Con l’approvazione della legge di Bilancio 2019 il legislatore è intervenuto a modificare radicalmente il regime forfetario di cui alla legge n. 190/2014. Il regime, secondo la prima lettura delle disposizioni in vigore, sembra estremamente conveniente. L’imposta sostitutiva è dovuta nella misura del 15%, ma se l’attività è nuova o è stata avviata meno di cinque anni fa, l’imposta si riduce al 5%. Il maggior beneficio potrà però essere applicato per un solo quinquennio, ciò anche se il contribuente avesse avviato in passato l’attività non applicando inizialmente il regime forfetario. È questa l’interpretazione che la maggior parte degli autori sostiene. Il contribuente può anche aver avviato l’attività in passato, ma se entra nel regime forfetario con decorrenza dal 1° gennaio 2019 può applicare l’aliquota ridotta del 5% fino al termine del quinto anno rispetto al momento in cui ha iniziato l’esercizio dell’attività. Ciò anche se in passato, come detto, non ha determinato il reddito applicando il regime forfetario. Tale regime sembra, quindi estremamente conveniente determinando una rilevante riduzione degli oneri fiscali, ma in realtà l’analisi e le valutazioni dovranno essere estremamente approfondite. Struttura dei costi Il primo elemento da prendere in considerazione riguarda la struttura dei costi del soggetto passivo nell’esercizio dell’attività. Se il contribuente esercita l’attività senza sostenere costi eccessivi, il forfait può essere estremamente conveniente. Ciò in quanto il meccanismo forfetario gli consente di considerare in deduzione costi “figurativi”, a seconda del coefficiente di redditività applicabile, anche nel caso in cui le spese effettivamente sostenute siano prossime allo zero o di modesta entità. Viceversa, se i costi effettivi sono di un importo rilevante, in grado di ridurre considerevolmente il reddito dell’attività, potrebbe essere più conveniente l’applicazione dell’IRPEF progressiva. In questo caso l’applicazione dell’aliquota corrispondente al primo scaglione di reddito, pari al 23%, oltre alle relative addizionali, potrebbe determinare un livello di imposizione inferiore. Ciò in quanto l’imposta sostitutiva dell’IRPEF, applicabile nella misura del 15%, su di un reddito forfetario più elevato, potrebbe determinare un aggravio dell’imposizione. Esistenza di un’autonoma organizzazione Un altro elemento che potrebbe influenzare le valutazioni e quindi la scelta, è rappresentato dall’esistenza di un’autonoma organizzazione di mezzi e quindi l’applicazione dell’IRAP. Se, ad esempio, il soggetto intende avvalersi dell’opera di lavoratori dipendenti sarà difficile sostenere la mancanza di autonoma organizzazione. In questo caso l’IRAP sarà dovuta e potrebbe essere più conveniente l’applicazione del regime forfetario. Infatti, l’imposta sostitutiva del 15% si applica non solo in luogo dell’IRPEF e delle relative addizionali, ma anche dell’IRAP. Viceversa, ove in mancanza dell’autonoma organizzazione l’IRAP non fosse dovuta, potrebbe essere più conveniente determinare il reddito secondo criteri analitici ed applicare l’IRPEF ordinaria. Prestazioni ad esigibilità differita Il contribuente potrebbe aver posto in essere, negli anni precedenti a quello in cui intende entrare nel regime forfetario, prestazioni ad esigibilità differita di rilevante ammontare. L’incasso di tali prestazioni potrebbe non essersi ancora verificato e si pone dunque il problema di versare l’imposta sul valore aggiunto allorquando l’imposta sarà esigibile. La circostanza si verifica ordinariamente al momento dell’incasso dei relativi corrispettivi. La soluzione e la valutazione di convenienza circa l’entrata nel regime forfetario deve essere effettuata secondo le indicazioni fornite dall’art. 1, comma 62, legge n. 190/2014. La disposizione prevede che, nella dichiarazione relativa all’ultimo anno in cui è stata applicata l’IVA nei modi ordinari, si deve tenere conto dell’imposta relativa alle operazioni ad esigibilità differita di cui all’art. 6, comma 5, D.P.R. n. 633/1972. Secondo la previsione normativa, nell’ultima dichiarazione IVA relativa al periodo di imposta durante il quale il tributo viene liquidato con i criteri ordinari, il contribuente deve far confluire l’IVA a debito relativa alle predette operazioni. In buona sostanza, se dall’anno successivo il soggetto passivo intende entrare nel regime forfetario, è necessario versare preventivamente l’IVA a debito relativa alle prestazioni ad esigibilità differita anche se l’incasso non si è ancora verificato. Il versamento, però, è meramente virtuale nel senso che l’importo confluisce tra i debiti della dichiarazione IVA annuale, ma in realtà la dichiarazione potrebbe comunque chiudere con l’evidenziazione di un credito di imposta. In tal caso il credito di imposta sarà comunque inferiore a quello che sarebbe conseguito al lordo delle predette operazioni, ma si tratta di una circostanza rilevante al fine di effettuare le necessarie valutazioni di convenienza. La riduzione del credito IVA equivale nella sostanza al versamento di una somma aggiuntiva, ma le considerazioni sarebbero probabilmente diverse laddove il contribuente non dovesse subire semplicemente la riduzione del predetto credito, ma fosse obbligato ad effettuare un versamento effettivo ed aggiuntivo. Deduzioni e detrazioni Un ulteriore elemento da prendere in considerazione riguarda la possibilità o meno di fare valere le detrazioni per oneri e carichi di famiglia o deduzioni di imposta. Ad esempio Si consideri il caso di un contribuente che ha recentemente ristrutturato un immobile sostenendo una spesa di 100.000 euro. In tale ipotesi spetta il beneficio della detrazione prevista dall’art. 16-bis TUIR, pari al 50% sul massimale di 96.000 euro da suddividere in dieci annualità. In tal caso il risparmio annuale di imposta ammonta a 4.800 euro, che il contribuente perderebbe laddove avesse scelto il regime forfetario senza dichiarare ulteriori tipologie di reddito in grado di assorbire la predetta detrazione annuale. In tale ipotesi potrebbe essere più conveniente l’esercizio dell’opzione per la determinazione del reddito e dell’IVA secondo i criteri ordinari. Rettifica della detrazione Nel passaggio da un sistema ordinario, che consente la detrazione dell’IVA, ad un regime speciale che impedisce la detrazione del tributo, trova applicazione il meccanismo della rettifica alla detrazione. La norma di riferimento è rappresentata dall’art. 19-bis2 del D.P.R. n. 633/1972. Il contribuente deve rettificare l’IVA detraibile nell’ultima dichiarazione IVA annuale. In particolare, il contribuente deve diminuire l’IVA detraibile in misura equivalente a tanti quinti quante sono le annualità mancanti al compimento del quinquennio dei beni ammortizzabili la cui IVA è stata considerata in detrazione prima dell’ingresso nel forfait. Il periodo di monitoraggio è, come detto, di cinque anni. Pertanto, se il contribuente continua ad utilizzare beni ammortizzabili la cui IVA è stata considerata in detrazione più di cinque anni fa, nessuna rettifica dovrà essere effettuata. La rettifica alla detrazione riguarda anche i beni giacenti in magazzino al 31 dicembre dell’anno precedente all’entrata nel regime forfetario. In tale ipotesi l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la rettifica della detrazione deve essere effettuata al momento di ingresso nel regime forfetario e non in coincidenza con il successivo momento della vendita dei predetti beni in rimanenza.