Il regime forfettario trova applicazione per tutti i contribuenti persone fisiche, senza limiti di età, che svolgono attività d'impresa, arti o professioni e per le imprese familiari e coniugali non gestite in forma societaria. Riassumendo la normativa per ciò che interessa in questa sede, si ricorda che l'articolo 1, commi da 54 a 89 della legge n. 190/2014, nota come la Legge di Stabilità 2015, ha introdotto il regime forfettario destinato a piccoli contribuenti. Negli anni, la normativa è stata più volte modificata sia con riferimento ai requisiti di accesso sia in relazione alle cause di esclusione. Un aspetto rimarchevole rispetto agli altri regimi agevolati applicati in passato, però, è rappresentato dalla possibilità di permanere nel regime forfettario senza limiti di tempo. Tale regime costituisce, dunque, il regime naturale, in quanto i soggetti che hanno i requisiti prescritti dalla norma non sono tenuti ad esercitare un'opzione, comunicazione preventiva o successiva, per l'ingresso nel regime stesso. L'Agenzia delle Entrate, con le circolari AE 10 aprile 2019 n. 8/E e Circ. AE 10 aprile 2019 n. 9/E, ha fornito i necessari chiarimenti per applicare in modo corretto le nuove regole sul regime forfettario. Da tenere presente che, la citata circolare n. 9/E/2019, dedicata completamente al regime forfettario, rinvia anche ai chiarimenti contenuti nel precedente documento di prassi circolare AE 4 aprile 2016 n. 10/E, che, pertanto, si intendono confermati. Causa di esclusione - Una delle cause di esclusione dal regime forfetario previste dalla normativa, è quella contenuta nell'articolo 1, comma 57, lettera d-ter), della citata legge n. 190 del 2014, come modificata dall'articolo 1, comma 692, lettera d), della legge 27 dicembre 2019, n. 160, laddove viene stabilito che non possono avvalersi del regime dei forfetari “i soggetti che nell'anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui rispettivamente agli articoli 49 e 50 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, eccedenti l'importo di 30.000 euro; la verifica di tale soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato”. In proposito, occorre rilevare che nella richiamata circolare n. 10/E/2016, a commento della causa di esclusione prevista dalla previgente lettera dbis) del citato comma 57 (nella sua formulazione introdotta dall'articolo 1, comma 111, lettera b), della legge 28 dicembre 2015, n. 208 sostanzialmente identica all'attuale formulazione della lettera dter), viene chiarito che: “tale limite (30.000 euro), introdotto, con decorrenza 1°gennaio 2016, dalla legge di stabilità del 2016, non opera se il rapporto di lavoro dipendente è cessato nel corso dell'anno precedente, sempre che nel medesimo anno non sia stato percepito un reddito di pensione che, in quanto assimilato al reddito di lavoro dipendente, assume rilievo, anche autonomo, ai fini del raggiungimento della citata soglia. Rileva, invece, il citato limite nell'ipotesi in cui, nello stesso anno, il contribuente abbia cessato il rapporto di lavoro dipendente ma ne abbia intrapreso uno nuovo, ancora in essere al 31 dicembre. Ciò in coerenza con la ratio della disposizione, che ha il fine di incoraggiare il lavoratore rimasto senza impiego e senza trattamento pensionistico mediante la concessione di agevolazioni fiscali. Si evidenzia, inoltre, che ai fini della non applicabilità della causa di esclusione in commento rilevano solo le cessazioni del rapporto di lavoro intervenute nell'anno precedente a quello di applicazione del regime forfetario”. I chiarimenti di AE - Sulla causa di esclusione in esame, sembra opportuno rilevare che la risoluzione dell’AE 11 febbraio 2020, n. 7/E, ha chiarito che la soglia di 30.000 euro da considerare è l’importo lordo percepito relativo ai redditi di lavoro dipendente o assimilati. Inoltre, ai fini della individuazione del periodo di imposta a decorrere dal quale le suddette modifiche producono effetto, si osserva che, come si evince, va verificato con riferimento all’anno precedente all’applicazione del regime forfettario. Ne consegue che, se i contribuenti, nel periodo d’imposta 2022, hanno conseguito redditi di lavoro dipendente e/o assimilati in misura superiore a euro 30.000, nel 2023 non possono usufruire del regime forfetario. Di seguito altri chiarimenti ritenuti essenziali per la causa di esclusione in argomento. Con l’interpello del 23 settembre 2020, n. 398, l’AE ha precisato che rientrano nella soglia dei 30.000 euro anche i premi di risultato, in virtù di contratti collettivi aziendali o territoriali soggetti ad imposta sostitutiva del 10 per cento. Si tratta, nei fatti, di somme percepite in via ordinaria dal contribuente nell'ambito della prestazione lavorativa fornita. Non rientrano, invece, nella citata soglia, in base a quanto puntualizzato da AE con l’interpello del 14 aprile 2020, n. 102, gli emolumenti arretrati, i quali sono disciplinati dall'articolo 17 del TUIR che, in presenza di determinati requisiti, ha riservato a detti redditi il beneficio della tassazione separata (art. 17, comma 1, lettera b) del TUIR). In tale contesto normativo, posto che la disposizione di cui alla lettera d-ter) del comma 57 dell'articolo 1 della legge 190/2014, richiama espressamente i redditi di lavoro dipendente e assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui agli articoli 49 e 50 del TUIR, si ritiene che ai fini della determinazione del limite di 30.000,00 euro, rilevino solo i redditi percepiti in via ordinaria. Interessante è anche l’indicazione fornita dall’AE con l’interpello del 24 maggio 2021, n. 368, con il quale è stato chiarito che le dimissioni costituiscono un atto unilaterale recettizio, che acquisisce efficacia nel momento in cui viene a conoscenza del datore di lavoro, senza necessità di accettazione da parte di quest'ultimo. In ogni caso la cessazione dal servizio, con il conseguente venir meno della retribuzione e degli altri diritti connessi al rapporto di lavoro, avviene solo al termine del periodo di preavviso. Ne deriva che se, per esempio, il contribuente ha rassegnato le dimissioni da dipendente a tempo indeterminato nel 2021 con presa d'atto sempre nel 2021, proseguendo il rapporto di lavoro fino al 2022 (periodo di preavviso), non può accedere al regime forfetario nel 2022, se nel medesimo anno ha cessato il rapporto di lavoro dipendente e se nell'anno precedente (2021) ha percepito redditi superiori a 30.000 euro. Il contribuente potrà applicare il regime forfetario solo a partire dal 2023, sempreché nel 2022 non abbia percepito redditi di lavoro dipendente superiori alla soglia di 30.000 euro. Infine, con recentissimo interpello del 3 maggio 2023, n. 311, l’AE ha fornito risposta in merito alla richiesta di un contribuente che percepisce, quale unico reddito, la pensione per raggiunti limiti di età a titolo di ex dipendente della Commissione Europea e che la stessa è superiore all'importo annuo di euro 30.000,00. Il contribuente fa presente che gli emolumenti corrisposti ai funzionari della Commissione Europea sono esenti da tassazione nazionale negli Stati membri dell'Unione Europea in base a quanto disposto dall'articolo 12 del Protocollo n.7 ''Sui privilegi e sulle immunità dell'Unione Europea'' allegato al Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea ('TFUE'). Lo stesso contribuente, è scritto nell’interpello, ha intenzione di trasferire la residenza in Italia con apertura di partita IVA per avvio dell'attività in regime forfetario. L’Amministrazione Finanziaria ritiene che il contribuente, visto il contenuto dalla citata lettera dter), non possa accedere al regime dei forfetari, dato che percepisce “una pensione di vecchiaia” eccedente i 30.000 euro, ancorché questa sia esente da imposte in Italia. Se questo è l’orientamento di AE, allora nel novero dei 30.000 euro, dovrebbero essere inserite tutte le pensioni esenti da imposta come, per esempio, quelle di “invalidità civile”.