L’art. 2, comma 2, TUIR stabilisce che ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile. Ciò che emerge dal dato normativo è che la residenza fiscale è legata a tre criteri alternativi ossia: - all’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente; - al domicilio inteso come centro di interessi e affari personali e professionali; - alla residenza ai sensi del Codice civile. Può accadere che una persona fisica che ha degli interessi anche in un altro Paese possa essere considerato fiscalmente residente sia in Italia, sia in questo paese estero. La disciplina convenzionale Il problema della residenza delle persone fisiche è affrontato anche dall’art. 4 del Modello di Convenzione elaborato dall’OCSE. L’art. 4 stabilisce che se una persona fisica, in base alle rispettive normative interne, risulta risiedere in entrambi gli Stati in base a criteri quali il domicilio e la residenza, si considera residente nel paese in cui dispone di un’abitazione permanente. Il commentario al modello OCSE 2014, aggiornato a fine 2017, fornisce dei criteri per la definizione di tale abitazione. In particolare, si prevede che un soggetto abbia un’abitazione permanente in un paese: - con riferimento sia ad una casa di proprietà ovvero posseduta in locazione; - se dispone di un’adeguata organizzazione che gli consenta una lunga permanenza. In sostanza, l’individuo si deve essere organizzato in modo tale che sia evidente che la permanenza non è destinata ad essere di breve durata. Il commentario afferma che “the permanence of the home is essential”; ciò significa che l’individuo ha a sua disposizione tutti i giorni, consecutivamente, la dimora e non per fini di un soggiorno di breve durata. Se dispone di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati, si considera residente nel paese in cui le relazioni personali sono più strette. Se non si riesce a determinare dove le relazioni sono più strette o se non dispone di un’abitazione permanente in nessuno degli Stati, si considera il luogo dove soggiorna abitualmente. Se soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati o nessuno, si considera la nazionalità del soggetto. Se questi ha la nazionalità di entrambi i paesi o di nessuno, gli Stati risolvono la questione di comune accordo. La prevalenza della convenzione L’applicazione della convenzione deve permettere di superare la residenza domestica anche se questa è collegata alla iscrizione all’anagrafe. Esiste un orientamento della Cassazione che considera inesorabilmente residente in Italia il contribuente che risulta iscritto all’anagrafe nel nostro Paese. Quello che è mancato nelle sentenze della Cassazione da parte del contribuente è stata la richiesta di applicazione della convenzione. Se la convenzione è presente, infatti, deve essere il contribuente ad invocarla in quanto appare di tutta evidenza che l’iscrizione all’anagrafe, soddisfacendo uno dei requisiti previsti dall’art. 2 TUIR, determini la residenza fiscale in Italia. Pertanto, che la convenzione debba prevalere anche nel caso dell’iscrizione anagrafica, è pacifico. Possiamo trovare utili spunti per la nostra questione anche nel punto 4 delle considerazioni introduttive del Commentario OCSE all’art. 4 dove si legge che le convenzioni non si preoccupano della legislazione interna dei paesi che determina la residenza fiscale e la conseguente tassazione su base mondiale. Le convenzioni, quindi, non precisano i criteri cui le normative interne devono ispirarsi per determinare la residenza fiscale. Gli Stati assumono la loro posizione soltanto sulla base della loro normativa interna. La conferma del decreto Crescita La tesi ha trovato una importante conferma nel decreto Crescita. L’art. 5, in particolare, nel disciplinare il regime fiscale degli impatriati stabilisce, sia in relazione ai docenti e ricercatori, sia in relazione agli impatriati ordinari, che i lavoratori non iscritti all’AIRE possono accedere ai benefici fiscali purchè abbiano avuto la residenza fiscale in un altro Paese ai sensi della convenzione contro le doppie imposizioni. La mancata iscrizione all’AIRE, pertanto, non è una situazione non superabile da un Trattato contro le doppie imposizioni.