipologia della fonte delle misure di welfare aziendale, unilaterale o collettiva, si riflette, tuttavia, sul regime fiscale dei costi sostenuti dal datore di lavoro per tali finalità. Infatti, se le opere e i servizi siano offerti in base a contrattazione collettiva di primo o di secondo livello è consentita, ai sensi dell’articolo 95 del TUIR, l’integrale deducibilità dei costi per il datore di lavoro. Nella diversa ipotesi in cui le opere e i servizi siano offerti volontariamente dal datore di lavoro continuerà a operare il limite di deducibilità del cinque per mille di cui all’articolo 100 del TUIR. Non subisce modifiche l’ambito oggettivo di applicazione della norma, che comprende opere e servizi aventi finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o di culto, utilizzabili dal dipendente o dai familiari indicati nell’articolo 12 del TUIR; pertanto, rientrano nel perimetro applicativo della norma l’offerta di corsi di lingua, informatica, musica, teatro, danza, ecc. Si ricorda che le opere e i servizi possono essere messi a disposizione dal datore di lavoro o da strutture esterne all’azienda, ma a condizione che il dipendente resti estraneo al rapporto economico che intercorre tra il datore di lavoro e il terzo erogatore del servizio. Non sono comprese le somme di denaro erogate ai dipendenti a titolo di rimborso spese, anche se documentate, da impiegare per opere e servizi aventi le citate finalità. Servizi di educazione e istruzione La legge n. 208/2015 ha altresì ampliato e ridefinito la fattispecie di cui all’articolo 51, comma 2, lettera f-bis), del TUIR. Nel testo novellato si prevede la non concorrenza alla formazione del reddito da lavoro dipendente delle somme, dei servizi e delle prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari (indicati nell’articolo 12 del TUIR), “dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari”. Rispetto alla previgente formulazione, si evidenzia il superamento del concetto di asili nido in favore della più ampia definizione di educazione e istruzione “in età prescolare” che ricomprende tra i servizi esentati anche quelli relativi alla frequenza di scuole materne. Con riguardo alle modalità di erogazione delle prestazioni è confermata la possibilità che il datore di lavoro eroghi i servizi di educazione e istruzione direttamente o tramite terzi, nonché mediante l’erogazione ai dipendenti di somme di denaro da destinare a tali finalità anche a titolo di rimborso di spese già sostenute, sempreché venga acquisita e conservata la documentazione che comprovi l’utilizzo delle somme coerente con le finalità per le quali sono state corrisposte. Servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti La legge di Stabilità 2016 introduce una nuova fattispecie di non concorrenza alla formazione del reddito da lavoro dipendente da ricondursi alle “somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti indicati nell’articolo 12” del TUIR. Si intendono per “soggetti non autosufficienti” coloro che non siano in grado di compiere gli atti della vita quotidiana quali, ad esempio, assumere alimenti, deambulare, ecc., comprese le persone che necessitino di sorveglianza continuativa. Contributi contro il rischio di non autosufficienza Un’ulteriore ipotesi di benefit viene introdotta dalla legge di Bilancio 2017. In base alla nuova lettera f-quater) del comma 2 dell’articolo 51 del TUIR non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente “i contributi e i premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità di dipendenti o a categorie di dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana [...] o aventi per oggetto il rischio di gravi patologie”. Le prestazioni “aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana” sono quelle aventi le caratteristiche definite da un apposito decreto ministeriale (prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, prestazioni sanitarie, ecc.) richiamato, a tale fine, dalla norma stessa (decreto del Ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali del 27 ottobre 2009). Si precisa che in base alla disposizione in esame non concorrono a formare il reddito i soli contributi e i premi versati per le polizze cc.dd. “long term care” (dirette a garantire una copertura assicurativa per stati di non autosufficienza del dipendente, che richiedono generalmente il sostenimento di spese per lunga degenza) e “dread disease” (dirette a garantire una copertura assicurativa contro il rischio di insorgenza di malattie particolarmente gravi). In ogni caso, si ribadisce che l’esenzione si realizza sempreché i contributi e i premi siano destinati all’erogazione di prestazioni in favore del dipendente e non anche dei suoi familiari. Risulta, pertanto, esente dall’obbligo contributivo, ivi compreso il contributo di solidarietà, il benefit di cui alla lettera f-quater) in esame qualora esso sia erogato in forma di versamento di premio di una polizza assicurativa stipulata per le specifiche predette ipotesi cc.dd. “long term care” e “dread disease”. L’esplicita previsione di esclusione dal reddito imponibile introdotta con la legge di Bilancio 2017 di tali forme di assicurazione configura, infatti, una deroga al generale principio per cui le polizze assicurative (extraprofessionali, assistenziali e sanitarie, con eccezione di quelle aventi a oggetto il rischio professionale) costituiscono sempre reddito imponibile ai fini previdenziali e, perciò, sono sempre soggette all’ordinaria integrale contribuzione. Corresponsione dei benefit mediante titoli di legittimazione L’articolo 1, comma 190, lettera b), della legge di Stabilità 2016, ha novellato l’articolo 51 del TUIR introducendo, a decorrere dal 1° gennaio 2016, il comma 3-bis, secondo cui: “Ai fini dell’applicazione dei commi 2 e 3, l’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale”. La norma, pertanto, chiarisce la generale possibilità di erogazione dei benefit di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 51 del TUIR in forma di voucher. Si ricorda che tali documenti non possono essere utilizzati da persona diversa dal titolare, non possono essere monetizzati o ceduti a terzi e devono dare diritto a un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale senza integrazioni a carico del titolare. Tali beni e servizi, tuttavia, possono essere indicati cumulativamente in un unico titolo purché il valore complessivo non ecceda il limite di 258,23 euro di cui all’articolo 51, comma 3, ultimo periodo, del TUIR. In particolare, si precisa che il momento dell’assoggettamento a contribuzione dei benefit erogati con voucher è sempre quello della percezione del titolo che “coincide con quello in cui il fringe benefit esce dalla sfera patrimoniale dell’erogante per entrare in quella del dipendente” e non il momento in cui quest’ultimo effettivamente ne usufruisce (cfr. la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 5/E/2018). Profili previdenziali Il legislatore ha introdotto in via strutturale per i premi di risultato – di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione (misurabili e verificabili sulla base del decreto interministeriale 25 marzo 2016) – e per le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili ai lavoratori del settore privato un particolare regime fiscale agevolato consistente nell’applicazione di un’imposta sostitutiva IRPEF pari al 10% - e del 5% per il 2023 - entro il limite d’importo pari, allo stato, a 3.000 euro lordi. Rispetto all’ambito di applicazione della norma si evidenzia che il riferimento agli utili di impresa di cui al comma 182 dell’articolo 1 della legge n. 208/2015 non appare finalizzato a circoscrivere l’applicazione del beneficio, che, pertanto, è fruibile anche dai datori di lavoro non imprenditori, bensì a individuare un’ulteriore modalità di erogazione delle retribuzioni premiali. Inoltre, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha chiarito la portata del riferimento al settore privato contenuto nel comma 186 del medesimo articolo 1, il quale è finalizzato a escludere le sole pubbliche Amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.lgs 30 marzo 2001, n. 165. Pertanto, sono ad esempio assoggettabili a imposta sostitutiva i premi e gli utili erogati ai dipendenti di enti pubblici economici. In particolare, la legge n. 208/2015 ha espressamente previsto la possibilità, a richiesta dei lavoratori, di ricevere le richiamate remunerazioni (premiali e relative alla partecipazione agli utili) riconducibili al regime fiscale agevolato sotto forma di prestazioni sociali (c.d. benefit) che, in tale caso, in virtù dei principi di armonizzazione delle basi imponibili, godono di esenzione sia ai fini fiscali che contributivi (cfr. l’articolo 51, comma 2 e ultimo periodo del comma 3, del TUIR); detta esenzione opera entro i limiti e nel rispetto delle condizioni previste dal TUIR. Quindi, accanto alla possibilità di avvalersi della tassazione sostitutiva, in luogo di quella ordinaria, viene attribuita al dipendente un’ulteriore facoltà di scelta in relazione ai premi di risultato, relativa alla possibilità di ottenere il premio in denaro o in natura, senza imposizione fiscale e contributiva, nei limiti previsti dalle norme. Le predette somme agevolate potranno essere sostituite da uno o più servizi di cui ai citati commi 2 e 3 dell’articolo 51 del TUIR, tenuto conto delle modifiche normative apportate allo stesso articolo 51 in materia di welfare aziendale. Pertanto, mentre il premio di risultato sconta la normale contribuzione e un’imposta sostitutiva fiscale agevolata del 10% (ridotta al 5% per l’anno 2023) in capo al dipendente, il welfare aziendale è generalmente esente da contribuzione previdenziale sia per il datore di lavoro che per il lavoratore. Si evidenzia che le somme e i valori devono essere erogati in esecuzione di contratti aziendali o territoriali di cui all’articolo 51 del D.lgs 15 giugno 2015, n. 81. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 28/E/2016 ha evidenziato come l’espressa menzione dei “contratti aziendali o territoriali” escluda dall’agevolazione gli elementi retributivi premiali erogati in attuazione di accordi o contratti collettivi nazionali di lavoro ovvero di accordi individuali tra datore di lavoro e prestatore di lavoro. È necessario che sia la contrattazione collettiva di secondo livello a riconoscere la possibilità di erogare i benefit di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 51 del TUIR in sostituzione del premio agevolato, su richiesta del dipendente, “sottraendo in tal modo alla contrattazione individuale una scelta che per il dipendente determinerebbe ripercussioni anche sul piano previdenziale”. Per potere beneficiare dell’agevolazione è inoltre necessario, secondo quanto previsto dall’articolo 5 del decreto interministeriale 25 marzo 2016, che i contratti collettivi aziendali o territoriali siano depositati presso l’Ispettorato territoriale del lavoro entro 30 giorni dalla loro sottoscrizione, unitamente alla dichiarazione di conformità di tali contratti alle disposizioni contenute nel decreto stesso. L’esenzione dei benefit fruiti in sostituzione di premi o partecipazione agli utili erogati ai dipendenti soggiace ai limiti relativi all’ammontare delle somme assoggettabili a imposta sostitutiva e agli importi stabiliti per dette utilità dal TUIR. Infatti, ai fini della fruizione dell’agevolazione sono necessari due requisiti: uno di natura qualitativa, costituito dalla natura del reddito prodotto, l’altro di natura quantitativa, individuato nel limite reddituale. In particolare, l’agevolazione trova applicazione con riferimento ai titolari di reddito da lavoro dipendente del settore privato di importo non superiore, nell’anno precedente a quello di percezione delle somme agevolate, a 80.000 euro. Pertanto, laddove non vengano rispettate tutte le condizioni previste, i beni e i servizi erogati in sostituzione di un premio o di una partecipazione agli utili concorrono in misura piena alla determinazione del reddito da lavoro dipendente. Parimenti, qualora nel rispetto delle altre condizioni venisse superata la soglia di 3.000 euro (ammontare del premio agevolato) la parte eccedente sarebbe pienamente assoggettata a contribuzione e a imposta fiscale. Sempre con riguardo al welfare aziendale fruito in sostituzione delle erogazioni premiali, il comma 160 dell’articolo 1 della legge n. 232/2016 estende la facoltà di sostituzione del premio di risultato con i benefit di cui al comma 4 dell’articolo 51 del TUIR, sempreché sia prevista dalla contrattazione di secondo livello. Viene, infatti, precisato dal legislatore che le somme o i servizi fruiti dal dipendente relativi a uso promiscuo di veicoli, concessione di prestiti, fabbricati concessi in locazione, in uso o in comodato, servizi gratuiti di trasporto ferroviario (considerati come reddito da lavoro dipendente) sono assoggettati a imposizione ordinaria in base alle norme contenute nel TUIR, anche qualora il dipendente fruisca dei medesimi valori o servizi in sostituzione delle somme premiali oggetto del suddetto regime tributario agevolato. Infatti, sulla base del novellato comma 184 dell’articolo 1 della legge n. 208/2015, le somme e i valori di cui al citato comma 4 erogati in sostituzione del premio di risultato “[...] concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente secondo le regole ivi previste [...]”. In mancanza di tale previsione, osserva l’Agenzia delle Entrate, “la sostituzione di erogazioni monetarie (nel caso di specie il premio di risultato) con beni e servizi comporterebbe l’assoggettamento a tassazione del benefit in base al suo «valore normale», al fine di non alterare la base imponibile fiscale e contributiva del reddito di lavoro dipendente. In ragione della disposizione introdotta dalla legge di Bilancio 2017, l’uso dell’auto aziendale, la concessione di prestiti da parte del datore di lavoro, la messa a disposizione del dipendente dell’alloggio e la concessione gratuita di viaggi ai dipendenti del settore ferroviario, erogati a richiesta del dipendente in sostituzione e nei limiti del valore di premio agevolabile, sono invece assoggettati a tassazione ordinaria assumendo come base imponibile il valore determinato dal comma 4 dell’art. 51 del TUIR”. Da ultimo, si evidenzia che l’articolo 55 del decreto-legge n. 50/2017 introduce, in materia di redditi relativi a premi di produttività e di redditività, nonché sulle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili, accanto a quelle fiscali, altre agevolazioni di natura contributiva. In particolare, secondo la disposizione in parola, per i datori di lavoro che coinvolgano in modo paritetico i lavoratori nell’organizzazione del lavoro - oltre all’innalzamento a 4.000 euro del limite sul quale applicare l’imposta sostitutiva IRPEF pari al 10% (ridotta al 5% per l’anno 2023) di cui al comma 182 dell’articolo 1 della legge n. 208/2015 - è prevista l’applicazione di un beneficio sul piano contributivo mediante la riduzione di 20 punti percentuali dell’aliquota contributiva IVS a carico del datore di lavoro sulle quote delle erogazioni relative a premi di risultato non superiori a 800 euro. Sempre per le quote delle erogazioni non superiori a 800 euro è altresì prevista la non debenza di contribuzione a carico del lavoratore. Al riguardo, si precisa che rientrano nell’ambito di operatività dell’agevolazione di cui all’articolo 55 del decreto-legge n. 50/2017 i premi di risultato previsti in esecuzione di contratti collettivi sottoscritti ex novo e successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge, nonché i contratti stipulati in data antecedente e che, successivamente, siano modificati o integrati al fine di prevedere forme di coinvolgimento paritetico dei lavoratori e sempreché siano stati nuovamente depositati entro 30 giorni dalla data in cui, a seguito della modifica, è intervenuta la relativa sottoscrizione in conformità alle previsioni di legge. Si tratta, pertanto, di un beneficio che si aggiunge a quello previsto fiscalmente (imposta sostitutiva IRPEF). Contestualmente, a fronte del minore onere contributivo a vantaggio del lavoratore e del datore di lavoro, il legislatore ha previsto, corrispondentemente, sul piano previdenziale la riduzione dell’aliquota di computo ai fini pensionistici. Premi di risultato sostituiti con welfare aziendale L’articolo 1, comma 160, della legge di Bilancio 2017, introducendo il comma 184-bis all’articolo 1 della legge di Stabilità 2016, ha previsto che non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente, né sono soggetti all’imposta sostitutiva qualora, in sostituzione dei premi di risultato, anche sotto forma di partecipazione agli utili dell'impresa, ai sensi del comma 182 dell’articolo 1 della legge n. 208/2015, siano percepiti o goduti dal dipendente, per sua scelta: a) i contributi alle forme pensionistiche complementari, anche se versati in eccedenza, rispetto ai relativi limiti di deducibilità (ai fini fiscali) dal reddito da lavoro dipendente (tali contributi eccedenti, inoltre, non concorrono a formare la parte imponibile della prestazione complementare, in deroga alle norme generali ivi richiamate); b) i contributi di assistenza sanitaria di cui all’articolo 51, comma 2, lettera a), del TUIR (destinati a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale), anche se versati in eccedenza rispetto ai relativi limiti di esenzione indicati dal TUIR; c) il valore di azioni offerte alla generalità dei dipendenti (articolo 51, comma 2, lettera g), del TUIR), anche se ricevute per un importo complessivo superiore a 2.065,83 euro (in base alla relativa norma generale) dal reddito da lavoro dipendente. Con riferimento all’ipotesi della lettera a), quindi, viene estesa la disciplina per cui le somme di cui al comma 182 dell’articolo 1 della legge n. 208/2015 (premi di risultato e partecipazione agli utili) non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente, né sono soggette all'imposta sostitutiva disciplinata dai commi da 182 a 191 del medesimo articolo 1, anche nel caso della loro destinazione a contributi a forme pensionistiche complementari di cui al D.lgs 5 dicembre 2005, n. 252, nelle forme e modalità prescritte dal citato comma 184-bis. La norma prevede, inoltre, che le somme relative al premio possano essere portate in deduzione dal proprio reddito anche se eccedenti i limiti indicati all’articolo 8, commi 4 e 6, del D.lgs n. 252/2005, e che i predetti contributi non concorrano alla formazione della parte imponibile delle relative prestazioni di previdenza complementare ai fini dell’applicazione delle previsioni di cui all’articolo 11, comma 6, del medesimo D.lgs n. 252/2005. L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 5/E/2018, ha precisato che “la sostituzione, in esenzione di imposta, del premio di risultato con contributi alla previdenza complementare [...] era già possibile in base alle ordinarie regole di determinazione del reddito di lavoro dipendente, dal momento che tali contributi trattenuti dal datore di lavoro rientrano nella previsione di cui all’art. 51, comma 2, lett. h)” e che la disposizione in esame, pertanto, si limita a menzionare espressamente la possibilità di sostituzione oltre a estendere la detassazione al di là del limite di deducibilità di cui all’articolo 8 del D.lgs n. 252/2005. Il legislatore, invece, nulla dispone dal punto di vista degli obblighi previdenziali nella specifica ipotesi di cui alla lettera a) del comma 184-bis dell’articolo 1 della legge n. 208/2015, pertanto, è necessario fare riferimento alla disposizione specifica dettata in materia dal citato articolo 12 della legge n. 153/1969 (come sostituito dall’articolo 6 del D.lgs n. 314/1997), la quale, pur rinviando all’articolo 51 del TUIR per la determinazione del reddito imponibile a fini contributivi, individua una serie di ulteriori fattispecie. In particolare, con riferimento all’assoggettabilità delle somme versate dal datore di lavoro e destinate al finanziamento di forme di previdenza complementare, la lettera f) del comma 4 del citato articolo 12 prevede che siano assoggettate al “contributo di solidarietà del 10 per cento di cui all’articolo 9-bis del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° giugno 1991, n. 166, e al citato decreto legislativo n. 124 del 1993, e successive modificazioni e integrazioni, a carico del datore di lavoro e devoluto alle gestioni pensionistiche di legge cui sono iscritti i lavoratori”. Pertanto, su avviso del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, le specifiche disposizioni del citato articolo 12, nonché dell’articolo 16, comma 1, del D.lgs n. 252/2005, comportano che i contributi versati su richiesta del lavoratore alle forme pensionistiche complementari, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme relative ai premi di risultato di cui al comma 182 dell’articolo 1 della legge n. 208/2015, siano assoggettate a un contributo di solidarietà del 10% a carico del datore di lavoro. Le stesse considerazioni valgono in relazione all’ipotesi di esclusione dal reddito da lavoro dipendente di cui alla lettera b) del menzionato comma 184-bis, con riferimento ai contributi di assistenza sanitaria di cui all'articolo 51, comma 2, lettera a), del TUIR, versati dal datore di lavoro, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, “delle somme di cui al comma 182 [...] anche se eccedenti i limiti indicati nel medesimo articolo 51, comma 2, lettera a)”. Anche in questo caso, infatti, i contributi versati a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale soggiacciono alla sopra descritta disciplina speciale dettata dalla lettera f) del comma 4 dell’articolo 12 della legge n. 153/1969, che, ai fini dell’assoggettamento al contributo di solidarietà del 10% a carico del datore di lavoro, contempla, oltre ai contributi destinati alla previdenza complementare, anche quelli versati a “casse, fondi, gestioni previste da contratti collettivi o da accordi o da regolamenti aziendali, al fine di erogare prestazioni integrative previdenziali o assistenziali a favore del lavoratore e suoi familiari nel corso del rapporto o dopo la sua cessazione”. Al riguardo, si precisa che vengono assorbite dal regime dell’articolo 12, comma 4, lettera f), secondo periodo, della legge n. 153/1969, anche le ipotesi di conversione di premi di risultato nelle forme di welfare aziendale precedentemente richiamate al paragrafo 2 – in particolare quelle riferite alla lettera f-quater) del comma 2 dell’articolo 51 del TUIR – quando abbiano a oggetto somme e contributi versati a casse, fondi, gestioni aventi il fine di erogare prestazioni assistenziali e sanitarie che, pertanto, dovranno essere assoggettate al predetto contributo di solidarietà del 10 per cento a carico del datore di lavoro. Infatti, l’articolo 1, comma 184, della legge di Stabilità 2016, prevede espressamente per il lavoratore la facoltà di optare per la sostituzione dei premi di risultato con le misure di welfare aziendale previste al comma 2 dell’articolo 51 del TUIR, sempre che siano rispettati i requisiti già esposti in precedenza e cioè che sia la contrattazione di secondo livello ad accordare la facoltà di scelta fra premi in denaro o in beni e servizi e che le somme o utili siano riconducibili effettivamente ai premi in regime agevolato. Infine, con riferimento al caso di sostituzione dei premi di risultato con azioni offerte alla generalità dei dipendenti di cui alla lettera c) del citato comma 184-bis, si osserva che il legislatore ha introdotto una deroga alla lettera g) del comma 2 dell’articolo 51 del TUIR con riferimento non solo al limite di valore delle azioni che non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente, ma anche alle condizioni che richiedono l’attribuzione delle azioni alla generalità dei dipendenti e la non cedibilità delle azioni da parte del dipendente prima del triennio, nonché – anche oltre tale termine – al datore di lavoro o alla società emittente.