In materia tributaria la cessione di crediti richiesti a rimborso è efficace in quanto risulti notificata sia all'Agenzia delle Entrate, sia al concessionario della riscossione. Ove quest'ultimo sia pretermesso, ne conseguono l'inopponibilità della cessione stessa e la correlata divaricazione nella posizione del creditore che, a prescindere dalla successione civilistica, nel rapporto di imposta resta ancorata al cedente (art. 1, comma 4, d.m. n. 384/1997). Il credito non risultante da una dichiarazione annuale, in quanto “futuro”, è cedibile e gli effetti traslativi sono rinviati al momento in cui lo stesso si cristallizzi secondo la disciplina tributaria. Sul piano processuale, nel giudizio pretensivo il contribuente ha l'onere di allegare e provare i fatti a sostegno della sua domanda, mentre l'Amministrazione può resistere senza preclusioni, salva la formazione di un giudicato interno, ovvero, se applicabile, la rilevanza del principio di non contestazione (art. 115 c.p.c.). In questi termini si è espressa la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 19986 depositata il 12 luglio 2023. Nei fatti di causa una banca cessionaria di crediti Iva annuali e trimestrali aveva impugnato il diniego tacito di rimborso, risultando vittoriosa nei giudizi di merito. Tuttavia, i giudici di legittimità hanno accolto il ricorso dell'Agenzia delle Entrate, ritenendo che l'inopponibilità all'Amministrazione finanziaria della cessione del credito per mancata notifica al Concessionario trovi giustificazione nella tutela degli interessi erariali, essendo possibile che, al momento del trasferimento, il cedente sia interessato da iscrizioni a ruolo relative ai tributi interessati o che si sia proceduto ad un'eventuale compensazione del credito ceduto operata dal cessionario. Anche per la cessione del credito infrannuale gli Ermellini si sono pronunciati a favore della difesa erariale, posto che, nonostante il credito non ancora esposto in dichiarazione potesse essere oggetto di cessione, il contribuente non aveva assolto l'onere di provare il diritto azionato. Infatti, in tema di rimborsi e di impugnazione del silenzio-rifiuto, a fronte dell'onere probatorio gravante sul contribuente, l'Amministrazione finanziaria può difendersi «a tutto campo», non essendo vincolata ad una specifica motivazione di rigetto, con la conseguenza che le eventuali «falle» del ricorso introduttivo possono essere eccepite anche in appello.