In tema di produzione documentale nel processo tributario la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 17172 depositata il 15 giugno 2023, ha ritenuto che a fronte di un documento prodotto in primo grado su ordine illegittimo del giudice, questo deve essere ridepositato dalla parte che intende avvalersene in appello. Dal provvedimento in commento emerge che la parte pubblica a sostegno delle proprie doglianze non aveva prodotto il documento integrale utile ai fini probatori, ma si era limitata a produrre una interrogazione all’anagrafe tributaria. Tuttavia, il giudice di primo grado, colmando la lacuna documentale dell’Agenzia delle Entrate, emetteva un ordine di esibizione del documento mediante ordinanza istruttoria ex art. 7 del DLgs. 546/1992 che veniva adempiuta. L’amministrazione finanziaria poi, negli scritti di appello si limitava a richiamarsi a detto documento pur non (ri)producendolo nel proprio fascicolo di parte. Il contribuente ricorreva in Cassazione dolendosi del fatto che la sentenza di appello si fosse basata su un documento illegittimo, in quanto prodotto solo su ordine di esibizione del giudice, richiamato negli scritti difensivi della parte pubblica a sostegno del suo operato omettendone spontaneamente il deposito. I supremi giudici, nell’accogliere tale tesi, pronunciano il seguente principio di diritto: “Nel processo tributario, allorché un documento venga acquisito attraverso un illegittimo ordine giudiziale di esibizione dello stesso a fronte di una lacuna probatoria della parte che ne viene onerata, la parte stessa, nel susseguente giudizio d’appello, ha l’onere di provvedere alla produzione del documento stesso, ai sensi dell’art. 57 DLgs. n. 546/1992, non potendo limitarsi al semplice richiamo dello stesso, salvo che non alleghi l’unicità del documento stesso, come prodotto a seguito dell’ordine giudiziale e così entrato nel fascicolo dell’ufficio, e anche in tal caso dimostrando di averne previamente richiesto il rilascio di copia alla segreteria dell’ufficio giudiziario, non ricevendone tempestiva risposta o ricevendone un diniego”. Secondo la Cassazione, dunque, a fronte di un documento “illegittimo” (in quanto acquisito mediante l’ordine di esibizione del giudice volto a colmare una lacuna probatoria di parte), il soggetto che intende avvalersene deve depositare nuovamente il documento e non limitarsi a un mero richiamo. Tanto in quanto il documento deve transitare nel fascicolo di parte, non bastando che questo sia inserito nel fascicolo d’ufficio. Qualora invece, sempre stando a quanto riferiscono i giudici di legittimità, il documento depositato a seguito dell’ordine di esibizione sia l’originale e non vi sia altra copia, la parte che intende avvalersene deve quantomeno dimostrare di aver richiesto il rilascio di copia alla segreteria dell’ufficio giudiziario, non ricevendone tempestiva risposta o ricevendone un diniego. Nel caso deciso, il documento “controverso” veniva depositato in copia per immagine a seguito dell’ordine di esibizione, ragione per cui l’Amministrazione ben poteva, nel giudizio di appello ai sensi dell’art. 57 del DLgs. 546/92, depositare il documento di cui era in materiale possesso. La produzione di un documento illegittimo, che trova ingresso solo nel fascicolo d’ufficio e non in quello di parte, diventa quindi dirimente ai fini dell’utilizzabilità ai fini probatori del medesimo. Tale decisum, unico sull’argomento per quanto ci consta, fa applicazione rigorosa degli artt. 7, 32 e 58 del DLgs. 546/92, in quanto, così facendo, la Cassazione ha espunto il documento acquisito illegittimamente per il fatto che la parte non ha provveduto in modo spontaneo al deposito di un documento sia in primo che in secondo grado. La pronuncia pare porsi in sostanziale contrapposizione con un orientamento pacifico della Cassazione che ammette la produzione in appello di prove documentali, anche se preesistenti al giudizio di primo grado, purché ciò avvenga entro venti giorni liberi antecedenti all’udienza ai sensi dell’art. 32 del DLgs. 546/92 (Cass. 17 novembre 2022 n. 33983).